Dopo un’esperienza pastorale nelle parrocchie di Bojon, Sacro Cuore alle Terme (in Abano Terme), Ponte di Brenta e Sant’Angelo di Piove, venne mandato come prete fidei donum nel 1969 nella diocesi di Nyeri (Kenya), precisamente nella parrocchia di North Kinangop, per aiutare don Leonardo Sella. Dopo una breve introduzione alla lingua locale e all’ambiente sociale, andò nella parrocchia cattolica di Njabini (1970). L’anno successivo, nel 1971, si portò nella parrocchia di Manunga per affiancarsi a don Giuseppe Cavinato, offrendo con dedizione il suo servizio pastorale ai giovani e al gruppo scout e prestandosi alle attività pastorali. Va anche ricordato che una sciagura, accaduta sul lago di Naivasha, con la morte di uno scout di Manunga, lo mise particolarmente a disagio, tanto da cambiarne, probabilmente, il successivo impegno missionario.
Nel dicembre 1976 don Remigio tornò a Njabini con don Giovanni Dalla Longa, lavorando ancora con i giovani e gli scout, ma solo per un breve periodo, avendo maturato una vocazione di tipo eremitico e contemplativo. Nel 1977 lasciò, quindi, la regione del Nyandarwa per prendere casa presso il Seminario minore degli Apostoli di Gesù, un istituto fondato dal comboniano padre Marangoni, con il quale don Remigio collaborò per diverso tempo sia nell’accompagnamento dei giovani, sia con l’attività di finanziamento costituita da una grande serra, ricevendone una sensibilità specifica verso la spiritualità dei preti e la loro formazione. Con padre Marangoni collaborò sia a Ngong che Rongai (Nakuru), dove si trovava, invece, un’altra fondazione dello stesso Marangoni, i Contemplativi ed evangelizzatori del Cuore di Gesù. Senza ricoprire incarichi particolari, don Remigio praticava la vita benedettina, nello stile dell’ora et labora, sostenendosi materialmente con la produzione di fiori e piante. La preghiera era sostenuta dal breviario, dalla vita sacramentale, dallo studio e dalla lettura, senza trascurare la direzione spirituale e l’accompagnamento dei giovani. Per quanto riguarda, invece, il suo tratto lavorativo, don Remigio ebbe modo di dimostrare in Kenya una sua particolare attenzione e il personale entusiasmo verso la natura e l’ambiente in tutte le sue espressioni. In fatto di alloggio, cibo e vestiti, don Remigio ha sempre mantenuto la semplicità e la povertà, in modo personale e convinto.
Quando padre Marangoni si ritirò dal ministero attivo, don Remigio tornò per due anni nella parrocchia di Njabini con don Giovanni Dalla Longa finché la provvidenza (con il consenso dei vescovi di Ngong) non lo portò a Lenkisem, lontana parrocchia nei pressi di un piccolo villaggio Masai, con una comunità di preti, suore e una dottoressa che si occupava di un piccolo ospedale dispensario. Nei dintorni vi erano terra arida, boscaglia, alberi d’acacia e tipici insediamenti manyatta. La sua reazione fu: «Qui voglio vivere, morire e giacere». Viveva in una piccola casa nella foresta, usando l’acqua piovana, mentre quella potabile era disponibile a tre chilometri di distanza. Preferì non aiutare la parrocchia e nemmeno l’ospedale, rifiutando ogni responsabilità e scegliendo una vita dimessa. Tuttavia, con l’aiuto di benefattori italiani, ebbe modo di costruire dormitori, cucina e refettorio ad uso dei bambini, affidandone alla parrocchia la gestione. Ciò che considerava il suo servizio principale era sempre il contatto diretto coi giovani che guidava spiritualmente e per i quali fece realizzare una biblioteca, poi affidata loro, non senza averne chiesto l’impegno, la serietà e anche il lavoro manuale, desiderando tanto che i giovani Masai potessero emanciparsi.
Don Remigio, figura schietta e atipica, nell’aprile del 2016 chiese alla Diocesi di Nyahururu di essere accolto nella comunità dell’ospedale di North Kinangop per la cura speciale del giardino e della natura. In realtà, la malattia aveva già cominciato a indebolire la sua persona forte e nel luglio del 2016 lo debilitò nel corpo e nella mente con una emorragia cerebrale. Al North Kinangop Catholic Hospital fu accolto e custodito amorevolmente da don Sandro Borsa, dalle Piccole Figlie di San Giuseppe e dal personale incaricato. A seguito delle condizioni di salute, nel dicembre 2016 fu organizzato il rimpatrio con tutte le attenzioni del caso, ma all’ultimo momento don Remigio non fu accolto a bordo dell’aereo. Poco prima del fallito tentativo di rientro, un’infermiera dell’ospedale aveva chiesto: «Ma dove lo porteranno lo ameranno tanto quanto noi?». Lo si è continuato a fare per quattro anni, quattro anni di vera povertà fisica e mentale, fino alla sua dipartita il 13 marzo 2020.
Le esequie di don Remigio saranno celebrate mercoledì 18 marzo, alle 10 del mattino, a Tabor Hill, centro di spiritualità della diocesi di Nyahururu. Saranno presiedute dal vescovo Mons. Joseph Mbatia e concelebrate dal vescovo emerito mons. Luigi Paiaro, oltre che dai preti diocesani e dai fidei donum. La salma sarà poi sepolta nel cimitero dei preti diocesani di Tabor Hill.