Desidero partire dall’osservazione di questo splendido dipinto di Piero della Francesca per riflettere insieme sull’evento che è il centro e fondamento della nostra fede, la Resurrezione di nostro Signore Gesù Cristo, verità che deve coinvolgere ciascuno di noi personalmente in quanto orizzonte della nostra speranza.
Cristo è rappresentato in posizione eretta mentre esce dal sepolcro, il piede sinistro sporge dalla tomba a significare che sta abbandonando il luogo in cui era stato deposto: Egli è vivo e presente qui, ora, e per sempre.
Egli appare al centro del dipinto e divide il paesaggio in due parti: a sinistra in una vegetazione morta che ricorda la stagione invernale, a destra, in un paesaggio lussureggiante a simboleggiare la vita che ricomincia.
Gesù è il vivente, colui dal quale possiamo attingere forza e nuova vita, è colui al quale possiamo affidare la nostra parte più fragile e vulnerabile perché solo Lui ha il potere di trasfigurarla. Egli ha promesso di essere con noi tutti i giorni, è il pellegrino del racconto di Emmaus che si affianca nel nostro cammino, condividendo le nostre paure e inquietudini, ma noi, abbiamo occhi per riconoscerlo, o come i due discepoli, siamo ancora fermi agli eventi del venerdì santo?
La prime esperienza della Resurrezione, narrate nei racconti dei Vangeli, non sono l’incontro con il Risorto, ma la scoperta sconvolgente di una tomba vuota: Maria di Magdala che si era recata al sepolcro per piangere l’amato Maestro e le donne che volevano onorare il suo corpo con aromi e profumi trovano la pietra rotolata, il Signore non è più lì. Che cosa è successo? Chi ha portato via il corpo martoriato di Gesù? Ebbene di fronte a quell’evento esse non comprendono. Eppure il Signore, quando era ancora in vita, aveva loro preannunciato che il Figlio dell’uomo avrebbe molto sofferto e sarebbe morto di una morte orribile, ma poi Dio lo avrebbe resuscitato nel terzo giorno… Di fronte alla morte, dunque, quanto il Maestro aveva detto è andato perduto, dimenticato.
Anche i due discepoli in cammino verso Emmaus tristi e rassegnati, mentre rimuginano sui tragici eventi degli ultimi giorni non si accorgono che quel pellegrino che si è affiancato a loro nel cammino è Gesù: la loro mente e il loro cuore sono ancora fermi al venerdì santo, il loro sguardo è rivolto indietro, la speranza, che è un verbo del futuro, è declinata al passato “Speravamo, – dicono – che Lui fosse colui che avrebbe liberato Israele…
Anche per noi a volte può essere cosi : una malattia lunga che debilita e ci toglie la voglia di reagire, una precarietà che ci fa vivere nell’angoscia per il futuro, una relazione inaridita dal tempo o fiaccata da vecchie ferite che sembra non poter più rifiorire, il dolore per la perdita di una persona cara che copre con un velo di tristezza tutto ciò che ci circonda…sono questi i venerdì santi che, come noi, molti fratelli esperimentano nella propria carne e sono situazioni che spesso ci paralizzano, ci fanno ripiegare su noi stessi e ci tolgono la forza di sperare.
Solo la fede nel Risorto può farci andare oltre al nostro dolore, solo la speranza che tiene lo sguardo verso un orizzonte altro, può farci volgere le spalle al vecchio, per accogliere il nuovo che la Resurrezione può generare in noi.
Mi commuove leggere nei racconti delle apparizioni come Gesù non si fermi di fronte all’ incredulità ed alla stoltezza dei discepoli, ma continui a manifestarsi in maniera diversa per ciascuno, facendo sì che tutti però, possano riconoscerlo: per la Maddalena sarà il modo con cui pronuncerà il suo nome nel giardino, per Tommaso, sarà permettergli di toccare le ferite frutto della Passione, per gli altri discepoli sarà la pesca miracolosa, e il segno dello spezzare il pane.
Anche per noi oggi, il Signore Risorto si fa presente come Kyrios nella nostra vita attraverso segni e occasioni che testimoniano la Sua presenza: La Parola proclamata nella Liturgia che ha la capacità di rileggere e di re-interpretare i nostri venerdì di passione alla luce della Pasqua, trasfigurandoli; il segno del pane e del vino attraverso i quali Egli ogni volta si dona per essere un tutt’uno con la nostra persona e per condividere tutto di noi, ed infine anche nel sacramento del prossimo, ovvero attraverso l’incontro con il fratello.
Auguro a ciascuno di noi in questi 50 giorni di Grazia che l’amore per il Signore possa crescere e farci aprire gli occhi del cuore affinché possiamo riconoscerlo e credere in Lui e così con Lui risorgere nell’anima…perché Cristo è veramente Risorto, e la morte non sarà mai l’ultima parola, nemmeno su di noi.
Buona Pasqua!
Alessandra Cipolotti