Con numerose persone detenute nella Casa di reclusione Due Palazzi, i catechisti, i volontari, il cappellano don Marco Pozza, i diaconi che prestano servizio in carcere, il neodirettore Ottavio Casarano: con loro mons. Claudio Cipolla ha celebrato la messa della sua prima domenica da vescovo di Padova, il 25 ottobre 2015.
Circa 130 le persone detenute che hanno partecipato alla celebrazione. Tra loro quanti hanno completato il percorso di iniziazione cristiana negli ultimi anni e Francesco, pugliese di 52 anni, che oggi ha ricevuto dal vescovo la prima comunione e la cresima. Detenuto da 23 anni (gli ultimi undici a Padova), Francesco racconta «questo istituto mi ha cambiato moltissimo: ho potuto studiare e diventare ragioniere, mi sono diplomato, ho imparato dei lavori, ho fatto il gelatiere, lavorato al call center. Ma mi mancava qualcosa e il percorso di catechesi mi ha aiutato. Ora sono sereno e sono contento e onoratissimo di essere cresimato dal vescovo di Padova».
Una mattina di festa per la “parrocchia del carcere”, una «parrocchia scassatissima e di periferia» come l’ha definita don Marco Pozza, il cappellano del Due Palazzi, che ha presentato al vescovo «uno dei pochi posti dove il cristianesimo non è una circostanza; un ospedale da campo», dove ci sono «uomini feriti, ferite che parlano di guerre, rapine, notti insonni, affetti disperati...» ma dove ci sono anche tanti fratelli e sorelle che entrano ogni giorno per portare il loro incontro e la loro vicinanza: il gruppo dei catechisti, i seminaristi; le suore elisabettine, i volontari del Cammino Neocatecumenale e del Rinnovamento nello Spirito, le educatrici, l’associazione Piccoli Passi, la cooperativa Giotto, Ristretti orizzonti, la cooperativa l’Altra città.
Una «periferia esistenziale» da dove il vescovo Claudio Cipolla ha voluto partire anche perché«ho un debito», ha detto. Il debito del vescovo è verso tutte le persone che ha incontrato quando era direttore della Caritas di Mantova e che l’hanno aiutato a ritrovare fiducia e stima dopo un’esperienza molto difficile che «mi ha distrutto, anche spiritualmente»: la morte di un ragazzo durante un campo estivo.
Come direttore Caritas don Claudio viveva in un centro di prima accoglienza e lì ha incontrato i molti volti dell’umanità provata dalla vita, dai senza dimora agli ex carcerati: «A tutte le persone che ho incontrato lì sono debitore. La differenza tra me e loro sono state le circostanze. Ma la bontà, la fiducia, le cose belle che ci sono nel cuore umano, c’erano in me e c’erano in loro. Grazie a questi incontri ho ritrovato stima e fiducia. Per questo mi ritengo debitore ed è mio dovere ringraziare quelle persone. E sono molto contento di celebrare qui, in questa “parrocchia” la prima messa domenicale e la prima cresima».
Particolarmente intensa e sentita la celebrazione eucaristica durante la quale sono risuonate, nel vangelo, le parole del motto scelto dal vescovo Claudio: «Coraggio, alzati, ti chiama!», parole rivolte al cieco Bartimeo.
«Bartimeo era cieco – sottolinea il vescovo – e non solo con gli occhi; era seduto lungo la strada, non aveva speranza di andare avanti, era bloccato; probabilmente era sporco, probabilmente puzzava anche; era scoraggiato e i discepoli e la gente lo rimproveravano perché tacesse, lo allontanavano da Gesù». E invece Gesù lo chiama. La stessa chiamata risuona per ciascuno ha ricordato il vescovo, risuona «per me vescovo» e «per voi che siete in prigione», per chi fa volontariato, per chi sta lavorando: «Ti chiama!. Il Signore ti chiama. E io sono venuto qui per chiamarvi; per chiamarti a nome di Gesù. Gesù ti chiama a essere libero, a essere libero di amare. Gesù si affaccia tante volte nella vita delle persone; è una strada per essere liberi; Gesù guarisce».
Parole accolte con profonda attenzione, silenzio e commozione.
Al termine della messa il vescovo Claudio ha salutato calorosamente e abbracciato le persone detenute, molte delle quali ritroverà in occasione di una visita più approfondita alla Casa di reclusione che farà nei primi giorni di novembre, dove incontrerà il quotidiano della realtà carceraria e ne visiterà gli ambienti.