Don Giuseppe Masiero riposa tra le braccia del Padre

È mancato nel pomeriggio di giovedì 10 marzo 2022 – I funerali lunedì 14 marzo alle ore 15 in Cattedrale

Don Giuseppe Masiero  (Bastia [Pd] 14 marzo 2022 – Padova 10 marzo 2022)

A seguito di un infarto, nel tardo pomeriggio di giovedì 10 marzo è deceduto don Giuseppe Masiero. Don Giuseppe era nato a Bastia di Rovolon il 14 marzo 1949 ed era stato ordinato presbitero il 14 giungo 1975. Inizialmente era stato nominato cooperatore di Mestrino, prima di diventare vice-delegato diocesano per la pastorale del lavoro e successivamente assistente diocesano del Movimento lavoratori di Azione cattolica.


Nel tardo pomeriggio di giovedì 10 marzo è deceduto don Giuseppe Masiero, a seguito di un grave malore che lo ha colto nel chiostro del Collegio Barbarigo, dove risiedeva da cinque anni. Don Giuseppe era nato a Bastia di Rovolon il 14 marzo 1949 ed era stato ordinato presbitero il 14 giugno 1975. Nel corso della sua vita ha ricoperto incarichi di vario genere che si sono incrociati tra loro a più riprese. Inizialmente fu nominato cooperatore di Mestrino. Nel 1980 diventò vicedelegato diocesano per la Pastorale del lavoro e successivamente (1981) assistente diocesano del Movimento lavoratori di Azione cattolica (MLAC). Nel 1987 gli fu affidato l’incarico di delegato vescovile per la Pastorale sociale e del lavoro. Caratterizzato dal sorriso e da un approccio gioioso alla vita (ebbe a scrivere: «Il Vangelo costruisce personalità affascinanti di cittadini felici»), furono subito evidenti l’umanità, l’intelligenza e la cordialità di un uomo che, valorizzando chiunque e senza mettere a disagio nessuno, andava aprendosi alle sfide del territorio e al contesto politico amministrativo, sostenendo una visione alta della realtà, in compagnia di giovani e adulti, giornalisti e sindacalisti, amministratori e semplici persone, in vista di battaglie certamente ideali, ma limpide e non divisive. Sono gli anni nei quali don Giuseppe coinvolge le ACLI e le comunità cristiane attorno ai temi dell’obiezione di coscienza e della pace, promuovendo anche quella marcia che sarebbe rimasta nel tempo come momento di sintesi e di una volontà precisa di popolo. Negli anni ’80 è precursore di campi estivi nei quali confluiscono occasioni di confronto sulla famiglia e i bisogni sociali della persona: da questa esperienza sorse poi il seminario Openfield per interrogare i singoli e la politica sui temi dell’economia, del sociale e del lavoro. Nel frattempo, a fianco dei lavoratori, venivano seguite le crisi aziendali che nascevano in concomitanza con la globalizzazione («La sua visione del mondo del lavoro e del sindacato era il modo in cui una Chiesa solidale, fraterna e giusta guardava la vita delle persone: con l’amore di Gesù») e si misero in campo iniziative per includere la partecipazione della società civile nella conduzione amministrativa degli enti Locali (a seguito delle Leggi 142 e 241 del 1990). Nel 1995 ebbe inizio quel particolare laboratorio ecclesiale che fu la Missione cittadina di Padova celebratasi nel 1997: don Giuseppe fu incaricato di coordinarla e al suo interno si preoccupò di portarvi non solo comunità cristiane, movimenti e gruppi ecclesiali, ma anche la sensibilità di quei «mondi vitali» che aveva tanto frequentato. Per quanto impegnato nell’ambito sociale, don Giuseppe ebbe anche incarichi relativi al clero, divenendo membro del Consiglio presbiterale (1990-1993), responsabile della formazione permanente dei presbiteri (1995-1998), membro della Commissione regionale presbiterale (dal 1992 al 1997) e moderatore del Consiglio presbiterale per due mandati (dal 1996 al 2002). Nominato rettore di San Canziano, in Padova (1996), mentre seguiva la Missione cittadina fu nominato cooperatore festivo nella parrocchia di San Paolo e responsabile del Centro diocesano per le missioni al popolo. Nel settembre 1998 venne inviato come parroco a Sant’Agostino di Albignasego. Da qualche sua pagina si possono dedurre alcune attenzioni particolari del suo ministero e della sua persona, quali il servizio alla comunione, le relazioni e la testimonianza della Pasqua.

Nel periodo in cui mi veniva affidata la guida della nostra comunità, la preghiera ufficiale della Chiesa ci sollecitava a meditare su alcuni discorsi esigenti di sant’Agostino rivolti ai pastori della Chiesa. Impossibile sottrarsi alla sua benefica provocazione. Nel suo insegnamento mi pare di cogliere un messaggio specifico per la nostra giovane e vivace comunità parrocchiale: «Non sentirti viandante senza méta, canta e cammina perché Cristo ha fatto sgorgare nel cuore e nella storia di ciascuno una canzone nuova, quella che si canta sulla via nuova tracciata da Lui». Le canzoni possono nascere anche in un clima di diffusa sofferenza, che è sempre da rispettare; talvolta in questo clima riescono più ispirate e vere. Esse possono diventare parole e melodie che sanno rimettere una comunità, un popolo in cammino. (Inizio del ministero a Sant’Agostino)

Noi preti siamo sempre con le valigie in mano, un po’ come i discepoli di Gesù inviati con «bisaccia e sandali ai piedi» ad annunciare il Vangelo a tutti, andando sempre oltre, continuamente sulla frontiera. Sono trascorsi quasi cinque anni in questa carissima parrocchia di Sant’Agostino, amata con tutto il cuore dal primo istante in cui il Vescovo mi ha scelto per servirla, dopo l’esperienza intensa e trasformante della Missione cittadina. I sogni e le speranze che spuntavano dalla coltre fredda come la neve di una sofferenza diffusa nella comunità, sono diventati il motivo dell’ascolto di molte persone, per tracciare insieme il tratto di strada che il Signore ci chiedeva. Ci siamo riusciti? Ringraziamo il Signore del periodo condiviso mano nella mano, inseguendo in cielo un’ideale aquilone di festa e amicizia rappresentato da tutti i nostri ragazzi. Non sono mancate amarezze e incomprensioni reciproche specialmente nel tentativo di accelerare il giorno in cui poter arrivare contemporaneamente a vivere un’immersione di vita spirituale alla domenica, giorno del Signore, insieme con il ventaglio di tutti i Sacramenti che rigenerano e trasfigurano la nostra vita cristiana, e allo stesso tempo raggiungere l’armonia di una comunità con un cuore solo e un’anima sola. (Conclusione del ministero a Sant’Agostino)

La Pasqua è la vita che scaturisce dalla croce ed è proprio l’amore che vince la morte, che fa della morte non una fine, ma un passaggio, un esodo da questo mondo al Padre. Sì, la Pasqua è il momento culminante della storia dell’amore di Dio per gli uomini. La Pasqua spinge dunque tutti alla responsabilità di sperare la salvezza universale, integrale. Non dimentichiamo come cristiani che la Pasqua ha come destinataria l’intera umanità, non solo la Chiesa, e in scala locale tutto il quartiere ad alta densità abitativa e non solo la parrocchia dei frequentanti. Anzi ogni cristiano è debitore nei confronti di tutti gli uomini della testimonianza della risurrezione. La Pasqua plasma il volto dei cristiani, un volto di speranza, coraggio, misericordia, di audacia evangelica: la morte è stata vinta, il Cristo ha trionfato sugli inferi. Ormai non vi è più alcuna situazione “a cielo chiuso”. Un’autentica esperienza pasquale rende capaci di amore come Cristo stesso ha amato. Le energie di risurrezione si fanno prodigiosamente operanti nella gamma delle infinite situazioni quotidiane. Solo da una ricerca di fede profonda e amorosa può scaturire l’esperienza e la testimonianza della Pasqua. La Pasqua ci apre ogni giorno l’orizzonte della vita eterna; senza questa speranza noi cristiani saremmo veramente i più miserabili di tutti gli uomini (1Cor 15,19).

A Sant’Agostino don Giuseppe rimase fino al 2003, quando dalla Conferenza Episcopale Italiana fu richiesto quale incaricato per la formazione spirituale delle ACLI. Successivamente fu trattenuto a Roma come assistente nazionale dell’Azione cattolica italiana per il settore Adulti (due mandati, 2006-2012), assistente nazionale dell’Associazione Convegni di Cultura Maria Cristina di Savoia (2008-2012), assistente nazionale dell’Azione cattolica italiana per il Movimento lavoratori (2009-2012).

Nell’ambiente romano dovette in qualche modo reinventarsi e sintonizzarsi con le riflessioni che si andavano conducendo sull’Associazione, senza sottrarsi al confronto e senza far mancare il suo parere. Soprattutto sul rapporto tra la Chiesa e il mondo il suo contributo si faceva interessato e partecipe e don Giuseppe continuò a manifestare una netta attenzione alle problematiche sociali, al ruolo del laicato e all’impegno dei cattolici nel contesto lavorativo e politico, con una particolare insistenza sulla dignità e sulla spiritualità del lavoro, sulla testimonianza della fede da rendere negli specifici ambienti della vita, senza trascurare la presenza in mezzo alla gente e nei contesti abitativi. Sosteneva che «il lavoro è pastorale», animato com’era da una grande tensione morale circa le situazioni dei singoli e del mondo, con uno sguardo interpretativo benevolo, talora idealistico, ma orientato al futuro, alla speranza e all’impegno. Promosse con premura il ruolo dell’Azione cattolica e il valore del dialogo tra le associazioni, sostenuto dal desiderio di promuovere un’esperienza associativa di spessore culturale ma popolare, quanto a linguaggio e contenuti. In Azione cattolica lo si ricorda ancora per la sua capacità di portare l’associazione ad essere espressione di una Chiesa «in uscita» e non ripiegata in sterili rigidità strutturali. Accanto alla capacità di una amicizia bella, trasparente e gratuita («Con lui la fraternità era contagiosa»), gli venne riconosciuta una personalità umile e generosa, attenta e puntuale, riservata ma accogliente, solida e limpida, segnata da una fede reale, oltre che da un amore appassionato per Gesù e la Chiesa.

Nell’autunno del 2012 fu nominato parroco di Selvazzano. Iniziando il nuovo incarico ebbe modo di scrivere:

Accettando fiduciosamente la nomina a diventare vostro parroco, ho chiesto immediatamente al vescovo Antonio la sua benedizione per essere ogni giorno un segno semplice, sincero e generoso dell’abbraccio infinito di Dio Padre che ci raggiunge personalmente e comunitariamente con il suo Figlio Gesù, primogenito di una moltitudine di fratelli e sorelle. Il volto della parrocchia che già vedo è quella di una “tenda di Dio” presso le case dei suoi figli e figlie. Una parrocchia che esiste per evangelizzare, dove il Vangelo di Gesù viene accolto e annunciato dentro relazioni umane autentiche e profonde; una parrocchia che vive tra la gente condividendo il dono della fede senza rumore, da coscienza a coscienza. Credendo insieme passeremo dall’io al tu, al noi, rendendoci consapevoli e accoglienti ai problemi del territorio.

Anche a Selvazzano don Giuseppe si dedicò molto al sociale e in modo particolare alla questione del lavoro, tanto da costituire lo sportello “Rete lavoro” per aiutare giovani e disoccupati.

Proviamo a connetterci personalmente. Proviamo a promuovere e organizzare una ricerca occupazionale condivisa, valorizzando esperienze e competenze degli adulti, interloquendo con le istituzioni, con le organizzazioni professionali, sindacali e associazioni impegnate nel sociale. Il lancio della nostra rete potrebbe avvenire proprio in occasione del 1°maggio 2015, perché sia davvero festa del lavoro.

Concludendo l’incarico nel 2017 così si rivolse alla presidenza del Consiglio pastorale:

Quando parli di unità le tue mani spesso si intrecciano quasi a rendere concreto quel desiderio forte e urgente di armonia per la comunità, manifestato specialmente durante gli incontri pastorali in cui si mettono a fuoco le priorità e gli obiettivi del nostro operare. Una volontà portata avanti con fermezza e con l’attenzione amorevole che un padre ha per ciascuno dei suoi figli.

Nel 2017 don Giuseppe fu nominato Coordinatore della nuova équipe per i presbiteri anziani, ma non smise di tenersi aggiornato, di informarsi, leggere e discutere. Allo stesso tempo diventò collaboratore festivo presso la parrocchia di Santa Maria Annunziata ai Ferri. Soltanto il 15 febbraio scorso era stato nominato consulente ecclesiastico dell’Associazione professionale italiana dei collaboratori familiari (API-COLF) della Diocesi e della Provincia di Padova. «Con don Giuseppe si spegne un tassello importante della storia personale e di fede di tante persone, in particolare di uomini e donne impegnati in politica e nel sociale». «Lo immagino ora già a lavoro, con spirito sindacale, in una tavola rotonda con Santi e Beati dell’Azione Cattolica, sui temi dei diritti e doveri dei pescatori del Lago di Tiberiade o degli esattori di Cafarnao».

Le esequie saranno celebrate nella Cattedrale di Padova, dal vescovo Claudio alle ore 15 di lunedì 14 marzo, giorno in cui don Giuseppe avrebbe compiuto 73 anni. Dopo le esequie, la salma sarà portata nella chiesa di Bastia per una breve sosta nel paese natale, prima di essere tumulata nel locale cimitero. Alla sorella Maria, ai nipoti don Luca, Luisa e Massimo Ferro, la vicinanza della Chiesa di Padova, del Collegio Barbarigo, delle comunità cristiane e di quanti hanno conosciuto don Giuseppe.

Don Giuseppe aveva pubblicato anche due testi in collaborazione:

Giovani idee per il paese (con C. Nervegna), AVE, 2011.

La Messa in dieci mosse. I verbi per vivere in pieno la celebrazione eucaristica (con A. Matteo e A. Mastantuono), Ave, 2009.

Oltre alle comunità di S. Agostino, Selvazzano e alle ACLI diocesane, al presente profilo hanno contribuito: Mons. Francesco Lambiasi, vescovo di Rimini, già Assistente generale di ACI (2001-2007), Tommaso Marino, attuale Segretario nazionale MLAC, Cristiano Nervegna, già Segretario nazionale MLAC (2005-2011), Franco Miano, già Presidente nazionale di ACI (2008-2014), Paolo Trionfini, Vice Presidente nazionale per il settore Adulti di ACI (2008-2014), Maria Graziano, Vice Presidente nazionale per il settore Adulti di ACI (2008-2014), Vincenzo Serra, già Economo nazionale di ACI (2005-2011).

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