MESSA IN RICORDO DI PAPA FRANCESCO
Martedì 22 aprile 2025
Padova, Basilica Cattedrale
Siamo qui stasera convenuti con il cuore velato di tristezza, ma colmo di gratitudine, per onorare la memoria di papa Francesco e ringraziare il Signore per averci dato la sua guida in questi 12 anni. E lo siamo nel tempo di Pasqua che ci conferma nella speranza della gioia della Risurrezione.
Papa Francesco è stato un dono offerto alla Chiesa universale e al mondo intero. Il Vescovo di Roma, come si è definito nel suo primo incontro dopo l’elezione, si è posto a servizio di tutti, coinvolgendo nel suo ministero tutti i cristiani della Chiesa cattolica di Roma. Una Chiesa coinvolta da colui che la presiedeva nella carità per il servizio all’umanità, e come serva di umanità.
Sempre gli uomini e le donne hanno cercato il Signore, talora piangendo come Maria di Magdala, talora osando sfide e manifestando disagi che altro non sono che espressioni di un bisogno estremo come quello di Maria che cerca presso il sepolcro, presso il luogo dei morti, colui che è vivo e che è vita.
È in questa ricerca che si incontrano gli angeli che ti parlano di Gesù, che ti conducono a scoprirlo e che ti aiutano a riconoscerlo proprio vicino alla tua stessa vita. Quando il Signore si manifesta vengono creati occhi nuovi e un cuore nuovo. Con Maria di Magdala – il lunedì dopo la Pasqua – anche Papa Francesco ha annunciato ai discepoli il Signore. Tutti ora abbiamo la domanda di Maria di Magdala nel cuore: dove viene posto ora? Dove sono la sua vita, il suo corpo e la sua anima? La risposta va oltre la collocazione in Santa Maria Maggiore.
La missione di Francesco ha riportato l’attenzione dei discepoli di Gesù e del Vangelo – discepoli-missionari – al nucleo centrale della fede, richiamandoli all’essenziale e alle priorità anche a costo di sfidare la politica, la cultura e i potenti della terra. Senza paura, senza esitazione perché sostenuto dalla scelta radicale del Vangelo.
Ha iniziato pensando di cambiare l’immagine della Chiesa a partire dal Concilio Ecumenico II, dalla sua esperienza pastorale in Argentina – «dalla fine del mondo» – da cui proveniva e presentando una enciclica EVANGELII GAUDIUM, come sintesi del programma pastorale del suo pontificato.
«Come vorrei una Chiesa povera e dei poveri» disse al suo primo incontro con i rappresentanti dei media a ridosso dell’elezione, sottolineando il perché del nome scelto. Prendendo quel nome – Francesco – scelse un’immagine sobria, ma nello stesso tempo austera e autorevole e così improntò il suo ministero. Una semplicità che abbiamo ritrovato in tanti particolari: la borsa portata a mano salendo in aereo, le macchine modeste, l’appartamento in Santa Marta, l’acquisto degli occhiali in negozio… la franchezza e la freschezza del dialogo con chiunque, semplici e potenti.
Di papa Francesco in realtà hanno parlato soprattutto fatti e gesti.
Si è fatto carico della voce dei poveri e migranti: dalle corone di fiori nel mare di Lampedusa alla installazione della barca nel sagrato di S. Pietro, alla giornata della carità e al pranzo in aula Paolo VI, alle visite in carcere o alle comunità di recupero: fatti e gesti che imprimono il cuore più delle parole.
Così, con i fatti, ci ha annunciato la misericordia di Dio offerta, senza alcun limite «a tutti, a tutti, a tutti», come ha detto ai giovani riuniti a Lisbona per la GMG, e dedicandole già nel 2016, un giubileo straordinario, il giubileo della misericordia.
Ha annunciato la misericordia e l’amore del Signore non solo con le riflessioni, ma con quei gesti che noi abbiamo spesso accolto come provocazioni. Il suo non era un messaggio nuovo, ma il messaggio di sempre proclamato con un linguaggio e uno stile nuovi. La misericordia è il centro del Vangelo e Francesco ci ha ricondotti a ciò che è prioritario per la Chiesa, «ospedale da campo», «in uscita» verso le «periferie esistenziali».
Il Padre ha esaltato Gesù perché nel suo servizio di evangelizzatore ha incontrato tante difficoltà, ma è stato fedele, perfino sulla croce. Anche Francesco ha avuto coraggio e forza nel proclamare la misericordia, ha osato e provocato manifestando una fede incrollabile nel Vangelo e nel Signore.
Con questi pensieri e con questo atteggiamento ha bussato alle porte del cuore di tutti aprendo dialoghi e relazioni con le altre religioni (ricordiamo il bacio della scarpa ai leader del Sud-Sudan e la dichiarazione sulla fratellanza di Abu Dhabi, firmata il 4 febbraio 2019) e con la sua amicizia con le altre Chiese cristiane, senza tuttavia rinnegare il suo pensiero, come è avvenuto con la Chiesa ortodossa di Russia. Ha bussato alle porte del cuore con i viaggi in Paesi dove il cristianesimo è minoranza scegliendo spesso i Paesi i più poveri, anche se i cristiani sono meno numerosi.
Non è mai stato in silenzio di fronte alle oppressioni, alle ingiustizie sociali, alle povertà estreme causate dalle sopraffazioni e dalle guerre.
E lo ha fatto da uomo, a nome degli uomini e delle donne, interpretando la voce del popolo come un portavoce, un profeta diremmo noi. Tutti si riconoscevano nella sua sensibilità. Il suo magistero è stato autorevole non in forza del ruolo ma della sua coerenza, della sua perseveranza e insistenza. Non si è dimenticato mai dei poveri come gli aveva suggerito il card. Claudio Hummes al momento della elezione.
I temi cosiddetti sociali sono stati molto presenti nel suo pontificato. La pace e la conseguente condanna della guerra e della corsa agli armamenti su cui non ha mai smesso di insistere – «Vi prego fermate le guerra» ha ripetuto più volte – e ancora l’ambiente e la cura per la casa comune a cui ha dedicato un’enciclica LAUDATO SI, lo stile del dialogo con tutti dalle Istituzioni Pubbliche (visita all’ONU, al parlamento Europeo, l’ascolto e l’accoglienza dei capi di Stato, ultimo il vice presidente degli Stati Uniti, Vance) gli hanno permesso di interpretare la sensibilità e le istanze dei giovani ma ancora una volta di farsi portatore delle esigenze dei poveri.
Sono temi che hanno radici profonde nella sensibilità biblica e cristiana. La sua rivoluzione è stata fedeltà al Vangelo. Come Maria di Madgada ha visto il Signore e lo ha indicato ai suoi fratelli e sorelle.
L’ultimo grande tema che ci ha proposto è stato quello della speranza, «insostituibile compagna che fa intravedere la meta: l’incontro con il Signore Gesù» l’ha definita nella bolla d’indizione «Spes non confundit» – la Speranza non delude – del Giubileo che stiamo vivendo e che ci vede “Pellegrini di speranza”: è quell’incontro con Maria di Magdala a cui ci conduce il Vangelo di stasera.
La speranza è l’annuncio di ogni Pasqua!
La nostra speranza stasera, la speranza della Chiesa, è che papa Francesco sia presso il Signore, nella vita e nell’amore in pienezza.
Come noi stasera vogliamo pregare per lui vivendo l’Eucaristia come comunione sia con la Chiesa terrestre che con quella celeste, come promessa di fratellanza con tutti gli uomini e le donne, così chiediamo a Papa Francesco di pregare per noi perché possiamo essere uomini e donne del Vangelo che raccontano con la propria vita la misericordia di Dio, che lavorano per la pace e la giustizia, che si sentono sostenuti dalla speranza che il Signore ci precede.
+ Claudio Cipolla