Carissimi/e, sono felice di celebrare con voi la Giornata diocesana per la pace, in questo luogo che è il cuore di Montagnana, cittadina che, con le sue mura, ci mostra la fatica dell’incontro pacifico, e insieme esprime il desiderio di pace di ogni focolare.
Saluto le autorità presenti, in particolare il sindaco di Montagnana il dott. Giampaolo Lovato e tutti voi.
Oggi abbiamo inaugurato una forma nuova di “marcia per la pace”…
Il messaggio di pace lo si lega spesso, come anche nella nostra Diocesi, a una marcia, cioè a un cammino, e questo perché l’atteggiamento del movimento ci ricorda che la pace esige un continuo sbilanciarsi verso un oltre. La pace non ammette comodità, non consente staticità; la pace ha bisogno di persone che si lasciano scomodare dalle loro posizioni e convinzioni e che si muovono all’incontro.
Così, anche oggi abbiamo marciato, consapevoli che, anche se pochi o piccoli, i passi di ogni giorno sono preziosi se avvengono nei nostri cuori, negli atteggiamenti del nostro vivere privato e nelle scelte pubbliche.
Le scarpe della pace hanno suole consumate… al termine di una giornata ci sia dato di averle consumate per costruire pace, da veri “artigiani” della pace!
Nel suo messaggio per la pace il papa ci invita a costruire un patto sociale a partire da tre elementi imprescindibili, che fanno parte della nostra quotidianità e a cui tutti possiamo apportare il nostro contributo:
- il dialogo tra le generazioni quale base per la realizzazione di progetti condivisi;
- l’educazione, come fattore di libertà, responsabilità e sviluppo;
- il lavoro per una piena realizzazione della dignità umana.
Ed è su questi punti che desidero articolare il mio messaggio…
Riguardo al DIALOGO tra le generazioni, mi piace raccontare quanto le avversità della crisi sanitaria abbiano spronato tanti giovani, anche delle nostre comunità parrocchiali, che con creatività si sono adoperati per sovvenire alle necessità delle persone più fragili, in particolare degli anziani.
In questo tempo di chiusura e solitudine, sperimentiamo ancor di più che il presente si ripiega su se stesso e non scorge futuro, se ignora la propria storia. Il domani si costruisce duraturo solo attraverso il dialogo delle generazioni che si trasmettono l’un l’altra l’esperienza di una vita vissuta e collaborano/operano insieme con le energie della giovinezza. In questo dialogo sta la vitalità delle nostre comunità cristiane: ci si allena all’accoglienza reciproca e al prendersi cura degli altri, ci si consegna alla bellezza di una fede vissuta e comunitaria, si coltivano i nuovi germogli.
Anche la realizzazione di questo evento nella sua varietà di espressioni è il risultato del dialogo e della collaborazione tra giovani, bambini, adulti e anziani, ciascuno con la propria competenza e unicità.
E vorrei ringraziare ognuno, dai bambini, che con i loro insegnanti hanno realizzato i bellissimi disegni sulla pace a tutte le persone; i volontari, gli ospiti, gli artisti, le istituzioni, le associazioni, che hanno lavorato per rendere possibile questa manifestazione. E grazie a tutti voi che avete scelto di partecipare. L’essere qui oggi testimonia che le restrizioni sanitarie non sono costrizioni che limitano la vita, ma disposizioni volte a riprendere la vita insieme. Penso sia anche questo un modo per educarci alla speranza, a partire dai più piccoli. Impegno che ci lega alle famiglie a cui è affidato il nobile compito di educare.
E se EDUCARE è la chiave per costruire un mondo di pace, non è per nulla casuale il coinvolgimento delle scuole, luoghi di educazione e crescita in cui si coltiva il futuro della nostra Terra e della nostra società: è bello lasciarci evangelizzare dall’arte dei bambini. Come pure è sapiente trasformare i muri in murales, perché la potenza delle immagini è l’arma più forte per comunicare la nostra opposizione a ogni chiusura, durezza, odio, indifferenza. La bellezza dell’arte è breccia d’amore, delicata e decisa, è squarcio di colore che apre orizzonti nuovi. C’è da dire anche che i bambini sanno “dipingere” con la loro tenerezza e creatività i nostri cuori, quelli della nostra società, della nostra parrocchia, delle nostre case e famiglie.
Ringraziamo Shamsia Hassani per la sua arte coraggiosa e profetica, che sa raccontare le ferite e le speranze del suo popolo e ci riporta alle responsabilità internazionali sulla pace nel mondo, per ogni persona, per ogni essere vivente, per la nostra terra.
Ed eccomi all’ultimo punto dall’arte all’impegno per la DIGNITÀ UMANA. Ora è nostro compito raccogliere i segni potenti di questa giornata per trasformarli in azione quotidiana a contrasto di ogni violazione della dignità umana.
Preghiamo per tutte le vittime delle guerre e per chi ne porta il peso e le ferite.
Non possiamo restare indifferenti alle migliaia di persone che scappano dalle guerre, dalle persecuzioni, dalla povertà, dalle calamità naturali. Lasciamo che il racconto di Rashid commuova i nostri cuori, per sentire la loro vita parte della nostra e muoverci alla pace.
Non possiamo accettare la politica del respingimento come soluzione agli equilibri internazionali, fatti di giochi di forza, prevaricazioni e sfruttamenti. Si tratta di persone, uomini, donne e bambini… come noi.
Non possiamo tacere il crimine del finanziamento di muri di filo spinato e di eserciti per preservare i confini da fratelli che cercano pace e pane. Desideriamo un’Europa solidale ed aperta, quell’Europa animata da valori umani e cristiani per cui si sono spesi e si spendono tenacemente donne e uomini come l’ex presidente del Parlamento europeo David Sassoli, testimone autentico del dialogo con tutti, anche con i più lontani, e della cura degli altri, un esempio e un riferimento per tutti i costruttori di pace. Su queste sensibilità, su questi valori speriamo che venga eletto il presidente della Repubblica.
Vanno potenziati i progetti internazionali di sviluppo e le politiche di pace, ma accanto alle responsabilità dei governi, c’è la responsabilità di ognuno di noi. Occorre comprendere che se perseveriamo su questa strada saremo destinati a vedere aumentare i nemici ai nostri confini fino a diventare noi nemici ai confini di altri Stati.
Serve coltivare una coscienza di pace, dobbiamo far crescere un’opinione di pace. Dopo la bella testimonianza del presidente Sergio Mattarella e inserendosi nel suo percorso, speriamo e preghiamo che venga scelto un uomo o una donna capaci di guidare l’Italia sulla strada della Pace.
Usando le parole dell’artista Hassani: “L’arte cambia la mente delle persone e le persone cambiano il mondo”.
Tutti possiamo cambiare in meglio il mondo, dobbiamo innanzitutto crederci!
Cambiano il mondo gli uomini e le donne che seguono il Risorto e non i fantasmi; la vita e non la morte. I fantasmi, che ci imprigionano nelle sicurezze dell’immobilismo, stanno dentro e fuori di noi e ci portano a sciupare la vita. Il Risorto, invece, ci apre alla speranza e ci abilita alla novità, ci rende capaci di cambiare il mondo a partire dal nostro luogo.
“Si può fare” non è solo il nome del progetto esemplare del prof Calò, che ci insegna una modalità quotidiana di vivere la fraternità, ma è la verità di ogni gesto e progetto di pace che vogliamo e con tenacia operiamo. “(Ri)comincia da te” è quanto compreso e annunciato dai giovani attraverso la danza e la recitazione ed è questo l’invito che faccio a me e a ciascuno di voi: di sentirci sempre capaci di ricominciare.
In particolare di ricominciare a credere nella potenza benefica del dialogo e dell’incontro e a rifuggire l’inganno che ci possa essere una potenza benefica nella contrapposizione e nelle armi. La contrapposizione e le armi non hanno in sé alcuna forza benefica! Se è vero che cresce a dismisura, nei singoli e nei popoli, il bisogno di sicurezza è altrettanto vero che la causa prima della sua espansione si trova nella pretesa di garantirla con la forza e le armi. Mai potremo trovare risposta al nostro bisogno di sicurezza nelle armi! Crescono gli investimenti negli armamenti e crescono fino ad erodere i bilanci della sanità e dell’istruzione anche nel nostro Paese. L’industria e l’economia degli armamenti producono una ricchezza non diffusa, ma solo per le élite e hanno bisogno di guerre per sostenersi.
Noi invece oggi con il progetto dell’Università degli Studi di Padova diamo il nostro piccolo contributo per esportare cultura. Siamo felici di contribuire, con il progetto “Unipd 4 Afghanistan” al dono di una borsa di studio per una studentessa afghana, perché la cultura e la prospettiva di un lavoro degno sono strumenti di sicurezza.
La sicurezza vera non viene dalle armi. Le armi non ci difendono dalle pandemie dalle difficoltà di lavoro, dal cambiamento climatico, dalle situazioni di povertà, che scatenano anche le migrazioni, la criminalità, lo sfruttamento. Le minacce esistenziali dell’umanità e dell’intera creazione richiedono la collaborazione di ogni disciplina e competenza, di ogni soggetto e istituzione.
Le campane della nostra cattedrale, assieme a quelle della torre municipale della città di Padova, ieri hanno suonato a festa per ricordare il primo anniversario dell’entrata in vigore del Trattato di proibizione delle armi nucleari e ancora una volta ci uniamo alla Chiesa italiana e a tutte le associazioni cattoliche per chiedere all’Italia di firmare il trattato. Le armi nucleari sono garanzia di una potenziale distruzione di massa e non della pace. Non è con campi minati che facciamo crescere in sicurezza i nostri figli, ma in campo-giochi creativi immersi nella biodiversità della natura.
“È tempo di unire le nostre mani” ha cantato Erica Boschiero. Sì, è tempo di unire ogni sforzo e ogni risorsa per la vita dei nostri territori e della nostra terra. E le scelte sulla destinazione degli investimenti pubblici è fondamentale per far crescere o far ristagnare un paese, una città, una nazione, un continente, il mondo.
Le nostre comunità sono comunità di pace quando educano all’accoglienza delle differenze, sono solidali nelle necessità di chi attraversa difficoltà, si adoperano perché la fraternità sia frutto del lavoro di tutti, hanno cura del loro territorio.
+ Claudio Cipolla, vescovo