Veglia diocesana dei giovani 2024

25-11-2024

Veglia Giovani

Lunedì 25 novembre 2024

Padova, Basilica Cattedrale

Meditazione

Abbiamo camminato, per un breve tratto, dal palazzo della Ragione alla Cattedrale, ma prima dei luoghi è simbolico il movimento che abbiamo vissuto. La storia, la vita, la città, le persone vivono in movimento. Il movimento è segno del nostro vivere e crescere.

Camminando siamo arrivati in questo edificio realizzato nel Cinquecento su disegno di Michelangelo. In un suo lato c’è il Battistero del 1300 affrescato da Giusto de’ Menabuoi, uno dei patrimoni Unesco. Sotto il livello dell’attuale calpestio del bellissimo Battistero sono state rivenute dagli archeologi testimonianze della vita cristiana risalenti al IV secolo.

Questo ambiente dunque non è solo un edificio: è un Simbolo!

Simbolo di una storia di uomini e donne che hanno sperato anche nella stanchezza, nella sofferenza, nelle disillusioni incontrate nei propri percorsi di vita; simbolo di un cammino e di un movimento personale ed ecclesiale, che hanno radici antiche e preziose.

È anche simbolo di una Chiesa che si dissemina su 3.300 km², che vive in almeno 454 comunità di diversa composizione, inserite senza distinzioni tra la gente veneta: sono esse che custodiscono in mezzo ai loro amici, in mezzo alla società di oggi la fede in Gesù e nel suo Vangelo: questa Cattedrale è segno e simbolo della nostra comunione e unità.

La missione delle nostre comunità è amare, portare l’amore nella vita, nelle città, nelle culture, nelle relazioni interpersonali, nella politica… ovunque! L’amore di cui siamo portatori è addirittura segno e sacramento dell’amore di Dio.

Molti aspirano a insegnare ad amare e si propongono come maestri. In effetti non è necessario essere cristiani per amare sinceramente e liberamente. Guardo con vera ammirazione quanti percorrono i sentieri dell’amore. In qualche modo, nel loro proprio modo, stanno realizzando l’unico comandamento di Gesù, «amatevi gli uni gli altri»! E contribuiscono a costruire il Regno di Dio.

Ricordo alcuni personaggi significativi della mia giovinezza:

Martin Luther King, ad esempio, pastore luterano, promotore di giustizia e di amore, ucciso nel 1968 per la sua attività contro l’Apartheid e la segregazione razziale. Ricordo il suo libro: “La forza di amare”. Accanto al discorso tenuto a Washington, è stato fonte e stile della speranza di un popolo.

Ricordo anche il Mahatma Gandhi, induista, e il suo libro che parla delle verità “Antiche come le montagne”: la nonviolenza come capacità e forza di rispondere alla violenza con l’amore, con atti di segno opposto ma forti, sicuri.

Forse conoscete la testimonianza di suor Teresa di Lisieux, patrona delle missioni e dottore della Chiesa. Muore a soli 24 anni. Ha lasciato soltanto un libro, “Storia di un’anima”. «La mia vocazione è l’amore» afferma e testimonia con la sua autobiografia dettata a una consorella.

La nostra storia di cristiani è un fiume in piena. In mezzo a tante bare, presenti nella installazione dentro alla quale siamo stati accompagnati, in mezzo a tanto dolore e male, a tanta iniquità, sempre e ovunque si sono realizzate storie di amore: nei campi di concentramento, in mezzo alle guerre, nella conquiste di territori e nelle attività economiche. Leggete le lettere o il diario di Etty Hillesum: un fiore che cresce nel letame direbbe De Andrè, oppure dalla roccia o dal deserto direbbe la Bibbia. Sono torrenti carsici che arrivano fino a Vangelo.

Il profumo di quell’olio che vi è stato messo sulla fronte è proprio il segno di quell’amore da diffondere nell’iniquità. È triste constatare che anche uomini e donne di religione cristiana hanno offuscato la bellezza e la purezza del Vangelo. Eppure anche lì arrivava l’amore.

Gesù, volto perfetto dell’amore, come abbiamo cantato, ci arricchisce del suo spirito, consegna parte di sé a noi perché possiamo ripetere i suoi gesti e le sue parole. Nell’impresa più grande della vita, quella di amare, Gesù si propone come via verità e vita. In quest’impresa Gesù ci dona addirittura la sua forza, ci nutre e sostiene facendosi compagno di strada. Ai suoi discepoli dice che senza di lui non possiamo fare nulla.

È illusione una vita basata sull’amore? Verificata dalla misura dell’amore concretamente vissuto?

Spero di no. Non è illusione ma verità. Spero!

La fede in Gesù, il nostro sguardo orientato al suo volto perfetto e al suo cuore, la vocazione a seguirlo sulla via dell’amore generano speranza. Anche la nostra vita brilla di luce, come questa candela che ancora teniamo in mano accesa, anche la nostra storia prende strade nuove, inesplorate, ambiziose, uniche.

Senza questa speranza, senza questa luce, rischiamo di essere tutti uguali, di adattarci e uniformarci a causa di sistemi culturali imposti dai grandi della terra. Tutti uguali!

La speranza che nasce dall’amore, la speranza che genera amore è la nostra possibilità non solo personale e sociale di realizzazione ma anche di donare al mondo il nostro contributo: seppur piccolo, è il talento che si moltiplica; seppur insignificanti anche i nostri gesti di donazione e di amore sono speranza per chi ci incontra.

La realtà è che tanti cercano l’amore e ne sono assetati: perché sta qui il senso di una vita umana! Anche i cristiani sono in cammino, in movimento, come appunto abbiamo sottolineato e simbolicamente sperimentato all’inizio della veglia. Ma noi abbiamo un vantaggio: la fede in quello che Gesù ci ha rivelato e la serena consapevolezza della nostra debolezza, una debolezza che interpella la speranza. Questi 12 giovani che hanno appena professato la loro fede – e che ringrazio e incoraggio, come incoraggio ciascuno di voi ad arrivare a un gesto così pubblico e solenne – sono deboli e fragili. Figli del nostro tempo. Per questo hanno professato pubblicamente: non perché ne sono degni, non perché sono bravi, ma perché si sentono fragili e a questa speranza si aggrappano fortemente.

Con loro ci sentiamo deboli, riconosciamo la nostra fragilità, sappiamo di non essere autosufficienti e umilmente preghiamo come stasera. Preghiamo per non cadere nelle trappole del male, preghiamo per saperci risollevare se vi inciampiamo, preghiamo per non avere nostalgia delle seduzioni di quel piacere che non è amore ma egoismo. Preghiamo perché siamo poveri.

Mi rivolgo ora a ciascuno di voi.

Senza speranza non ti metteresti in movimento; senza speranza non sapresti vivere e non sapresti amare oppresso da incertezze ed ansie che rendono oscuro lo sguardo verso il futuro. Prega, caro giovane che hai appena professato la fede, perché la tua povertà esige speranza!

Speranza è osare l’amore e muoversi verso quel dove di cui ancora non conosci gli orizzonti e i contorni!

Speranza è voler amare più di quanto pensi di essere capace!

Speranza è nascere alla vita ogni giorno e generare vita ogni giorno!

Gesù in realtà ti precede: ti precede nell’amore, ti precede nel dono di te stesso, ti precede nella libertà e nella creatività, ti precede nella pienezza e nella gioia di vivere.

Ti precede nell’amore e ti chiama a metterti in cammino… anzi a correre lungo la strada dell’amore. È la speranza che ti spinge.

+ Claudio Cipolla

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