Festa di San Gregorio Barbarigo
venerdì 18 giugno 2021
Padova, basilica Cattedrale
Omelia
Ci ritroviamo insieme dopo un po’ di tempo, due anni. Alla Messa crismale c’era solo una rappresentanza di noi. Nella storia secolare della nostra Chiesa penso che ci siano già state altre interruzioni ma ogni epoca vive le proprie e ne porta il peso e le conseguenze.
Queste esperienze però sono portatrici della loro parte di Grazia. Il difficile discernimento della Grazia, spesso sollecitati dal ministero, è stato vissuto da tutti noi: qualcuno con le sue comunità parrocchiali, qualcuno con i confratelli preti, qualcuno con amici, molti con la ricerca, la preghiera e la riflessione personali.
È stato un anno di verifica, di prova e quindi di fatica, ovviamente. Abbiamo visto la presenza in tanti di noi di paterna preoccupazione per la gente, per la fede e la salute delle persone, per la vita della comunità, per le famiglie giovani con i loro bambini da educare alla fede. Abbiamo sofferto per l’assenza dei giovani e dei ragazzi, abbiamo pianto per i morti… tutto questo parla del cuore di noi preti, del nostro cuore. Anche se appesantito e preoccupato, è un cuore bello, da pastori, da padri.
Grazie carissimi, per la passione pastorale che avete testimoniato: il Signore unico e vero pastore, modello del nostro servizio ci ricompenserà.
Quello che è successo ha evidenziato che i tempi sono cambiati: nel permanere di pratiche religiose tradizionali percepiamo l’ampliarsi di interrogativi, perplessità e incertezze. E’ questa la nostra stanchezza! Non è stanchezza fisica ma stanchezza morale, spirituale; stanchezza legata al senso del nostro servizio. Ci sembra di nuotare controcorrente. Non abbiamo più, e non troviamo attorno a noi, quelle certezze forti che sanno sostenere una lotta impari nell’annuncio del vangelo all’interno di una società, in una cultura che non cerca il Vangelo ma sembra soltanto volerlo “strumentalizzare”.
Ce ne siamo accorti prima del Covid e abbiamo ipotizzato un sinodo diocesano per parlare del nostro futuro di Chiesa; poi ci siamo spaventati ma abbiamo anche capito che la situazione pandemica ha evidenziato le stesse domande che già avevamo intuito: come annunciare il vangelo oggi? Con quale forma di chiesa possiamo testimoniare Gesù e la sua Pasqua?
San Gregorio Barbarigo è vissuto circa 100 anni dopo il Concilio di Trento. Un’epoca diversa dalla nostra ma non facile. Non ci sono mai epoche facili. Anche lui si è proposto di dare forma a una visione di Chiesa che era stata ecclesialmente accolta dal Concilio di Trento. Gregorio è diventato vescovo di Padova nel 1664 dopo essere stato vescovo di Bergamo per sette anni. Là evidentemente aveva respirato l’impegno di Carlo Borromeo che sempre ha voluto imitare. Sapeva dove andare, quale era il suo compito. La sua fortezza era interiore innanzitutto: erano convincimenti spirituali, teologici e culturali e si è dedicato a tradurli in vita e prassi pastorale.
Carissimi presbiteri, diaconi e religiosi: vorrei chiedervi di aderire a questo cammino comune per capire quale sia oggi la strada per annunciare il Vangelo, quale visione di Chiesa abbiamo nel nostro cuore, e se esiste un “cuore comunitario”, collettivo, il cuore della Chiesa che è in Padova. I tempi ci invitano a cambiare. Non vorrei, non sono in grado, anzi non ritengo rispettoso, imporre una mia visione e quindi chiedo a voi di contribuire. E’ un momento importante che ci spinge a guardare al futuro anche se le acque da navigare sono molto agitate.
La fatica del cammino, e della decisione di partire, sono condizione per la maturazione. Metterci in movimento, in cammino insieme è lo spazio della nostra crescita e della nostra maturazione come Chiesa.
Ci sono già segni promettenti:
A differenza del Concilio di Trento noi abbiamo la possibilità di contare su laici ben più formati e molto contenti di sentirsi responsabili in forza del battesimo della vita della Chiesa, insieme a noi e al nostro fianco. Anzi è segno di progresso di questi ultimi decenni la loro vicinanza e corresponsabilità.
Come San Gregorio abbiamo anche noi un po’ di storia (50 anni) con la quale rileggere il nostro Concilio di riferimento, il Vaticano II. Abbiamo testimonianza dei tanti che ancora hanno esperienza e memoria del tempo prima del Concilio. Ci possono aiutare i documenti della CEI, i piani pastorali della diocesi, le proposte dei papi, i nostri preti anziani, anche la memoria di quelli defunti e che ci hanno educato. Ce lo impone invece la cultura dei nostri giorni e giovani in particolare.
Mons. Girolamo Bortignon, in occasione della festa di oggi, nel 1969 (per il 25° anniversario della sua ordinazione episcopale) ha presentato ai presbiteri, anche allora riuniti qui in cattedrale, un testo di Lumen Gentium, n. 4, che mons. Sartori ha definito “perla preziosa quasi nascosta in un fitto bosco”. Lo cito per esteso:
«Compiuta l’opera che il Padre aveva affidato al Figlio sulla terra (cfr. Gv 17,4), il giorno di Pentecoste fu inviato lo Spirito Santo per santificare continuamente la Chiesa e affinché i credenti avessero così attraverso Cristo accesso al Padre in un solo Spirito (cfr. Ef 2,18).
Questi è lo Spirito che dà la vita, una sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna (cfr. Gv 4,14; 7,38-39); per mezzo suo il Padre ridà la vita agli uomini, morti per il peccato, finché un giorno risusciterà in Cristo i loro corpi mortali (cfr. Rm 8,10-11). Lo Spirito dimora nella Chiesa e nei cuori dei fedeli come in un tempio (cfr. 1 Cor 3,16; 6,19) e in essi prega e rende testimonianza della loro condizione di figli di Dio per adozione (cfr. Gal 4,6; Rm 8,15-16 e 26).
Egli introduce la Chiesa nella pienezza della verità (cfr. Gv 16,13), la unifica nella comunione e nel ministero, la provvede e dirige con diversi doni gerarchici e carismatici, la abbellisce dei suoi frutti (cfr. Ef 4,11-12; 1 Cor 12,4; Gal 5,22). Con la forza del Vangelo la fa ringiovanire, continuamente la rinnova e la conduce alla perfetta unione col suo Sposo [3]. Poiché lo Spirito e la sposa dicono al Signore Gesù: «Vieni» (cfr. Ap 22,17).
Così la Chiesa universale si presenta come «un popolo adunato nell’unità del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo».
È un testo bellissimo che volentieri propongo alla vostra meditazione e alla nostra obbedienza in questo anno. Dobbiamo ripartire dal Concilio, questa volta con convinzione e insieme. E con l’intenzione di renderlo esperienza pastorale. Queste tracce dello Spirito possono essere la stella di riferimento del nostro cammino.
Mons. Sartori diceva che “plebs adunata” va inteso come il popolo radunato in un posto, un gruppo di persone concrete a dimensione locale. La sottolineatura della chiesa “qui convocata” (espressione che troviamo nella preghiera eucaristica domenicale) fa di noi una famiglia che vive qui, a Padova, oggi. Questa Chiesa “qui convocata” esprime la sua unità ovviamente anche attraverso la vita concreta, la fraternità e la collaborazione.
Questo testo del Concilio descrive la presenza e l’azione dello Spirito santo in due dimensioni, quella personale e quella ecclesiale.
La prima riguarda la vita del singolo cristiano e quindi anche del cristiano-presbitero o del cristiano diacono. È lo spirito che dà vita, è sorgente di acqua zampillante fino alla vita eterna, dimora nel cuore dei fedeli come in un tempio; nei cristiani lo Spirito prega e rende testimonianza della loro condizione di figli.
Nasce quindi spontanea una domanda: quale è la temperatura della nostra vitalità spirituale? Come stiamo? La gioia del cuore è spesso segno della vitalità spirituale, mentre la scontentezza e l’insoddisfazione sono spazio pericoloso nel quale si insinuano le tentazioni.
Quest’anno impegniamoci a rivisitare la nostra vita spirituale, a fare una specie di check-up spirituale. Dopo 5/10/20/30 anni di ministero può essere una vera opportunità.
Come? Consideriamo seriamente gli esercizi spirituali possibilmente con la nostra stessa diocesi; valorizziamo, dando più spazio, i ritiri delle congreghe; scegliamo un nostro spazio di silenzio settimanale (qui in città ad esempio in santa Lucia c’è la possibilità della preghiera silenziosa di adorazione); e forse potrebbe essere occasione per rivedere una nostra personale regola spirituale di vita, se fosse possibile anche con l’aiuto di un confratello spirituale se proprio un padre il Signore ritenesse di non presentarcelo. La spiritualità è il nostro centro unificante! Se manca la vita spirituale siamo dispersi e sballottati ovunque.
La seconda direttrice in L.G. 4, è quella comunitaria. Lo Spirito agisce nel cuore dei fedeli ma anche nella Chiesa come corpo. Lo Spirito Santo dimora nella nostra Chiesa di Padova come in un tempio, così come dimora nel cuore di un credente. Lo Spirito santo guida la nostra Chiesa. La unifica, nella comunione e nel servizio, la costruisce e la dirige, la fa ringiovanire, la rinnova e la conduce a Gesù. Non siamo più soltanto singoli ma siamo anche un corpo, costituiamo di fronte al Signore un soggetto nuovo, la Chiesa sua sposa, sua Madre, figlia della sua Pasqua.
La nostra Chiesa di Padova non è soltanto o innanzitutto nostra, è innanzitutto opera dello Spirito. È sua e da Lui abitata!
A partire dai verbi di L.G. 4 riferiti all’azione dello Spirito, si può tracciare un itinerario spirituale:
- Lo Spirito guida verso la verità tutta intera: come e quando ci ha guidati in questi anni? Che passi abbiamo compiuto come Chiesa? Quali ancora ci mancano? Ci siamo lasciati guidare all’incontro con tutta la persona di Gesù e del suo cuore? Cerchiamo di non essere negativi o scoraggiati, perché sarebbe come negare la presenza del Signore!
- Lo Spirito unifica nella comunione e nel servizio Come viviamo la comunione nel presbiterio, con i nostri confratelli, e con il Vescovo “di passaggio”? E con i cristiani che il Signore ha affidato alla nostra cura? È proprio questa cura per i fratelli e le loro reciproche relazioni di cui siamo stati fatti responsabili e padri.
E quale unità esiste nel nostro servire? Anche i percorsi individuali possono essere resistenza all’azione unificante dello Spirito. Lo Spirito apre confronti, collaborazioni, corresponsabilità, condivisione nell’esercizio stesso del nostro ministero. L’isolamento pastorale è un sintomo preoccupante.
- Lo Spirito costruisce la Chiesa e la dirige mediante doni gerarchici e carismatici: lo Spirito costruisce con i carismi e la Gerarchia (anche quella: i superiori, la curia) costruisce con strumenti deboli, vasi di creta, nella debolezza della carne, nella fragilità, nell’inadeguatezza delle persone che si susseguono. La Chiesa di Padova, spesso orgogliosa del suo passato e delle sue opere, vede lo Spirito anche quando essa è debole.
- Lo Spirito arricchisce la Chiesa di frutti che sono i diversi servizi e ministeri che il Signore dona allo scopo di edificare il suo corpo. Ritorna il tema dei ministeri. La Santa Sede ci indica la possibilità di riconoscerne altri, sia per uomini sia per donne… insomma continuiamo a scoprire i frutti dello Spirito.
- E poi ancora la fa ringiovanire, la rinnova continuamente, la conduce all’unione perfetta con il suo Sposo.
Vi invito a utilizzare queste indicazioni del Concilio come traccia per la formazione in parrocchia dei catechisti, degli operatori pastorali, nei ritiri, nelle catechesi per gli adulti. Saremo così costretti, ci auto-costringeremo, a riflettere e meditare sull’azione dello Spirito nella nostra Chiesa, nutriremo speranza, a pregheremo per il nostro sinodo. Sarà così un buon percorso anche per noi presbiteri che il Signore continua a chiamare a servizio della nostra e sua Chiesa, seguendo il cuore di pastore di San Gregorio Barbarigo, alla cui intercessione ci affidamo.
+ Claudio Cipolla