La gioia dello Spirito Santo che rigenera viene, oggi, su di noi e ci dona, ancora una volta, la forza di annunciare il Vangelo con larga generosità e forza. Insieme, come Chiesa di Padova, riviviamo l’esperienza della prima Pentecoste chiedendo allo Spirito il dono della Pace.
Gli apostoli erano riuniti in uno stesso luogo, intimoriti a causa degli eventi sperimentati e delle speranze alimentate da racconti di visioni e incontri con Gesù. Timore e speranza si mescolavano e si intrecciavano.
Anche noi oggi ci troviamo in questo luogo, uno stesso luogo.
Il motivo che ci ha riuniti è un fatto di cronaca: l’ordinazione presbiterale di Luca e Damiano. Siamo qui riuniti per partecipare allo stesso evento. Proveniamo da molte parti e da molte storie ma ci unisce la stessa motivazione.
Questo evento inoltre è inserito nella convocazione per celebrare la solennità della Pentecoste, il compimento della Pasqua di Gesù quando Egli, con il dono del suo Spirito, ci ha resi comunità partecipi della sua missione e ci ha coinvolti nel processo di bene, di amore, di speranza che ha avuto il suo inizio in Lui stesso.
Questo nostro momento e il momento della Pentecoste si richiamano.
La comune motivazione umana del nostro incontro crea sintonia tra noi, contiene tanta speranza mista ad apprensione, genera comunione tra i nostri cuori, le nostre menti, i nostri spiriti. Una comunione che può svegliare anche in tanti di noi – se non in tutti – la fede un po’ assopita. Su noi, come dono inatteso, scende dal Padre che sta nei cieli e dal Signore Risorto il dono dello Spirito Santo.
Il motivo umano che ci ha portati a questa celebrazione svela una comunione più profonda, quella con Gesù Risorto. Gli occhi si aprono, i cuori si sciolgono in tenerezza, le speranze si riaccendono: siamo fratelli e sorelle in Gesù, uniti a lui. “Erano riuniti in uno stesso luogo”: quel luogo però ha un nome: Gesù, il Signore! Quel luogo non è solo una casa, o una Chiesa, o questa Chiesa ma Gesù stesso.
Tra i motivi che mi hanno portato ad indire il sinodo diocesano era forte in me proprio la speranza di unire i nostri cuori in Gesù e di riportarli a lui come ad una casa comune, un cenacolo ecclesiale. Riconsegnarsi insieme, cristiani e comunità, singoli e istituzione ecclesiale a questo luogo dello Spirito che è Gesù e il suo Vangelo è stata anche la preghiera di Gesù: “Siano una sola cosa come noi siamo una sola cosa. 23Io in loro e tu in me, perché siano perfetti nell’unità”. Nessun desiderio di uniformità o di omologazione, ma piuttosto comunione spirituale ed unità, segno e testimonianza del comune riferimento al Signore Gesù, del nostro abitare presso di lui.
Anche questa sera realizziamo una piena manifestazione di questa comunione. Le nostre motivazioni umane ci uniscono ma l’intervento dello Spirito di Gesù ci sorprende, viene “all’improvviso”, come nel cenacolo e ci fa Chiesa.
Cari cristiani, siamo stati inseriti in Gesù, come tralcio nella vite. Con il Battesimo infatti siamo rinati nuove creature nella vita del Signore Risorto; in lui siamo stati riammessi quando ce ne siamo allontanati; in lui veniamo innestati e confermati ogni volta che celebriamo l’Eucarestia soprattutto nell’assemblea domenicale; in lui siamo stati saldati anche con i nostri matrimoni, in lui trovano senso anche i nostri impegni nel mondo e nelle società, là dove si parlano lingue diverse e dove siamo mandati in missione.
In Gesù oggi vengono di nuovo immersi Damiano e Luca perché con loro Gesù continui il Suo servizio di pastore.
Tutti siamo stati posti nello stesso luogo: Gesù! Lui è il luogo, la casa dove stanno i discepoli e gli apostoli. La comunione fraterna e l’unione tra noi cristiani in Gesù sono il luogo che viene colmato dallo Spirito. Mi piace questa espressione “colmati” perché indica pienezza, totalità: non c’è posto per altro.
Accesso privilegiato a questo percorso di progressivo contatto e coinvolgimento con la vita di Gesù sono la sua storia e l’umanità. Frequentiamo la Parola, avviciniamo i poveri, stringiamo relazioni di fraternità e cordialità con tutti; amiamo e serviamo anche chi non ci vuole bene sull’esempio di Gesù: sono le strade spirituali che la vita presenta e che possono portare a Lui. E’ un dono stare presso Gesù, ciascuno con la sua diversità e nella sua condizione, ciascuno con le sue povertà e ricchezze.
Questo intendevo dire quando, durante il nostro sinodo, si parlava di comunione spirituale e quando dicevo che il sinodo era un percorso non per organizzare ma per unire i nostri cuori.
La sorgente – la stessa casa, lo stesso luogo – e gli orizzonti che si aprono ci uniscono mentre i percorsi intrapresi nelle nostre missioni e città, anche se differenti, non ci allontanano l’uno dall’altro ma ci arricchiscono nel rispetto delle differenze di ciascuno.
L’ordinazione presbiterale tratteggia uno di questi percorsi, non l’unico né il migliore né il più difficile, né il più importante. Diaconato, presbiterato ed episcopato e qualsiasi altro ministero e carisma non ci possono separare dai nostri fratelli e sorelle. Le espressioni bibliche che Luca e Damiano hanno scelto, quasi come motti, ci aiutano a intuire quanto portano nel cuore. Luca ha scelto “mi ami tu più di costoro?” per indicare la sua personale percezione di una relazione con il Signore Gesù che assomiglia a quella di Gesù con Pietro: indica dove è arrivato nel suo cammino per abitare quel luogo in cui tutti ci troviamo uniti.
Così come il motto scelto da Damiano di appoggiarsi sulla certezza che il Signore non tarda nel compiere la sua promessa, indica la speranza e la fede in Gesù Risorto: Lui è il fedele e non tarderà.
Preghiamo ed invochiamo lo Spirito perché come fuoco si posi e scaldi il nostro cuore e ci renda missionari del suo amore. Tutti quelli che incontriamo capiranno, anche se vivono in condizioni diverse: ricchi o poveri, in Italia o in terre lontane, uomini o donne, giovani o vecchi. Le nostre persone sono ricchezze offerte alla nostra chiesa su cui le multiformi lingue di fuoco, le folate di vento, e l’improvviso fragore raggiungono la nostra umanità che sempre più viene modellata su quella di Gesù.
Forse qualcuno potrebbe dire che queste povere considerazioni riguardano tutti i battezzati e non indicano un percorso speciale per chi viene ordinato presbitero. In effetti la nostra celebrazione va collocata nel cammino di tutta la Chiesa ed è al servizio di tutta la nostra Chiesa. Solo appoggiandoci sui doni spirituali che il Signore offre a tutte le nostre comunità e alla nostra chiesa diocesana possiamo riposizionare il dono – tra i tanti di cui il Signore ci colma – del nostro ministero presbiterale: un ministero bello e singolare, prezioso e delicato. Ma un servizio, soltanto un servizio.
Desidero indicare quattro caratteristiche di questo ministero. Ve le ricordo, anzi ve le consegno: accompagnare il discernimento vocazionale, curare le relazioni, accompagnare alla familiarità con la Parola, essere segno di unità. Sono ricordate anche nella lettera postsinodale.
Un presbitero oggi ha il compito di accompagnare il discernimento vocazionale di ogni cristiano, di aiutare cioè a cogliere quale chiamata il Signore ha riservato a quella persona. Questo servizio delicatissimo non riguarda solo i giovani perché il Signore ci chiama in ogni stagione della vita e in ogni circostanza.
Un presbitero è chiamato a ad avere cura delle relazioni all’interno delle comunità: ad essere uomo di riconciliazione, di concordia, di pace. Il suo parlare, le sue iniziative, la sua preghiera generino armonia e concordia nella verità.
Il presbitero accompagna alla famgiliarità con la Parola perché sia incontro tra il Signore Gesù e la propria vita. Perché la vita con tutte le sue sfaccettature possa essere illuminata dalla Parola e sappia a chi porre le domande difficili; nessuno cada nell’abbandono e nell’isolamento. Il Padre dei cieli è Padre di ciascuno e di tutti anche dei non cristiani, anche di chi ha fallito. Ogni sacramento che presiediamo è segno del suo amore fedele e ci ricorda che quella Parola è “per te”.
Infine il presbitero è segno e strumento dell’unità: dove c’è un presbitero c’è il vescovo, tutto il presbiterio e tutta la Chiesa. E’ ministero di collegamento, di comunione tra vescovo e Chiesa diocesana che mandano, e le tante comunità sparse nel territorio e convocate in comunione con il nostro Papa Francesco e il nostro Vescovo. I presbiteri presiedono non a titolo personale ma in comunione e per conto della Chiesa.
Riuniti nello stesso luogo, Gesù; immersi nella stessa persona, Gesù; animati dalla stessa storia e dallo stesso Spirito, quelli di Gesù; lasciamo che in questa Pentecoste lo Spirito scenda come lingue di fuoco e colmi ciascuno della sua presenza come ha colmato Maria e gli apostoli nel cenacolo.
+ Claudio Cipolla, vescovo
Padova, 19 maggio 2024