Ringrazio gli organizzatori di questo incontro: il Centro di Ateneo per i Diritti Umani “Antonio Papisca” e l’Università di Padova, il Comune di Padova, il gruppo di Uniti per la pace a cui aderisce anche la Diocesi attraverso la Pastorale sociale e del lavoro.
Ringrazio gli illustri ospiti Florian Eblenkamp della Campagna Internazionale per la Proibizione delle Armi nucleari e Francesco Vignarca della Rete nazionale Pace e Disarmo, per essere qui oggi e per il loro tenace ed efficacie impegno per il disarmo.
Sono particolarmente contento di essere qui con voi a portarvi un saluto e un forte incoraggiamento a proseguire nel vostro lavoro orientato a far sì che un mondo senza armi nucleari sia un obiettivo condiviso da tutte le nazioni.
Nel solco dell’insegnamento sociale della Chiesa e assumendo la drammaticità del presente, ritengo indispensabile spendersi per il disarmo e il disarmo nucleare.
Faccio mie e rilancio le parole della Pacem in Terris di papa Giovanni XXIII, sono parole che hanno 60 anni – l’enciclica è del 1963 – ma di stringente attualità: «giustizia, saggezza ed umanità domandano che venga arrestata la corsa agli armamenti, si riducano simultaneamente e reciprocamente gli armamenti già esistenti; si mettano al bando le armi nucleari; e si pervenga finalmente al disarmo integrato da controlli efficaci».
Per tutti noi è evidente come la logica della forza e la strategia della deterrenza siano principi di una falsa promessa di pace. Papa Francesco ci ricorda che la «deterrenza nucleare fomenta uno spirito di paura basata sulla minaccia di un reciproco annientamento, che finisce coll’avvelenare le relazioni tra i popoli e ostacolare il dialogo».
Servono strumenti giuridici internazionali di disarmo nucleare, non proliferazione e messa al bando. In tal senso il Trattato di Proibizione delle armi nucleari è un segno tangibile di speranza. E l’appello della Campagna Italia ripensaci, che chiede ai nostri governanti il coraggio di firmare il Trattato, ha bisogno del sostegno di tutti e in particolare di chi è custode delle città.
Possano anche i nostri sindaci rompere il silenzio, che legittima l’esistenza di ordigni capaci di annientare intere popolazioni, cancellare la presenza di città, devastare i territori.
Come precisa papa Francesco «è immorale non soltanto l’uso ma anche il possesso di armi nucleari. Queste armi hanno una portata distruttiva tale, che anche il solo pericolo di un incidente rappresenta una cupa minaccia sull’umanità».
Per tutti noi è scontata l’urgenza di un disarmo globale.
Eppure mentre dal nostro punto prospettico la terza guerra mondiale a pezzi ci sta mostrando, anche nei conflitti recenti, l’assurdità dell’uso delle armi per garantire la pace, per altri è il tempo di incrementare la produzione e la vendita delle armi, di investire e minacciare di utilizzare anche le armi atomiche.
Ogni euro utilizzato per le armi è un euro tolto allo sviluppo. La produzione e la vendita delle armi produce rapida ricchezza per pochi e lunga povertà per molti.
Spendere in armi nucleari dilapida la ricchezza delle nazioni.
Il finanziamento delle armi sottrae fondi alle aree dello sviluppo umano integrale, dell’educazione, della salute e della lotta alla povertà.
È inaccettabile la richiesta avanzata dai Ministri della Difesa dell’Unione Europea di includere la produzione di armamenti tra gli investimenti sostenibili.
È inaccettabile il recente disegno di legge approvato dal Senato italiano, che mira a cancellare i meccanismi di trasparenza e controllo parlamentare sul commercio e le esportazioni di armi e sulle banche che finanziano tali operazioni.
Abbiamo il compito di vigilare perché prevalga l’etica della responsabilità.
Va contrastata la logica della paura e promosso un clima di fiducia e di dialogo sincero.
Il desiderio di pace e di stabilità è uno dei desideri più profondi del cuore umano. Questa aspirazione non potrà mai essere soddisfatta da mezzi militari, e tanto meno dal possesso di armi di distruzione di massa.
Staremo sempre in guerra se continueremo a pensare la pace come un mantenere stabile l’equilibrio delle forze avverse. La pace è ben altro e richiede di investire nello sviluppo globale.
Sollecitiamo insieme le Istituzioni ad ascoltare e realizzare il bisogno di pace e di sviluppo, dei popoli. Impegniamoci e facciamo crescere veramente la cultura della pace: è un dovere verso noi stessi e una responsabilità verso il futuro dei nostri giovani, delle persone più fragili, dell’umanità.
+ Claudio Cipolla
vescovo di Padova
Incontro promosso da: Comune di Padova, Rete italiana per il disarmo, Uniti per la Pace Padova, Università degli studi di Padova – Centro di ateneo per i diritti umani Antonio Papisca dell’Università di Padova, e realizzato in collaborazione con ICAN – International Campaign to Abolish Nuclear Weapons e con “Italia, ripensaci”. L’incontro ha visto la presenza di Florian Eblenkamp, Advocay Officer della campagna ICAN, responsabile globale per l’ “Appello delle Città”.