Con un editoriale dal titolo “Le nostre ipocrisie e illusioni nazionali”, sul Corriere della Sera di domenica 13 febbraio Ferruccio de Bortoli lancia una riflessione sulla presenza degli immigrati in Italia. “C’è un argomento che continua a costituire un inossidabile malinteso e a decretare il trionfo dell’ipocrisia nazionale: l’immigrazione”, scrive. E continua: “Un Paese che ha coscienza del proprio inesorabile declino demografico dovrebbe fare di tutto per attrarre immigrati, persino sceglierseli, e disciplinarne il flusso. E, soprattutto, essere una meta ambita, non una terra di passaggio. Invece si rimuove il problema. O lo si solleva, in termini inutilmente difensivi per non dire peggio, solo quando compare all’orizzonte una nave carica di disperazione. Davanti al grido di un’umanità sofferente, noi quasi tutti figli di immigrati, ci dividiamo. Spesso voltiamo lo sguardo dall’altra parte. Ma l’Italia non è invasa, si sta semplicemente svuotando”.
Di fatto, l’Italia ha un calo di natalità fortissima e forse irrecuperabile, ed inoltre ci sono tanti lavori che gli italiani non vogliono assolutamente fare: attrezzisti, fonditori, saldatori, badanti. “I badanti (1,2 milioni) sono il doppio dei dipendenti del Servizio sanitario nazionale. Se decidessero un giorno di scioperare tutti insieme bloccherebbero veramente un Paese anziano”.
Ed invece persistere un certo grado di ipocrisia, rappresentata ad esempio da quegli “imprenditori che chiuderebbero le loro aziende senza immigrati, ma che poi sostengono politicamente muri e blocchi navali”.
Sarebbe necessario sostituire l’ipocrisia con l’inclusione, con percorsi di integrazione. “Sono persone che devono trovare in Italia, grazie anche al loro livello di studio (spesso svolgono lavori inferiori alle loro qualifiche) una meta di promozione sociale, un orizzonte di libertà e diritti. E il Paese deve saper offrire loro percorsi di formazione e, in prospettiva, di cittadinanza”.