MESSA DI RINGRAZIAMENTO PER I CENTO ANNI DELLA PRESENZA DEI COMBONIANI A PADOVA
Domenica 10 ottobre 2021 – Basilica Cattedrale, Padova
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Omelia
Oggi non abbiamo l’abito da lutto, ci siamo vestiti nel modo più solenne, potremmo dire con… “una veste di lode”, con questo colore che ricorda la Pasqua di Gesù, la sua vittoria su tutto ciò che c’è di male, e quindi la corona di cui parla la prima lettura, l’olio di letizia.
Queste immagini del profeta Isaia dicono bene lo spirito di gratitudine e di gioia che caratterizza questo nostro ritrovarci nel giorno del Signore nella Cattedrale di Padova, con la famiglia dei Comboniani. L’Eucarestia è sempre ringraziamento al Signore per il suo amore fedele e immensamente generoso; e nell’Eucarestia riconosciamo il dono dei vostri cento anni di presenza e apostolato, carissimi missionari e missionarie comboniani nella nostra Chiesa di Padova e carissimi fratelli e sorelle comboniani di tutto il mondo. Anzi, chiediamo al Signore Gesù di farsi portavoce della nostra lode al Padre, Lui che è presente, il vivente vittorioso in messo a noi.
Essere qui riuniti proprio nel giorno liturgico dedicato a San Daniele Comboni è poi significativo e provvidenziale. Tra l’altro, l’Ottobre missionario che stiamo celebrando è intitolato “Testimoni e profeti”, non pensando a pochi eletti, quasi fossero dei super eroi della missione. Ogni battezzato, grazie ai sacramenti e partecipando alla vita della comunità cristiana, può e deve essere ‘testimone e profeta’: grandi figure come quella del Comboni ci incoraggiano senz’altro a questa bella consapevolezza. Per noi anche padre Ezechiele Ramin è un richiamo forte, perché è nato nelle nostre terre e cresciuto con noi, educato nella famiglia e nella comunità della Chiesa di Padova.
Il ritornello del salmo previsto per la festa di San Daniele Comboni dice: «Annunciate a tutti i popoli i prodigi del Signore», ed esprime un desiderio e anche sottolinea una realtà. Voi missionari comboniani avete in modo speciale testimoniato questa realtà: la missione ad gentes, che appartiene al cuore dell’essere Chiesa. E ancora continuate a essere un segno e un richiamo per tutti. Il nostro grazie va quindi anche a voi perché avete interpretato, a nome nostro, questa dimensione costitutiva della vita della Chiesa.
Sappiamo bene infatti che la Chiesa è missionaria per sua natura: la nostra Chiesa di Padova su questo ha camminato e sta ancora camminando con impegno e con generosità, consapevole che la missione ad gentes non è esclusiva di nessuno ma è una chiamata per ogni battezzato; voi, con il dono della vostra vocazione, lo ricordate a tutti. Sono segno di questo legame e della natura missionaria della nostra Chiesa padovana i 300 Comboniani, come ha detto il Consigliere generale dei Comboniani, che hanno origine nelle nostre terre. Ci sono quindi intrecci molto forti tra la nostra Chiesa diocesana e il vostro istituto missionario, e siamo contenti quindi di essere insieme mandati alla missione, grazie anche alla vostra testimonianza.
Papa Francesco in Evangelii Gaudium ricorda che i battezzati sono discepoli-missionari, espressione in cui i due termini sono strettamente collegati da un trattino per dire una circolarità: seguire da discepoli l’amore del Cristo, il Buon Pastore, è essere coinvolti nel suo essere annunciatore in cammino lungo le strade del mondo.
Riprendendo la prima lettura: «Il Signore mi ha consacrato con l’unzione; mi ha mandato a portare il lieto annuncio ai miseri… a promulgare l’anno di grazia del Signore» (Is 61,1ss.). Non c’è prima il discepolato e poi la missione ma queste due realtà stanno, crescono e maturano assieme. Giovanni Paolo II al riguardo diceva che «la fede si rafforza donandola».
Proprio con questo intento e mosso personalmente da una sensibilità missionaria, il 16 maggio, nella solennità dell’Ascensione, ho indetto il primo Sinodo diocesano del terzo millennio. Condivido con voi un passaggio di quanto ho detto quel giorno perché mi sembra adatto alla celebrazione di oggi e mi sembra esprima la familiarità tra la nostra Chiesa e la vostra sensibilità: «Se questo mondo attraversa giorni difficili, l’amore di Cristo ci spinge con maggiore abbondanza di Grazia. Grazia divina che diventa in noi dono d’amore, interesse e dedizione gratuita, impegno per il bene e la giustizia. Grazia che, offrendoci la forza dello Spirito Santo, scende su noi e ci rende testimoni del Vangelo ad ogni creatura. Il Sinodo diocesano si inserisce in questo mandato missionario e diventa la strada per seguire Gesù. Si dice nel Vangelo del giorno dell’Ascensione: “Allora essi partirono”. Si misero sulla strada, guidati dallo stesso Spirito e dalla stessa Parola, quelli di Gesù. Sulla strada, insieme, uniti: è esattamente ciò che intendiamo per Sinodo!».
La strada, il cammino di ogni discepolo-missionario, come ebbe a scrivere Comboni, passa ai «piedi del Calvario, perché è là che le grandi opere di Dio nascono e crescono». Lo testimonia oggi san Paolo quando afferma: «Non ci sia altro vanto che nella croce del Signore nostro Gesù Cristo, per mezzo della quale il mondo per me è stato crocifisso, come io per il mondo» (Gal 6,14). Questa affermazione potrebbe suonare ai nostri orecchi come un messaggio scomodo. Possiamo invece cogliere un’indicazione preziosa per ogni cristiano: la grande libertà innanzitutto da se stessi, il vivere lo slancio missionario senza l’ansia di dover produrre risultati, l’offrire la vita come il Buon Pastore, decentrandoci, affidandoci con speranza all’opera della Grazia. È una parola che ancora si rinnova per noi. Perché la missione è innanzitutto sua, è opera sua: noi siamo collaboratori e cooperatori.
San Daniele Comboni – che ha voluto con convinzione che l’evangelizzazione dell’Africa fosse compiuta, innanzi tutto, dagli africani (“Salvare l’Africa con l’Africa”) – è testimone di questa libertà che sgorga ai piedi del Calvario, della Croce, e porta alla pienezza dell’essere nuova creatura, ossia partecipi della risurrezione di Cristo. È una parola e sono testimonianze che ancora interpellano ciascuno di noi.
Il vostro servizio missionario di Comboniani è nato e si sviluppa ampiamente, anche se non esclusivamente, in Africa; quell’Africa che continua a essere un continente di grandi risorse e di bellezza di umanità ma anche di tante sofferenze e ingiustizie. Sull’esempio del Buon Pastore che non fugge quando arriva il lupo ma mette in gioco se stesso, voi state dando la vita perché l’amore del Signore è per tutti i popoli e il lieto annuncio è «fasciare le piaghe dei cuori spezzati, proclamare la libertà degli schiavi, la scarcerazione dei prigionieri». L’Africa non è lontana, la si incontra nei volti dei fratelli e delle sorelle che spesso con enormi sacrifici sono migrati fino alle nostre città. Continuiamo a essere presenti in Africa, cioè aiutiamo proprio là dove provengono i disagi, ne siamo grandi testimoni; pensiamo soltanto al Cuamm che è un’organizzazione promossa dalla nostra Diocesi, pensiamo alle nostre presenze in Kenya, in Etiopia, direttamente come Diocesi. Ma questo non ci toglie le responsabilità che abbiamo di accogliere in casa nostra.
«I migranti, i profughi, i rifugiati mettono a verifica la nostra umanità e il grado della nostra appartenenza religiosa e, in particolare, alla fede cristiana. Veniamo interpellati da crisi umanitarie: quella dell’Afghanistan, è la più recente. Non possiamo restare indifferenti, quando intere famiglie che cercano accoglienza trovano invece la morte nel Mediterraneo, il “più grande cimitero d’Europa”. Fanno parte di noi, proprio per i nostri legami con le terre più povere, intere comunità etniche, per le quali è chiesto un maggiore impegno all’inclusione sia sociale che ecclesiale, nella consapevolezza che la partecipazione, il dialogo interculturale e le diverse modalità di espressione della fede sono una ricchezza e una benedizione per tutti. Impegniamoci, facciamo in modo che questi valori trovino sempre più spazio per “un noi sempre più grande». Con queste parole avevamo celebrato la giornata dei migranti 2021. Le parole del Vangelo di oggi ci dicono che la grande chiamata è essere nel Figlio suo un «solo gregge e un solo pastore».
Sono certo che in questo impegno – al fianco e inseriti nella nostra Chiesa di Padova ma con il cuore spalancato sul mondo – voi Comboniani continuerete a servire il Regno, la grande chiamata a essere nel Figlio suo Fratelli Tutti; incamminandoci quindi in questo cammino verso un “noi” sempre più grande.
Voi che pellegrinate in tutto il mondo siate certi di trovare sempre un rifugio sicuro e sereno nella nostra Chiesa, che resta casa vostra.
+ Claudio Cipolla,
Vescovo di Padova