Don Dante Zenato riposa tra le braccia del Padre

Lunedì 30 dicembre 2024 - Le esequie giovedì 2 gennaio 2025 a Tribano alle ore 15.30

Don Dante Zenato

Tribano (18 ottobre 1930 –  30 dicembre 2024)

Don Dante, figlio di Domenico e Stella Minello, era nato a Tribano il 18 ottobre 1930, in una famiglia con sei figli dove la fede si respirava nella quotidianità.
Anche se più giovane di due anni, era entrato nel Seminario di Thiene prima del fratello don Angelo. La sua lunga vita ministeriale, iniziata con l’ordinazione del 4 luglio 1954 («Anno Mariano e della canonizzazione di Pio X»), ha attraversato stagioni cruciali della Chiesa e della società, lasciando un’impronta di fedeltà al ministero e di apertura ai cambiamenti.
Don Dante aveva iniziato il suo servizio come cooperatore ad Abano Terme e nel settembre 1955 aveva ricevuto l’incarico di vicerettore nel Seminario di Magliano Sabina (Rieti), rimanendovi fino all’agosto 1960.
L’antica diocesi suburbicaria di Sabina-Poggio Mirteto, che si estende tra le Province di Roma, Rieti e Terni, in quegli anni andava organizzandosi sia territorialmente, sia con la presenza del vescovo residenziale. Già dal 1951 aveva avuto come Rettore del proprio Seminario don Mario Mortin, poi chiamato al Collegio Barbarigo. Nello stesso Seminario ebbero modo di lavorare i padovani don Gabriele Antoniazzi, don Igino Cardin e don Piergiorgio Sandonà (che sostituì don Dante). Don Dante riteneva quegli anni come una delle esperienze più forti della vita, anche per l’abbondanza di contatti e conoscenze che ne erano venute. Ogni settimana, poi, si recava in Segreteria di Stato per salutare il compagno di ordinazione don Oscar Rizzato.
Di ritorno dal Centro Italia, nell’agosto 1960 don Dante era stato voluto cooperatore a Ponte di Brenta.
Nel dicembre 1963 fu nominato parroco di Arten. I ventun anni di ministero ad Arten (1963-1984) hanno segnato profondamente la sua vita pastorale. In quella comunità bellunese don Dante si trovò ad affrontare le sfide dell’emigrazione, sostenendo le famiglie e compiendo nel 1973 un viaggio in Australia per incontrare i parrocchiani emigrati. Molti furono gli ambiti nei quali si applicò: da quelli pastorali a quelli più giocosi e di animazione. La sua attenzione alla formazione lo aveva portato a frequentare l’università serale di Feltre (distaccamento di Milano per lingue e filosofia), condividendo il suo percorso di crescita con gli stessi parrocchiani che ebbe modo di seguire anche in seguito, sempre manifestando una straordinaria attenzione nei loro confronti. Contestualmente e per due mandati era stato vicario dell’allora vicariato di Fonzaso.

Nell’autunno 1984 fu mandato parroco a Terrassa Padovana, nel cui territorio si trova il santuario della Beata Vergine della Misericordia. A Terrassa, dove rimase 25 anni, lo raggiunse il fratello don Angelo dopo una lunga permanenza a servizio della Diocesi di Bologna. La sensibilità di don Dante verso la dimensione spirituale si espresse particolarmente nel sostenere la preghiera, che definiva «nostra forza e testimonianza», l’adorazione eucaristica e la devozione alla Divina Misericordia. Dopo la rinuncia alla parrocchia del 2009, dovuta all’età avanzata, si ritirò a Tribano assieme a don Angelo, con l’incarico di penitenziere nelle parrocchie di Tribano e San Luca di Tribano, senza che venissero meno collaborazioni di vario genere con Anguillara, Bagnoli, Conselve e Cartura. L’anno prima aveva scritto:

«Sono sacerdote, ma in un certo senso devo ancora diventarlo, perché non lo sono né lo sarei mai abbastanza in pienezza e verità. Essere prete e fare il prete è un dono e più si va avanti più lo si apprezza. Il cuore mi si è allargato e voi non ci state stretti».

Gli anni a Tribano, suo paese natale, sono stati caratterizzati da un servizio discreto, ma costante, soprattutto attraverso il sacramento della riconciliazione. Don Dante sentiva la comunità di origine «vicina e premurosa nei miei confronti, legame dolcissimo e profondo di vera fraternità». La morte di don Angelo, deceduto nell’ottobre 2015, e alcuni grossi disagi di salute hanno provato molto la persona di don Dante, che si rivelò tuttavia capace di coraggio e di buona testimonianza.

Scriveva: «Capire la sofferenza è importantissimo perché allora hai un atteggiamento di compassione e di partecipazione».

Don Dante, che è andato consumandosi in casa, assistito con delicatezza da parenti, parroci e conoscenti, lascia il ricordo di un pastore che ha coniugato il quotidiano del ministero, i mutamenti dei tempi, la dimensione spirituale e la concretezza pastorale. Guardando alla vita non aveva rimpianti e il suo ministero è stato segnato dalla disponibilità a servire la Chiesa dove questa lo chiamava, nella consapevolezza che situazioni inattese potevano trasformarsi in “doni” che il Signore riservava.

«Quello che mi è accaduto sono stati doni inaspettati, proprio perché non li avevo scelti».

Vista la recente apertura del Giubileo, con i suoi temi ricorrenti, colpiscono due brevi testi di don Dante:

«Mi è stato sempre bello pensare che il cammino sia nella Bibbia come un’immagine della vita dell’uomo, del cammino umano: un cammino fatto insieme nelle tappe della vita».

(Testamento spirituale, 04.07.2014)

«Si va sempre avanti nella vita, non si torna indietro: la vita non è forse un cammino fatto insieme, tenuti per mano dal Signore, con la sollecitudine della Mater Domini e dei nostri santi?»

(26.06.2024, dopo la celebrazione in Seminario del 70° di sacerdozio).

Le esequie saranno celebrate dal vescovo Claudio giovedì 2 gennaio 2025 a Tribano, alle ore 15.30.

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