Un’esperienza di bellezza. L’Acrissimo 2017 questo ha lasciato nei cuori dei 4500 partecipanti. Bambini, ragazzi, giovani, adulti: in tutti unanime l’impressione di “perfezione” dell’evento. Che è stato virale. Già nel primo pomeriggio, sui social venivano pubblicate, da singoli e parrocchie, foto e commenti e nei cellulari un continuo passaggio di messaggi e immagini che esprimevano soddisfazione e gioia per la giornata.
Perchè davvero domenica 21 in seminario minore a Rubano l’Acr ha aiutato la diocesi a “coronare la gioia”! L’Acrissimo dopo otto anni è ritornato come un appuntamento davvero unitario, non nel senso esclusivamente associativo, ma soprattutto diocesano.
I ragazzi
Protagonisti attivi della giornata tantissimi bambini e ragazzi che provenivano non solo dai gruppi dell’Acr ma anche dai percorsi di catechesi e iniziazione cristiana.Come Filippo Piovan,12 anni, della parrocchia di Villaguattera. «Siamo venuti con le nostre catechiste e mi è piaciuto tantissimo! – racconta – Di sicuro sono stati molto belli i giochi, lo spettacolo, le scenette, le musiche e i balletti. Il villaggio medievale era davvero entusiasmante, in particolare per gli sbandieratori. Sono tornato a casa con un messaggio preciso: non mollare e provaci sempre! E fallo insieme agli altri: insieme ci si diverte davvero tanto e stare in compagnia è importante. Anche Gesù ci dice di non arrenderci e sento che lo dice anche a me!».
«Sono ancora frastornato dalla ricchezza della giornata – aggiunge don Vito di Rienzo, assistente diocesano dell’Azione cattolica dei ragazzi – Dalla gratitudine che ho respirato, dall’impegno che ho toccato con mano e profuso per tanti mesi e non solo domenica da tanti educatori, dalla familiarità vissuta e cercata, dal senso profondo di Chiesa che la giornata ha tradotto. C’eravamo davvero tutti, dai piccoli ai grandi: bambini laici e tanti sacerdoti presenti alla messa». Generazioni diverse che attendevano questa festa diocesana degli incontri. «In queste occasioni ci si rende conto che la storia continua, che di generazione in generazione viene trasmesso uno stile, un’attenzione, dei desideri. La storia continua, ognuno prende le sue strade ma resta un legame grande, favorito dall’Ac. Così è stato in questa festa: volti conosciuti e sconosciuti che si sono messi in gioco! Tante le persone che si sono fermate per aiutare alla fine ed enorme il lavoro di chi ha lavorato con umiltà dietro le quinte perché la giornata fosse davvero perfetta».
Gli educatori
Come Giulia Martini, 22 anni di Selvazzano e Caselle: una dei tanti educatori impegnati nei campi da gioco con i ragazzi. «La giornata mi è piaciuta tantissimo! Ho respirato un’aria di Ac fantastica che mi ha dato davvero una bella carica. A volte l’ambito parrocchiale è faticoso e vivere momenti diocesani fa davvero bene». Giulia per tutta la giornata ha visto schiere di ragazzi passare per il suo rione, quello del Levriero. «Hanno tutti interagito benissimo, nonostante il caldo li abbia un po’ provati. L’Acrissimo è stato il coronamento del percorso dell’anno e ho davvero sentito partecipazione e felicità. Il vescovo ha richiamato a noi giovani l’appuntamento del Sinodo. Quale occasione migliore di questa domenica di Chiesa diocesana? Ho visto una Chiesa che non è “rimasta indietro” come affermano molti miei coetanei: è una Chiesa positiva, che ha voglia ancora di parlare e ascoltare le nuove generazioni».
I genitori
Ed è proprio per far vivere alla figlia adolescente un’esperienza di Chiesa che Cosetta e Luigi Ferro, della parrocchia di Bertipaglia, hanno scelto di partecipare all’Acrissimo. «Abbiamo voluto accompagnare nostra figlia di 14 anni per offrirle un’emozione positiva in più! In parrocchia non c’è l’Ac – afferma Cosetta – e per questo desideravamo farle “respirare” la Chiesa. Quindi, senza chiederle, su suggerimento di un’educatrice nostra amica, l’abbiamo portata… e siamo stati benissimo. Un’organizzazione perfetta, un’atmosfera ricca di gioia: ci è davvero piaciuto tutto. Bravo anche il vescovo Claudio che ha offerto un momento bello, ma non pesante, e si è “adattato” alla situazione. Siamo tornati a casa con un grande senso di speranza: che le cose possono cambiare, che c’è ancora del bello, e tanto, da vivere. Anche nella Chiesa».
Claudia Belleffi