Rubrica “Sotto il melograno”
Una familiarità che va oltre la propria casa.
La famiglia che vediamo rappresentata in certe pubblicità e che spesso accompagna i pensieri e le scelte personali e sociali, è un’idea che potremmo chiamare “borghese”, ossia teorizzata e nata nell’800. Seppure ci sembri tanto normale, essa è nuova rispetto a quanto realizzato nell’Occidente fino a pochi decenni fa, nonché presente nella storia della Salvezza e raccontato nella Scrittura. Molte tradizioni culturali, ancor oggi, valorizzano uno stile più aperto e allargato, meno ordinato esternamente, ma più attento alla solidarietà reciproca, alla parentela e al vicinato, alla comunità e al territorio.
Consapevoli di come il bel quadretto famigliare sembri poco realizzabile, ma soprattutto di alcune fragilità delle famiglie – le difficoltà economiche, la solitudine delle persone anziane o ferite nei legami, le nuove configurazioni famigliari a seguito delle separazioni, i divorzi o le nuove unioni – val la pena lasciarci interrogare dal confronto tra questi diversi modelli famigliari e attingere dalla Scrittura e dalla storia per discernere se il Signore non indichi delle novità al nostro modo di pensare, vivere e abitare il mondo. Aprendo la Bibbia, anche solo il Nuovo Testamento, incontriamo numerose famiglie ben diverse da quelle che portiamo nel nostro immaginario, le cui relazioni superano i confini strettamente privati, abitando insieme ad altre le borgate e il territorio. Anche solo facendo riferimento a Gesù, scopriamo, tutto sommato, che lui non appartiene ad una famiglia da noi considerata “tradizionale”, tantomeno ha una casa dove potersi raccogliere lasciando fuori il mondo e le numerose situazioni incontrate lungo la giornata. Anche l’apostolo Paolo, Aquila e Priscilla e altri protagonisti della Chiesa degli inizi, ci raccontano una vita familiare inedita, segnata non tanto dai legami di sangue e dalla proprietà privata, bensì dal comune ascolto della Parola, dall’apertura all’estraneo, dall’attenzione agli altri, dall’annuncio del Vangelo in luoghi sempre nuovi.
Lontani da ogni conflitto con la modernità, ma piuttosto inseriti profondamente nell’attualità e nella rete sociale, la Parola e la vita ci chiamano a discernere che tipo di famiglia promuovere, così da portare lo stile della “famiglia nuova” dentro agli ambienti quotidiani, nei luoghi del lavoro e dello svago, nella comunità cristiana e nelle piazze, facendoci prossimi agli altri con la medesima fiducia con cui ci apriamo alle persone di casa. “Infatti, la persona umana tanto più cresce, matura e si santifica quanto più entra in relazione, quando esce da sé stessa per vivere in comunione con Dio, con gli altri e con tutte le creature” (Francesco, Laudato si’, 240). È questo lo stile che vediamo in tante famiglie attente ai legami tra le diverse generazioni, partecipi alla vita parrocchiale e al servizio nel territorio, aperte alla vita e, magari, all’esperienza dell’affido e dell’adozione. La loro esperienza, raccontata anche da numerose coppie delle Parrocchie della zona sud della nostra Diocesi durante la preparazione del Convengo diocesano delle famiglie del 5 maggio scorso, ci incoraggia a trasformare le nostre relazioni per renderle a misura umana, fiduciosi che, anche fuori dal proprio nucleo famigliare e fuori dalle mura di casa, c’è tanto bene da scoprire e vivere insieme al Signore.
“Dove abiti?” è la domanda che ci siamo posti durante il Convegno diocesano delle famiglie, una domanda personale, ma anche rivolta a ciascuna famiglia, non tanto per sapere dei dati anagrafici, piuttosto per aiutarla a compiere un percorso di sempre maggiore adesione alla propria vocazione. “Venite e vedrete” è la risposta di Gesù alla medesima domanda posta dai discepoli e, questa risposta apparentemente vaga, è quella che ha da offrire anche alle famiglie, invitandole tutte ad un cammino di fede dietro a lui, così da scoprire la sua proposta e costruire, giorno dopo giorno, la famiglia nuova.
don Silvano Trincanato