Esequie di mons. Paolo Doni

Padova, basilica Cattedrale
13-04-2023

ESEQUIE DI MONS. PAOLO DONI

giovedì 13 aprile 2023

Padova, Basilica Cattedrale

omelia

Dopo tanti anni di frequentazione di questa cattedrale e di presenza nei momenti più importanti della vita della nostra Chiesa padovana, oggi noi accompagniamo don Paolo fuori.

Lo salutiamo e gli diciamo “Addio”, dandoci appuntamento là dove con la sua predicazione ci ha sempre invitati a guardare: ci diamo appuntamento presso il Padre che sta nei cieli. La processione conclusiva della nostra celebrazione diventerà ricordo o metafora di un esodo: usciremo da questi muri, dalle storie che questi muri hanno raccolto nel tempo, portando all’esterno la bara con il corpo di don Paolo. Dopo la croce ci saranno i presbiteri, i diaconi, poi il feretro di don Paolo, seguito da me, dai famigliari e da tutti voi, presentando l’immagine di un popolo in cammino!

Lo accompagneremo all’uscita, fuori, dopo aver cantato: “In paradisum deducant te angeli”: “in Paradiso ti conducano gli angeli, al tuo arrivo ti accolgano i martiri e ti conducano alla Santa Gerusalemme”. Una antica antifona che risale al X secolo, ricolma di fede pasquale.

Accompagneremo don Paolo fuori dalla Chiesa, dal popolo pellegrino su questa terra. In questo edificio la Chiesa di Padova riconosce il segno della sua unità. Noi però lo accompagniamo fuori non solo dall’edificio ma anche dalla comunità dei discepoli di Gesù, di coloro che oggi hanno accolto la chiamata a seguire Gesù. Accompagniamo don Paolo anche fuori da questo secolo, dalla storia di noi uomini dell’inizio del secondo millennio. Mentre di solito si esce per andare nel mondo missionari del Vangelo della giustizia, della verità, della libertà, dell’amore, quello di Gesù

Dove lo portiamo?

Alla luce dell’annuncio di Pasqua, lo presentiamo alla città celeste, alla nuova Gerusalemme. Non in un luogo, Paluello, presso il quale sarà la sua reliquia, ma in cielo. In cielo sarà la sua nuova abitazione perché dei cieli, fin dal Battesimo è cittadino.

Cantando i nomi dei santi e dei beati della nostra Chiesa, che umilmente invochiamo come amici e che invochiamo e chiamiamo perché lo accolgano nella loro compagnia, creiamo un solo coro con loro, una sola processione: noi usciamo da questa assemblea e loro ci vengono incontro per accoglierlo nella loro assemblea.

È un incontro spirituale anche per noi che restiamo.

Questo esodo, rappresentato dalla nostra processione, avverrà dopo la comunione, dopo aver preso parte al banchetto dell’Agnello immolato e ritto in piedi, dopo aver rinnovato la nostra personale partecipazione al mistero della Pasqua. È lui, l’Agnello che prende su di sé il peccato del mondo, che apre il sentiero, lui è la via che conduce al Padre.

D’altra parte, noi tutti siamo testimoni della fede di don Paolo: in questo edificio ha presieduto la Santa Cena, ha rinnovato i gesti della donazione che Gesù ha fatto della sua vita per noi. Ha annunciato il Vangelo con parole di sapienza così come in tutte le sedi dove il Vescovo lo inviava o dove veniva richiesta la sua testimonianza e la sua riflessione.

Ne sono testimoni i famigliari, le comunità di Conselve e di Bertipaglia, l’azione Cattolica diocesana, gli operatori pastorali, sociali, molti politici e amministratori pubblici, molti ricercatori nel campo delle scienze. La lista è lunga perché tanti sono stati gli ambiti in cui don Paolo è stato chiamato a servire la Chiesa, con dedizione e con quello spirito di fraternità che lo portava spesso a rivolgersi con la parola “amici”.

Non era uno qualsiasi. Era veramente un convinto servitore della vita: tutti voi qui presenti sapete che lo faceva a causa di Gesù e del suo Vangelo, illuminato dalla Parola di Dio che traduceva con le parole degli uomini, con il linguaggio del nostro tempo entrando nei problemi soprattutto etici e sociali.

Il suo ultimo intervento è contenuto nel libro che abbiamo voluto pubblicare, per onorare il X anniversario della morte di Mons. Giovanni Nervo, dedicato al tema della carità. Nel parlare della spiritualità di don Giovanni, don Paolo ha lasciato intuire la sua spiritualità: sintesi vitale tra fede e vita, tra anima e corpo. Potremmo anche aggiungere tra cielo e terra. La vita è narrazione della fede e la fede forza per la vita, diceva di don Nervo e diceva di sé.

Aggiungeva anche che la spiritualità è scandita dal mondo, dalla storia e dalle storie che incontriamo e infine che la spiritualità abilita al combattimento, all’impegno diretto dentro la storia. Adesso interpreto quelle parole come un ultimo e particolare racconto di se stesso. Parlava di don Giovanni ma raccontava di sé.

Anch’io ho conosciuto don Paolo così: non svolgeva un compito, non parlava di teologia ma viveva la fede nella Pasqua di Gesù là dove era, in una piena sintesi vitale tra fede e vita: a scuola, in parrocchia, tra i ricercatori scientifici, nei mille servizi che ha svolto, nei confronti con la politica, con i problemi sociali. Era un uomo di Dio, libero ed intelligente: esercitava la sua responsabilità di uomo senza distinzione rispetto ai suoi doveri di presbitero.

Nel discorso dopo la guarigione dello storpio, Pietro riconduce alla fede nel nome di Gesù la perfetta guarigione dell’uomo. Anch’io vorrei ricondurre a Gesù, Il Signore Risorto, la bella testimonianza di don Paolo. La fede nel Signore ha fatto di don Paolo un cristiano, un presbitero, un uomo. Di Lui sentiremo la mancanza.

Ho raccolto questo un ritornello in questi giorni: “ha voluto molto bene alla nostra Chiesa di Padova”. È vero. Ha speso tutta la sua vita per lei, cioè per noi.

Don Paolo, riunito spesso con altri cristiani, come i due di Emmaus con gli altri discepoli, rendeva possibile il rinnovarsi dello spezzare il pane e la presenza del Signore Gesù: non di un fantasma ma in carne ed ossa, dentro la concretezza della storia.

Ed ora prepariamo anche noi pane e vino perché è ancora Pasqua: il Signore Risorto è con noi!

+ Claudio Cipolla

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