Tra le storie di sacerdoti raccontate su www.insiemeaisacerdoti.it c’è ora anche don Marco Galante, prete diocesano, amministratore parrocchiale di quattro parrocchie ai piedi dei Colli Euganea e cappellano del Covid Hospital di Schiavonia, dove ha vissuto h24 l’intero mese di novembre, alleviando la solitudine dei malati e portando conforto agli operatori sanitari.
Annunciatori del Vangelo in Parole ed opere nell’Italia di oggi, promotori di progetti anti-crisi per famiglie, anziani e giovani in cerca di occupazione, in prima linea nella gestione dell’emergenza Covid 19, i sacerdoti diocesani (34 mila in Italia) si affidano alla comunità per essere liberi di servire tutti.
«Ogni Offerta è il segno concreto di questa vicinanza. Raggiunge tutti i sacerdoti, dal più lontano al nostro – spiega il responsabile del Servizio promozione per il sostegno economico alla Chiesa cattolica, Massimo Monzio Compagnoni –Tanto più nel periodo difficile del Covid, in cui da mesi i preti diocesani continuano a tenere unite le comunità disperse, incoraggiano i più soli e non smettono di servire il numero crescente di nuovi poveri. Oggi più che mai i nostri sacerdoti sono annunciatori di speranza, ci incoraggiano a vivere affrontando le difficoltà con fede e generosità, rispondendo all’emergenza con la dedizione».
Le offerte sono lo strumento che permette a ogni fedele di contribuire, secondo un principio di corresponsabilità, al sostentamento di tutti i sacerdoti diocesani che assicurano una presenza costante in tutte le parrocchie per annunciare il Vangelo e supportare le comunità. Ogni offerta rappresenta dunque un importante segno di appartenenza e comunione.
Destinate all’Istituto centrale sostentamento clero, le offerte sono uno strumento perequativo e di solidarietà nazionale scaturito dalla revisione concordataria del 1984, per sostenere l’attività pastorale dei circa 34mila sacerdoti diocesani. Infatti da oltre 30 anni i sacerdoti non ricevono più uno stipendio dallo Stato, la congrua, ed è responsabilità di ogni fedele partecipare al loro sostentamento, anche attraverso questa modalità.
Don Marco Galante
Vicino ai malati fino alla fine e al fianco degli operatori sanitari per sostenerli spiritualmente nel loro difficile lavoro. Questa la delicata “missione” svolta da Don Marco Galante, 46 anni, amministratore di quattro parrocchie ai piedi dei Colli Euganei (San Giacomo, Ca’ Oddo, Schiavonia e Marendole) e da sei anni cappellano nel presidio di Monselice dell’Ulss 6 Euganea. Don Marco ha visto con i suoi occhi le conseguenze della pandemia, vivendo nell’ospedale di Schiavonia, primo Covid Hospital del Veneto e d’Italia, in provincia di Padova, dove il 21 febbraio 2020 morì la vittima numero uno del coronavirus.
«È stata un’esperienza dura, impegnativa – sottolinea don Marco Galante – A volte subentra anche un senso di impotenza, come quando un paziente ti chiede un po’ d’aria e non sai come aiutarlo».
La Chiesa di Padova si è sentita coinvolta dall’emergenza ed ha deciso di lanciare un segnale concreto chiedendo a don Marco di alleviare la solitudine dei malati, impossibilitati a ricevere visite, e di dare sostegno umano e spirituale al personale ospedaliero e medico. È stata una decisione presa dal vescovo Claudio Cipolla e annunciata durante l’omelia della santa messa del 2 novembre 2020, celebrata al cimitero Maggiore di Padova
«Per indicare che i cristiani sono chiamati a servire la vita in tutti i suoi momenti, anche quelli della malattia, ho incaricato un prete della nostra Diocesi per una missione particolare: stare 24 ore su 24 presso l’ospedale di Schiavonia a disposizione degli ammalati di Covid, dei loro famigliari, degli operatori sanitari: un modo per annunciare il Vangelo della vita, un segno per invitare tutti a servire la vita e a testimoniare che Dio ama la vita, questa nostra vita umana anche nei suoi momenti più estremi».
Con il nome scritto con il pennarello sulle tute anti Covid, come medici ed operatori sanitari, don Marco ha vissuto, nel novembre 2020, all’interno dell’ospedale seguendo anche un corso di «vestizione» per apprendere il corretto utilizzo dei dispositivi di protezione in dotazione ai sanitari. Bardato con camice, calzari, cuffietta, visiera, guanti e mascherina ha fatto quotidianamente il giro dei malati colpiti dal virus per portare conforto e fiducia, sostenendo le famiglie di coloro che hanno perso i propri cari.
Don Marco ha raccontato la sua straordinaria esperienza umana a Giovanni Panozzo nel corto dal titolo “Vide e si fermò”, filmato della serie sulle vite e sulla missione dei sacerdoti.
«La prima medicina che somministro – spiega Don Marco – è quella della speranza. Spesso le persone ricoverate, soprattutto nei primi giorni, sono intimorite dalla malattia che non sanno come evolverà. Io le ascolto e prego con loro. Anche se, secondo i protocolli, la visita deve essere veloce vedo che, di solito, quando si comincia a pregare, le persone si rasserenano. Bisogna far sentire meno soli gli ammalati perché il virus isola molto. C’è proprio il desiderio di una parola di conforto, l’isolamento è un tempo in cui si può diventare tristi, impauriti, e la vicinanza di qualcuno aiuta a superare questi stati d’animo».
Dalla preghiera in corsia a quella in Chiesa. Nel pomeriggio il cappellano si è dedicato all’aspetto spirituale, celebrando la messa nella cappella del Covid Hospital, dotata di una telecamera che rimanda le immagini in diretta nelle televisioni a circuito chiuso poste ai piedi di ogni letto per consentire ai malati di pregare tutti insieme, senza che nessuno si debba spostare dalla propria stanza.
Due volte alla settimana ha officiato la messa per il personale e la sera, si è sempre collegato online con i fedeli delle sue quattro parrocchie, affidate provvisoriamente ad altri due sacerdoti, per far sentire loro la sua presenza e vicinanza.
Don Galante e altri 34 mila sacerdoti in tutta Italia hanno bisogno di essere aiutati nel compiere la loro missione attraverso un’offerta per il sostentamento dei sacerdoti. Direttamente dal sito www.insiemeaisacerdoti.it
Le offerte per i sacerdoti
Diverse da tutte le altre forme di contributo a favore della Chiesa cattolica, perché espressamente destinate al sostentamento dei preti diocesani, le offerte deducibili rappresentano un importante contributo alla vita di tutte le comunità italiane, oltre che della propria.
Dal proprio parroco al più lontano. Ogni fedele è chiamato a parteciparvi, a titolo personale o della propria famiglia. L’Offerta è nata come strumento di comunione tra sacerdoti e popolo di Dio e delle parrocchie tra loro. Per dare alle comunità più piccole gli stessi mezzi di quelle più popolose, nel quadro della ‘Chiesa-comunione’ delineata dal Concilio Vaticano II.
Nel 2019 sono state raccolte 84.699 Offerte, per un totale di 7.837.075 euro. Queste concorrono a rendere possibile la remunerazione mensile di quasi 34.000 sacerdoti di cui 30.664 sono a servizio delle 227 diocesi italiane, tra questi circa 400 sono stati impegnati nelle missioni nei Paesi del Terzo Mondo come fidei donum mentre 2.848, per ragioni di età o di salute, sono in previdenza integrativa.
Nel consuntivo relativo al 2019, il fabbisogno complessivo annuo per il sostentamento dei sacerdoti è ammontato a 525,5 milioni di euro lordi, comprensivi delle integrazioni nette mensili ai sacerdoti (12 l’anno), delle imposte Irpef, dei contributi previdenziali e assistenziali e del premio per l’assicurazione sanitaria.
A coprire il fabbisogno annuo provvedono: per il 16,7% in prima battuta gli stessi sacerdoti, grazie agli stipendi da loro percepiti (per esempio quali insegnanti di religione o per il servizio pastorale nelle carceri e negli ospedali); per il 7,5% dalle parrocchie presso cui prestano servizio (*). Il resto è assicurato per il 6,5% dalle rendite degli Istituti diocesani per il sostentamento del clero, per il 67,6% dalla CEI con una parte dei fondi derivanti dall’8xmille e l’1,7% attraverso le Offerte deducibili per il sostentamento del clero indirizzate all’Istituto Centrale Sostentamento Clero.
Ad oggi quindi le offerte coprono solo circa l’1,7% del fabbisogno e per remunerare i nostri sacerdoti diocesani bisogna ancora far riferimento all’8xmille. Nonostante questa piccola percentuale, sono espressione della corresponsabilità dei fedeli verso i sacerdoti.
I contributi versati, infatti, vengono inviati all’Istituto centrale sostentamento clero di Roma, che li distribuisce equamente tra i preti diocesani assicurando così una remunerazione mensile che va dai 903 euro netti al mese per un sacerdote appena ordinato, fino ai 1.405 euro per un vescovo ai limiti della pensione.
Il contributo è deducibile fino ad un massimo di 1.032,91 euro l’anno.
(*) Ogni sacerdote infatti può trattenere dalla cassa parrocchiale una piccola cifra (quota capitaria) per il suo sostentamento, pari a circa 7 centesimi al mese per abitante. In questo modo, nella maggior parte delle parrocchie italiane, che contano meno di 5 mila abitanti, ai parroci mancherebbe il necessario. Le offerte vengono allora in aiuto alla quota capitaria: comportano un piccolo esborso ma indicano una scelta di vita ecclesiale.