Notte di Natale 2024
Omelia
I vangeli dell’infanzia di Matteo e Luca sono parte di un genere letterario che dall’antichità custodisce, con un linguaggio semplice, grandi misteri.
Il Vangelo di Marco invece non parla dell’infanzia di Gesù, mentre quello di Giovanni fa ricorso ad un altro genere letterario più intellettuale: “In principio era il Verbo, il Logos, la Parola, il Verbo era presso Dio ed il Verbo era Dio”.
Questa pluralità indica la ricerca e la fatica di tradurre con categorie e linguaggi umani verità che sono eterne, che riguardano il mistero degli inizi ed i misteri che ne conseguono: quello di Dio, quello dell’origine e della fine del mondo e della vita, quello del male e dell’iniquità e del bene e dell’amore.
Stanotte il mistero, che con l’apparente semplicità dei racconti dell’infanzia viene trasmesso, riguarda Dio: Dio eterno, immenso, onnipotente e onnisciente, “perfettissimo Creatore e Signore del cielo e della terra e di tutte le cose visibili e invisibili”. E riguarda il mistero del suo intervento nella storia del mondo e dell’universo con le modalità e le forme umane.
Il mistero riguarda lo stile del suo ingresso del tutto particolare e inatteso, scandaloso direbbe San Paolo, non tra i grandi della storia ma da piccolo tra i piccoli, non da nobile ma da povero e bisognoso, non da potente ma da debole.
È evidente che la prima domanda che si pone alla ragione dell’uomo riguarda l’esistenza di Dio: esiste Dio? Il bambino Gesù infatti non è altro rispetto al mistero di Dio ed ai misteri primordiali dell’esistenza. Per molti Dio è irrilevante ma solo raramente il pensiero incrocia questa riflessione.
È eccezionale però vedere il movimento che viene generato dalla ricorrenza del Natale. Per quanto laicizzata, banalizzata o edulcorata questa ricorrenza apre a riconciliazioni e ripartenze spirituali, a desideri di pace e di bene, a nostalgia di affetti e di tenerezza.
Apre anche al ritorno di domande su Dio e la sua esistenza, e sull’uomo e sul senso della sua vita. In qualcuno si desta addirittura un senso di fastidio al sentirsi provocato dal ritorno di domande che si vorrebbe archiviare come insensate o inutili, come non degne dell’uomo moderno: eppure nel profondo di ciascuno resta una nostalgia di Dio. Qualcosa di importante, di straordinario viene trasmesso dall’atmosfera che si crea nel nostro mondo.
Esiste un grave pericolo: che non abbiamo più capacità di riflettere e di porci domande sul senso del nostro essere uomini e del nostro vivere. Ed esiste il conseguente pericolo che non si percepisca la rilevanza della risposta che viene offerta gratuitamente, per sua libera iniziativa, da Dio.
Ed è una risposta di grande valore, che vale per sempre, per tutta la storia e per tutti gli uomini. Una risposta definitiva che è completa solo al termine della vicenda storica di Gesù di Nazareth, quando sulla croce dice “Tutto è compiuto”. È compiuto il mistero dell’amore di Dio, della sua misericordia, del suo servizio. E’ compiuto l’annuncio grande e misterioso come quello dell’esistenza di Dio e del suo interesse per me, per ciascuno di noi, per tutti gli uomini e le donne del mondo.
La solitudine, l’angoscia e la rabbia di molti giovani sono segnali di un malessere interiore e profondo della nostra società.
Non mancano beni e benessere materiali o occasioni e tempi di svago o opportunità di formazione e di crescita: manca la disponibilità e forse la capacità di cercare un senso della vita che trovi alimento non in se stessi ma in un dono che solo nell’umiltà può essere accolto. L’umiltà è porta di accesso alla saggezza. Maria, Madre di Gesù, è definita dal Vangelo “umile serva” e in Lei la Parola ha trovato dimora.
Ridurre la nostra vita al caso, non porsi le domande esistenziali, consumare quello che si possiede guardando solo al nostro orizzonte personale… tutto ciò preclude l’apertura a Dio e al suo mistero, ci rende ciechi.
Contemporaneamente l’assenza di Dio, la sua esclusione dalla vita e dal pensiero, impoverisce l’uomo e il suo cuore portando tutti, uomini e donne, ed inducendo a ciò chi è più giovane, a cercare soddisfazioni effimere ed individuali.
Non c’è spazio né per le grandi domande su Dio e sulla vita ma nemmeno sulle nostre responsabilità e sul dovere di concorrere per il bene comune di tutti gli uomini e di tutte le donne del mondo. Le guerre in corso, le migrazioni forzate, la situazione delle carceri e degli ordinamenti giudiziari, l’aggravarsi dello stato di salute della terra, l’inarrestabile corsa agli armamenti che sostengono le finanze… Questi e molti altri aspetti del vivere non trovano spazio di riflessione e di domande perché lo spazio del cuore è già occupato da altro.
Eppure Dio c’è, Dio ha il volto di Padre e di Madre, Dio ci vuole bene: Dio è quell’amore che tutti cerchiamo!
Oggi, ancora una volta, celebriamo Dio, che si ripresenta, fedele e umile, come risposta ai nostri malesseri personali e storici; si ripresenta come bambino perché nessuno si pensi troppo piccolo nel cuore o inadeguato per scoprire il suo volto amorevole.
Che la tenerezza di un Dio che si fa piccolo, che si fa uno di noi, e come ogni bimbo chiede le nostre cure e attenzioni, ci porti a fare spazio alla sua presenza e al suo amore infinito nelle nostre vite.
Buon Natale.
+ Claudio Cipolla