Don Loris Bizzotto, don Ivan Catanese, don Francesco Trovò: sono loro i tre nuovi preti della Chiesa di Padova.
Oggi pomeriggio, domenica 28 maggio 2023, il vescovo Claudio ha accolto il loro sì definitivo e li ha ordinati sacerdoti.
Le prime foto
Di seguito l’omelia del vescovo Claudio.
«La sera di quello stesso giorno, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, si fermò in mezzo a loro».
Adesso ci troviamo noi in quella stessa sera di quello stesso giorno!
Una sera intrisa di storia: una storia lunga ed intensa, una storia che non appartiene soltanto a noi. Anzi, a disposizione della nostra consapevolezza ci sono solo piccoli segmenti.
A livello mondiale ci preoccupano la guerra in Ucraina, la ripresa degli investimenti sugli armamenti, la corsa sfrenata della scienza e della tecnica che sembrano sfuggire alla verifica del bene delle persone – di tutte le persone del mondo -, il cambiamento climatico, la conquista dei paesi più poveri da parte delle grandi potenze economiche e finanziarie.
Questa sera porta con sé la memoria delle fatiche e delle speranze della Chiesa di Dio che vive in Padova, la nostra. Chi tra noi è più legato alla sua vita (come le donne e i discepoli alla vita di Gesù), conosce le sue fatiche: sappiamo che spiritualmente esse possono aiutarci a scendere dai nostri orgogli e dalle nostre vanaglorie.
Ci sono, nella sera di quello stesso giorno, la nostra storia personale, anche la vostra carissimi Francesco, Ivan e Loris, e poi quella delle vostre famiglie, dei vostri amici di sempre, le storie dei vostri anni. Non sono storie tranquille perché abbiamo capito che non esistono, e forse non sono mai esistite storie soltanto serene, angeliche. Le nostre storie saporano sempre di peccato, di incoerenza, di insufficienza. Sappiamo di essere qui, di fronte al Signore, inseriti nel suo Corpo, per Grazia, sorpresi noi stessi delle circostanze che ci hanno portato qua.
Continuiamo a trovarci come Chiesa, sostenuti soprattutto dalla sapienza dei più anziani e dalla nostra tradizione popolare. C’è qualcosa che continua ad ardere nel nostro cuore, c’è speranza in noi! Tanto che stiamo celebrando il sinodo diocesano: lo percepiamo come una lunga giornata di Pentecoste e come atto di fede e di speranza nell’intervento dello Spirito.
D’altra parte riconosciamo l’attenzione di tanti uomini e donne e di tanti organismi sociali che lavorano per la pace, per il disarmo soprattutto a livello nucleare, per un nuovo equilibrio nella distribuzione delle ricchezze, per dare un volto umano al progresso che va sviluppandosi così celermente.
Dunque nell’anno 2023, alla fine del mese di maggio, la sera di Pentecoste, il mondo, la nostra Chiesa e la nostra personale storia partecipano dell’irruzione del Signore. Questa cattedrale è il cenacolo, il luogo dell’incontro, la sede dell’Evento in cui è principale protagonista il Signore Gesù Risorto. Accadono i fatti della sera di quello stesso giorno. Le porte dei cuori di alcuni cristiani e forse anche delle loro comunità qui rappresentate sono chiuse per timore, per la nostra piccolezza, per il rischio dell’isolamento e della solitudine rispetto alla società. Ma Gesù entra lo stesso: Pace a voi, dice.
Si trovano tutti insieme i discepoli: la paura, lo spavento, l’insicurezza li ha uniti. Chiusi ma insieme, uniti. Nella iconografia vengono presentati quasi sempre in preghiera con Maria. La loro fragilità diventa, anzi è preghiera: non parole ma un atteggiamento orante.
Mi sento dentro questa esperienza soprattutto perché ancora una volta viene posta nelle mie mani, nelle mani della Chiesa di Padova la vita di tre persone. Secondo Ivan, Loris e Francesco ma con la conferma della Chiesa (cioè del Seminario, delle parrocchie, dei diversi cristiani incontrati), una conferma vagliata durante almeno 7 anni, è una scelta che ha origine nella volontà stessa del Padre celeste che in Gesù si è fatto presente. Si, è vero, lo crediamo ma siamo come i discepoli nel cenacolo: intimoriti.
Assistiamo ad un si definitivo, permanente, per sempre! Una donazione totale, di tutto noi stessi, volontaria e gratuita; una fede che ha la pretesa dell’assolutezza: definitività, gratuità, assolutezza non sono parte della nostra cultura!
Le scelte di vita di parecchi amici e amiche non ci aiutano e ci sentiamo spesso soli, sentiamo il peso di una solitudine esistenziale. Stiamo andando controcorrente, stiamo dando alla nostra vita un senso diverso da quello della società occidentale. Talora addirittura adattiamo le nostre parole e spesso anche la Parola ad una certa fragilità di senso. Anche questo è mondo. Anche questo stile del provvisorio e del momentaneo è cultura!
Partecipando della Grazia di quello stesso giorno, Gesù viene e si ferma in mezzo a questa assemblea: è il Signore! Mostrando mani e costato dice che la nostra storia e la nostra vita lui le conosce e segnano anche la sua vita di Risorto. Mostrando i segni della sua storia, propone ai suoi discepoli di adattare alle sue le nostre mani e al suo il nostro costato, di aderire cioè ad un disegno che non è soltanto nostro ma con il nostro costato e le nostre mani viene scritto da Dio. Dice che hanno un senso, quello che lui stesso ha attribuito al suo costato e alle sue mani. La pace è volto e nome che viene dato quando un uomo o una donna scoprono il senso della vita, per chi e per che cosa vivere, quando si trova la propria vocazione nel mondo.
Con questa ricchezza, il dono del suo Spirito, il suo respiro vitale, siamo mandati ad uscire esattamente in mezzo a ciò che ci faceva paura. Andiamo, mantenendoci umili ma con gioia, restando servi ma con forza ed energia. Il dono dello Spirito è collegato direttamente con il perdono dei peccati, cioè degli obiettivi falliti, delle sconfitte, delle notti del cuore. Come il Padre ha mandato Gesù, Gesù manda la sua Chiesa a portare pace nel cuore delle comunità e del mondo intero perché amati da lui.
Voi tre, Ivan, Francesco e Loris venite ordinati presbiteri perché insieme con il Vescovo, il presbiterio e con tutto il popolo di Dio assumiate la causa del Vangelo come vostra missione, per aggregare attorno a Gesù e al suo Vangelo altri uomini e altre donne ai quali affidare la stessa missione di vivere in mezzo al mondo e di portare il perdono dei peccati e dei fallimenti.
La solitudine allora è vinta dalla comunione con il Padre e con la sua missione, dalla certezza di essere nella volontà di Dio, dal tener vivo il fuoco che arde nel vostro cuore e che riguarda il senso che con il Signore avete scoperto per la vostra vita. La solitudine si riempie di fraternità, paternità e figliolanza in forza dell’amore dal quale lasciate che le vostre mani e il vostro costato siano feriti.
«Vieni, Spirito Santo
manda a noi dal cielo
un raggio della tua luce»
+ Claudio, vescovo