Don Siro Micheletto – Mure (Vi) 30.03.1935 – Marostica (Vi) 31.05.2023
Nato a Mure di Colceresa (VI) il 30 marzo 1935 da Francesco-Giovanni ed Elisa Segafreddo, fu ordinato presbitero il 9 luglio 1961. Era entrato al Barcon di Thiene ancora bambino, con una grande nostalgia della famiglia, le lacrime abbondanti e la fame dell’immediato dopo guerra.
I primi incarichi quale cooperatore lo videro a Selvazzano (1961-1963), Casalserugo (1963-1966), Fratte (1966-1967), Cartura (1967-1969) e Villatora (1969-1976). Di quegli anni restano i suoi ricordi riguardo all’educazione dei più piccoli e dei chierichetti, ai quali dispensava con gentilezza parole importanti sull’Eucarestia, gesti delicati di attenzione, sussidi e oggetti che tenevano viva la fede. I piccoli lo ricordano con gratitudine perché si sentivano “visti” e coinvolti da don Siro. Di quegli anni rimangono anche, con stima e riconoscenza, gli insegnamenti dei parroci conosciuti: «Da lui ho imparato moltissimo; era bravo, ma io non avevo le capacità per fare quello che faceva lui». Oppure: «Lui mi ha insegnato tanto, bastava guardarlo». Di quegli anni restano pure i ricordi dei nipoti che talvolta accompagnava a qualche avvenimento sportivo, così come alla Mariapoli dei Focolari: la passione per l’atletica si univa all’interesse per un movimento che andava crescendo quale proposta nuova per la fede.
Fu quindi nominato parroco di Rubbio fino all’ottobre 1984 e furono anni impegnativi, per il contesto, per la sua persona, per l’insegnamento della religione ad Asiago, per il clima e le abbondanti nevicate (che arrivavano a coprire il primo piano della canonica), anche se don Siro amava la natura e non disegnava di dedicarsi all’orto. Mentre si trovava a Rubbio ebbe il dolore della perdita della mamma Elisa che si occupava di lui: anche il rimanere in quella casa fu motivo di disagio e di ricordi.
A partire dall’autunno 1984 fu nominato cappellano dell’ospedale di Asiago dove rimase fino al 2020. All’inizio fu accolto dalla già presente comunità di religiose con le quali condivideva i momenti di preghiera, l’organizzazione delle celebrazioni, il pranzo e la cena. Col tempo la situazione cambiò, le religiose lasciarono l’ospedale, don Siro si ritrovò solo, ma continuò a sostenere un ministero che necessitava di fede, di umanità e di vicinanza. Nella chiesetta dell’ospedale, ad ogni Natale realizzava un presepio particolare, con i semplici mezzi che aveva, di volta in volta raccogliendo le notizie buone e meno buone provenienti dal mondo. Seguiva le vicende personali degli ammalati e spesso, con delicatezza e tenerezza, raccontava a qualche persona intima le storie che lo avevano coinvolto delle persone più diverse.
Don Siro è stato ad Asiago un riferimento per tutti coloro che si portavano in ospedale per una visita, un esame, un ricovero, lasciando ricordi che ancor oggi continuano.
«Pensare a don Siro è come pensare a quel Gesù medico che ha assistito, benedetto e accudito migliaia di malati e di pazienti, in ospedale ad Asiago». «È stato convocato in Paradiso il 31 maggio, giorno della Visitazione di Maria: quante visite ha fatto don Siro ai pazienti? Incalcolabili. Adesso, possa vivere e godersi la Visita senza fine, nel Paradiso!».
Anche le suore dell’Istituto Farina di Asiago (Suore Maestre di Santa Dorotea di Vicenza), hanno beneficiato della celebrazione della messa di primo mattino, dando vita a un’amicizia che è continuata nel tempo: nelle ultime due estati don Siro era stato accolto all’Istituto perché fosse sollevato dal caldo della pianura.
Quando fu chiesto a don Siro di lasciare l’ospedale ebbe a soffrirne molto. Risiedendo all’interno della struttura sanitaria, col passare del tempo aveva considerato l’ospedale come la sua casa e i lavoratori come la sua famiglia. Diceva: «C’è tanta gente che muore lì, perché non potevo morirci anch’io?».
Alla conclusione del suo servizio ad Asiago, don Siro aveva già sperimentato le fatiche del Covid e le restrizioni in ambito ospedaliero. Era stato poi accolto a Mure nella casa del nipote Renato e della moglie Lorenza. Ovviamente le sue giornate erano cambiate, riempiendosi di preghiera personale e delle celebrazioni in parrocchia. Continuavano a essere motivo di gioia le telefonate di amici, confratelli, personale ospedaliero, parenti lontani e vicini. Piano piano aveva anche iniziato a inserirsi a Mure e Laverda, per i servizi richiesti, con grande autonomia e serenità.
Nel luglio 2021 aveva festeggiato a Mure il suo 60° di sacerdozio rimanendo molto sorpreso e contento di quanto ricevuto. Sul bollettino parrocchiale di fine luglio, don Siro scrisse:
«Grazie dal profondo del cuore. Mure: nome caro, pieno di sorprese e di entusiasmo. (…) Avete ben contribuito a risvegliarmi e a farmi sentire a casa dopo lunga lontananza. Ho lasciato una casa-famiglia, l’ospedale: è stato duro. Voi mi avete riaccolto e riacceso l’animo e la vita. Mi sentivo invecchiato e straniero e ho trovato casa, famiglia e cordialità inaspettate e non guadagnate. La preghiera per chi ci ha lasciato, il rosario, il breviario e l’Eucarestia non sono più solo mie, ma allargate e coinvolgenti nella bella comunità cristiana di Mure».
All’invito giunto per la festa di San Gregorio Barbarigo aveva risposto:
«Mi è piacevole sentirmi in comunità fraterna ecclesiale. Ricordo superiori, colleghi, compagni di classe, contento di cantare ogni giorno assieme il mio Te Deum. Grazie per tutto a tutti».
Le due grandi passioni di don Siro sono state la lettura e la musica. Lettore assiduo del giornale quotidiano, amava molto i libri; periodicamente cercava le novità nelle librerie cattoliche, acquistava e leggeva molti libri, spesso tornava a comprarne più copie per poi regalarle alle persone alle quali pensava potessero essere utili (una sorta di “pastorale del libro”). Nei suoi racconti di fede spesso citava “storie” lette anche molti anni prima. 100 scatole di libri lo hanno accompagnato nel suo passaggio da Asiago a Mure.
La musica, poi, è sempre stata un grande amore, tanto da conservare una raccolta enorme di cd, di canti e musica sacra, di opere classiche. Amava molto Lorenzo Perosi («Ogni sua musica è una preghiera») e i grandi classici (tanto G. P. Da Palestrina quanto J. S. Bach); ascoltava volentieri le canzoni religiose degli anni ’70 (conservate gelosamente nelle audiocassette), quanto la Misa criolla di A. Ramirez, i cori ortodossi e Kiko Arguello.
Don Siro, dotato della capacità di ascolto e di una buona memoria, era di carattere sensibile e schivo, tanto da confidare che talvolta le emozioni erano così invadenti da impedirgli di formulare pensieri compiuti. Assieme alla sua mitezza, a volte emergeva un lato del carattere caparbio e determinato, un’intelligenza arguta dalle intuizioni folgoranti. Ha sempre evitato discorsi teorici o intellettuali, preferendo narrazioni di vita reale.
A settembre 2022 don Siro si era momentaneamente trasferito dalla sorella Elsa a Marostica, facendosi conoscere nel contesto locale, tra i preti vicentini, anche usufruendo delle cose belle e degli eventi di piazza che la città di Marostica andava offrendo. La morte lo ha colto improvvisamente a Marostica, nel sonno, il giorno 31 maggio 2023.
Le esequie saranno celebrate dal vescovo Claudio sabato 3 giugno 2023, alle 9.30, nella chiesa di Mure. La salma sarà poi tumulata nel cimitero locale.