Veglia diocesana per il lavoro
Martedì 2 maggio 2023
Il Brolo – Teolo (Pd)
Il percorso della Veglia per il lavoro di questa sera, dedicata al tema delle vulnerabilità, ha messo in evidenza speranze e prospettive di un impegno comune a rendere il mondo del lavoro, così variegato e ricco, sempre più umano, valorizzando chi ha delle fragilità. Prenderci cura dei lavoratori “insieme”, come dice il titolo di questo incontro di preghiera e riflessione, conferisce ulteriore forza al nostro cammino. Ringrazio quanti hanno dato il loro contributo: dalle organizzazione sindacali ai singoli testimoni, agli artisti, ai rappresentanti istituzionali…
Abbiamo ascoltato esperienze toccanti, ci siamo sentiti coinvolti ed emozionati dalla danza…
A queste singole esperienze e sentieri che ci indicano possibili percorsi e atteggiamenti per affrontare insieme – prendendocene cura – le fragilità e le vulnerabilità, corrispondono anche alcune preoccupazioni. Ne elenco in particolare quattro.
- A “Insieme, ciascuno nella sua unicità” si contrappongono le esperienze in cui il lavatore è pensato come un numero, un numero isolato.
- All’invito a uscire perché tutti possano lavorare, fa da contrasto il rischio che alcuni lavorino e che il lavoro non ci sia per tutti; che solo alcuni si sentano rispettati nella loro dignità di uomini e donne soprattutto quando sono portatori di fragilità.
- Alla speranza che il lavoro produca gioia, si contrappongono le esperienze dell’ansia, della concorrenza frenetica, della permanente insoddisfazione; talvolta anche la coscienza si trova dilaniata di fronte al dubbio sull’eticità del comportamento e delle scelte da sostenere per non perdere il lavoro (pensiamo al rapporto con l’ambiente, con i clienti…).
- Al lavoro come contesto e spazio importante di realizzazione della propria esistenza, fa da contraltare il lavoro che aliena, impoverisce e svuota il senso che si attribuisce alle proprie giornate.
La distanza tra l’ideale, gli auspici, le vocazioni e il reale è lo spazio del nostro impegno come costruttori di una società sempre più umana, dignitosa, bella.
Fa piacere vedere l’impegno di tante organizzazioni e penso fondamentale il loro doppio ruolo di sentinelle e catalizzatori.
Sentinelle che intercettano i pericoli e i punti di debolezza.
Catalizzatori di istanze e di prospettive che permettono di guardare al futuro con fiducia.
A sostenere tutto questo e in particolare ogni persona nella sua fragilità e vulnerabilità, che sia permanente o temporanea, ci siamo anche noi, in quanto cristiani; ci siamo per contrastare ogni situazione che crea ulteriori ingiustizie e disuguaglianze.
ll recente rapporto 2023 della Cariplo evidenzia come negli ultimi decenni sia andata ampliandosi la forbice tra chi è ricco e chi è povero, tra i redditi da lavoro e quelli da attività finanziarie.
Di fronte a questi divari ci siamo anche noi a contrastare ogni mancanza di rispetto della dignità di ciascun lavoratore.
Anche la Chiesa è ed ha una sua organizzazione e non possiamo fare molto rispetto alla provvidenziale maturazione della nostra società e della sensibilità di molti di voi; sarebbe già importante che nelle realtà lavorative che fanno riferimento alla Chiesa venissero rispettati i principi che insieme anche oggi vogliamo sostenere, dando umile testimonianza.
Siamo contenti di aver contribuito con l’ispirazione evangelica, con la dottrina cristiana della Chiesa, con i valori che conseguono alla nostra fede al cammino che ha portato a riconoscere diritti e doveri. Nella Pacem in terris (1963) Giovanni XXIII proclamava che si tratta di «diritti e doveri che sono universali, inviolabili, inalienabili».
Al numero 6 dell’enciclica il papa scriveva:
«Ogni essere umano ha il diritto all’esistenza, all’integrità fisica, ai mezzi indispensabili e sufficienti per un dignitoso tenore di vita, specialmente per quanto riguarda l’alimentazione, il vestiario, l’abitazione, il riposo, le cure mediche, i servizi sociali necessari; ed ha quindi il diritto alla sicurezza in caso di malattia, di invalidità, di vedovanza, di vecchiaia, di disoccupazione, e in ogni altro caso di perdita dei mezzi di sussistenza per circostanze indipendenti dalla sua volontà».
E poco dopo al numero 10 aggiungeva:
«Agli esseri umani è inerente il diritto di libera iniziativa in campo economico e il diritto al lavoro. A siffatti diritti è indissolubilmente congiunto il diritto a condizioni di lavoro non lesive della sanità fisica e del buon costume, e non intralcianti lo sviluppo integrale degli esseri umani in formazione; e, per quanto concerne le donne, il diritto a condizioni di lavoro conciliabili con le loro esigenze e con i loro doveri di spose e di madri».
Siamo nel 1963!
Abbiamo ancora molto spazio per il nostro impegno, come cristiani. Forse non tanto come istituzione Chiesa quanto piuttosto per quella grande missione che ci è stata affidata come singoli cristiani che vivono nel mondo, e in particolare nel mondo del lavoro.
Siamo disseminati in tutti i luoghi di lavoro con il nostro “discreto” e profondo credo nel Vangelo. Il nostro credo infatti non riguarda soltanto Dio, ma comprende anche la condivisione dello sguardo che Dio ha sull’uomo e sulla donna nei quali Egli ha posto la sua immagine. La fede in Dio è vera solo quando diventa anche amore per le persone, per la loro dignità.
La presenza dei cristiani è distribuita a tutti i livelli: tra i lavoratori, gli imprenditori, i sindacalisti, i politici, i giornalisti…
Questa è la nostra forza: non nell’istituzione ma nella missione affidata a ciascuno, ad ogni cristiano, là dove la vita e la Provvidenza lo ha collocato. Ci affianchiamo per sostenere, dare coraggio dove si vive la fatica di costruire un lavoro degno dell’uomo e della donna, dove si cercano strade per curare le fragilità e le vulnerabilità delle persone e delle organizzazioni del lavoro, là dove si elaborano pensieri e valori sulla dignità dell’uomo e della donna.
«La convivenza fra gli esseri umani – ci ricorda ancora la Pacem in terris (18) – è ordinata, feconda e rispondente alla dignità di persone, quando si fonda sulla verità… Ed è inoltre una convivenza che si attua secondo giustizia o nell’effettivo rispetto di quei diritti e nel leale adempimento dei rispettivi doveri; che è vivificata e integrata dall’amore, atteggiamento d’animo che fa sentire come propri i bisogni e le esigenze altrui, rende partecipi gli altri dei propri beni e mira a rendere sempre più vivida la comunione nel mondo dei valori spirituali; ed è attuata nella libertà, nel modo cioè che si addice alla dignità di esseri portati dalla loro stessa natura razionale ad assumere la responsabilità del proprio operare».
In questa prospettiva si crea spazio anche per i giovani, a cui hanno dedicato questa giornata i vescovi italiani, e per le donne; si crea spazio per i vulnerabili… Si crea spazio per tutti.
Insieme con tutti gli uomini e le donne che servono il bene comune, per noi cristiani c’è ancora una missione da compiere.
+ Claudio Cipolla
Vescovo di Padova