È mancato, venerdì 21 agosto a Padova, don Vittorino Capovilla.
Nato a Padova il 29 dicembre 1934, in una famiglia che contava undici tra fratelli e sorelle, cresciuto nella parrocchia cittadina di San Benedetto, don Vittorino fu ordinato prete il 13 luglio 1958 e fu inviato come cooperatore al Torresino, lavorando anche come aiutante dell’Ufficio catechistico diocesano, dove rimase per tanto tempo, inizialmente accanto a don Giuseppe Burlini. L’interesse verso la catechesi era già iniziato in seminario, complice l’amicizia (anche di famiglia) con il futuro vescovo mons. Egidio Caporello, pure originario di San Benedetto, poi direttore dell’Ufficio catechistico nazionale, prima di divenire segretario generale della Conferenza episcopale italiana.
Don Vittorino aveva partecipato fin dall’inizio e per diversi anni ai corsi estivi di catechetica che tenevano gli insegnanti dell’allora Pontificio Ateneo Salesiano (poi divenuto Università Pontificia Salesiana) e si era coltivato assiduamente, aveva concluso gli studi alla Pontificia Università Lateranense, si era abbonato a molte riviste catechistiche, aveva acquistato abbondante materiale audiovisivo, occupandosi, poi, di formazione in tutto il territorio diocesano. Con la sua fornitissima stamperia personale rielaborava diversi materiali producendo sussidi catechistici in proprio (con i suoi mezzi, tra l’altro, si prestava a stampare bollettini o altro materiale di diverse parrocchie). La passione catechistica lo portò anche a diventare guida di pellegrinaggi in Terrasanta al seguito dei Paolini: un ministero al quale teneva moltissimo e per il quale aveva ricevuto l’apposita abilitazione.
Negli stessi anni, a partire dal 1969, era diventato cappellano dell’Ancellato (tempo che precedeva il Postulato) e della casa di riposo delle suore Elisabettine a Taggì di Sotto; nel gennaio 1972 era diventato anche assistente provinciale dell’Unione cattolica italiana degli insegnanti medi. Diversi anni dopo sarebbe iniziata anche una collaborazione con il Tribunale ecclesiastico.
Nel novembre 1975 divenne parroco a Salboro e fu insegnante di religione in alcuni istituti superiori della città. 23 anni dopo, nel settembre 1998, fu trasferito nella parrocchia di Sant’Alberto Magno in Padova, dove, una volta sopraggiunti i limiti di età, rimase come penitenziere per le parrocchie di Sant’Alberto e Santa Croce, soffrendo per la mancanza del ruolo di parroco, ma senza fermarsi nel suo servizio di pastore.
Inevitabilmente, nel ministero di parroco, don Vittorino curò con passione e amore la formazione dei catechisti, talora con cadenza settimanale. Dimostrò grande puntualità e zelo nella benedizione delle famiglie, nella comunione agli ammalati e nella visita agli anziani, tanto da dire: «Sono entrato in tutte le case, non ho mai rifiutato un incontro e in ogni conflitto ho cercato la riconciliazione».
Nella storia di don Vittorino ci sono dei tratti di personalità che lo contraddistinguono. Talora impulsivo nel prendere le decisioni, aveva un carattere discreto, nobile e delicato; era pacato nei modi, capace di ascolto, di mediazione, di dialogo e di giudizio pesato, anche quando le situazioni fossero penalizzanti nei suoi confronti. Quale uomo di relazione – corretto e di poche parole, dal sorriso coinvolgente, capace di battute affettuose che sdrammatizzavano le situazioni, attento all’essenziale e non ai dettagli – ha coltivato sempre le sue amicizie e si faceva voler bene per la spontaneità che caratterizzava, ad esempio, una scampagnata estiva, un giro in bicicletta o qualche cena tra amici. Per diverso tempo ha invitato alla sua tavola parecchi confratelli, coltivando la stima e la collaborazione reciproca, quando ve ne fosse bisogno. Uomo di preghiera, lo si poteva trovare spesso in chiesa, con il breviario e il rosario, quasi ad affidare al Signore della vita tutta la gente conosciuta, in un abbraccio che potesse comprendere e proteggere ciascuno. La sua frequentazione della Terra di Gesù gli offriva spunti per un’esegesi che nasceva sul campo, anche se non amava parlare a braccio e le omelie erano sempre preparate con cura.
Allo stesso tempo don Vittorino era sportivo e dinamico, mai stanco e mai fermo, anche contro la volontà di tutti, dotato di un’ostinazione e di un’energia invidiabili. Ci teneva tantissimo a restare in forma e per questo aveva praticato molti sport fin dai tempi del seminario, quando il rettore del tempo dovette dargli il permesso di muoversi a piacimento, non appena svolti i compiti scolastici, perché altrimenti gli sarebbe salita la febbre. Aveva un’inconscia paura della malattia e si riteneva coraggioso quando trasgrediva le indicazioni dei medici, nonostante le decine e decine di interventi chirurgici cui si era sottoposto e le “settimane bianche” passate in ospedale: si era sempre e velocemente rimesso in piedi anche dopo interventi pesanti e non tanto per paura della morte, quanto dell’immobilità.
Don Vittorino coltivava interesse per tutto ciò che era nuovo – la fotografia, la stampa, il computer, la comunicazione, l’ultimo libro pubblicato – quasi fosse un uomo sempre alla ricerca di un “altrove” e di un “oltre”. L’interesse pastorale era espresso con tanti colori non ultimi quelli intensi dell’instancabilità e della cura per la liturgia, come pure della divulgazione della Parola di Dio ai ragazzi, ai giovani e agli adulti. Nelle situazioni in cui si è trovato, don Vittorino ha manifestato un grande amore per l’arte e per il bello: che si trattasse di abbellire la nuova chiesa di Salboro, oppure di procurare alle sacrestie paramenti e arredi di grande qualità, o di acquistare importanti icone orientali. Oltre all’affetto del tutto singolare per la Terra Santa, aveva guidato innumerevoli gruppi ad altri santuari internazionali e si recava più volte personalmente a Lourdes.
Con la sua parlata caratteristica, don Vittorino è stato un‘esplosione di novità e freschezza, senza disperdere prassi più tradizionali: si è mosso in avanti, ma camminando con il passo dei più lenti, interprete di tempi che cambiavano, in una grande fedeltà al Vangelo e alla Chiesa. Ha affrontato con coraggio, perfino irriverente, la malattia degli ultimi anni, forte delle sue molteplici operazioni chirurgiche da cui era tornato sempre più forte e combattivo. Don Vittorino è stato quasi l’immagine plastica che nulla può fermare la potenza della vita donata, spesa e offerta: del resto, la logica che più lo caratterizzava era quella del dono e della gratuità.
Don Vittorino amava tornare sul racconto evangelico di Pietro e Paolo che corrono al sepolcro di Gesù: la corsa pazza dei due apostoli è l’immagine più bella della sua vita, fatta di passi inediti, di comunione sempre cercata, di un discepolato convinto e generoso (anche di corse spericolate in bicicletta). Ora don Vittorino è nella festa della Risurrezione e corre incontro al Maestro.
Le esequie saranno celebrate lunedì 24 agosto, nella chiesa di Salboro, alle ore 10.30, dal vescovo Claudio. La vicinanza della Chiesa di Padova va agli otto fratelli e sorelle di don Vittorino, con un grazie particolare alla signora Maria Mirafiori, che, sebbene più anziana di don Vittorino, per molti anni si è interamente dedicata a lui, fino a questi ultimi giorni.