Nel pomeriggio di lunedì 17 agosto è mancato, all’Opsa, don Elia Maroso.
Don Elia Maroso nacque a Laverda (Vi) il 15 settembre 1949, in una famiglia dalle radici cristiane (il padre Attilio aveva due fratelli preti diocesani: don Giuseppe e don Igino) e anche la fede di don Elia aveva i tratti rocciosi e saldi delle colline che circondano Marostica. Negli anni del seminario si manifestò come persona tenace e amante della lettura, obbediente, umile, mite e di animo buono, senza ambizioni di protagonismo, ma con una forte carica spirituale.
Fu ordinato prete il 15 giugno 1974. Il suo primo incarico fu quello di cooperatore ad Altichiero dove, tra le altre cose e in accordo col parroco, seguì un folto gruppo di giovani aderenti a Gioventù studentesca alla quale si era avvicinato negli anni del seminario ricevendone una spiritualità profonda, tanto da lasciare anche nella parrocchia stessa dei segni duraturi.
Nel settembre 1977, tra la sorpresa di molti, fu inviato come studente alla Pontificia Accademia Ecclesiastica di Roma e nel 1982 iniziò il servizio diplomatico alla Santa Sede prima come addetto alla Pro-nunziatura di Giacarta (Indonesia) e l’anno successivo alla Nunziatura dell’Avana, a Cuba, dove rimase fino al settembre 1986, quando fu inviato a Parigi. Un anno dopo fece ritorno a Roma, a servizio della Segreteria di Stato. Nel gruppo di ordinazione tanto don Elia quanto i numerosi compagni fidei donum tenevano vivo il respiro della Chiesa universale.
L’esperienza a Cuba fu particolarmente devastante per don Elia e lasciò segni indelebili nella sua salute accentuando i tratti di una psicosi che sarebbe evoluta nel tempo, tanto che, qualche anno dopo e intuito il profondo disagio che lo accompagnava, fu fatto ritornare a Padova e si provò a inserirlo nella pastorale ordinaria. Scriveva nel 2004:
«Sono contento di lavorare in Diocesi, assieme a tanti altri sacerdoti che faticano nella loro parrocchia o in Curia. Ho ancora da imparare tante cosa sul servizio alla Chiesa e agli uomini» (15.09. 2004).
Nel 1992 don Elia trovò dimora nella canonica di Arino, assieme alla zio don Igino, prestando servizio anche nella vicina Cazzago (dove inizialmente operava il compagno di ordinazione don Danilo Miotto). All’inizio del 1995 fu nominato vice-cancelliere della Curia vescovile e qualche mese dopo divenne anche difensore del vincolo del Tribunale ecclesiastico regionale Triveneto. Incarichi, questi ultimi, condotti con diligenza e fatica e che terminarono con la fine del 2010.
Nell’ottobre 2012 entrò come ospite all’Opera della Provvidenza. Dopo l’esperienza internazionale, il suo fu un lento spegnersi. Col tempo don Elia si era totalmente trasformato: l’incrinatura inarrestabile della malattia gli procurava fobie e fragilità, al punto da renderlo guardingo, solitario e impaurito. Il silenzio che don Elia viveva con estrema dignità nascondeva il travaglio e la confusione interiore che certamente lo divoravano tra paure, annebbiamento della realtà e ossessioni. Sopraggiunsero poi il decadimento cognitivo, la tetraparesi e, da ultimo, un ictus con i suoi esiti.
Alla fine, don Elia è arrivato alla morte senza poter riprendere la sua identità di uomo libero, felice e generoso. Alla sapienza di Dio, che tutto dispone per il bene comune, consegniamo la vita, il ministero e l’estrema fragilità di don Elia, il quale, tuttavia, puntualmente tornava sul senso della sua persona, tanto da scrivere:
«Cerco di imparare a stare al mio posto e prego perché i sacerdoti stiano al loro posto e amino la Chiesa» (24.09.2007).
La celebrazione delle esequie, presieduta dal Vescovo Claudio, sarà giovedì 20 agosto nella chiesa di Laverda, alle ore 10. La Chiesa di Padova è vicina alle sorelle Angelina e Noemi, ai fratelli Gino e Giuseppe e alle loro famiglie.