La Chiesa di Padova piange il primo sacerdote diocesano morto a causa delle complicanze dovute al Covid 19. È don Carlo Targhetta, nato a Padova il 7 febbraio 1934 e morto a Dolo il 18 dicembre 2020.
Don Carlo nasce a Padova, nella parrocchia del Torresino, il 7 febbraio 1934, terzogenito di Fortunato e Giuseppina Pesce. Entra in Seminario a Thiene nell’ottobre del 1945, all’età di 11 anni, alcuni mesi dopo la morte della madre. Ordinato prete il 13 luglio 1958, viene inviato come collaboratore presso il SS. Nome di Gesù alla Pace (Padova) dove rimane per otto anni fino al 1966. Successivamente è cooperatore a Mejaniga fino al 1969, quando passa nella parrocchia di Santa Giustina in Colle.
A Santa Giustina affianca come collaboratore don Cesare Baldresca, anziano e malato, prendendone poi il posto. L’esperienza non risulta semplice, ma sono gli anni che seguono il Vaticano II e don Carlo si impegna a portarne lo spirito nella comunità cristiana: ecco allora la grande attenzione riservata ai giovani, i primi campi scuola parrocchiali (con la grande passione della montagna), il primo Consiglio pastorale. Non mancano un ampliamento della scuola dell’infanzia e il rifacimento del manto di copertura della Chiesa.
Nel settembre 1976 torna nella città di Padova, come parroco di Pontevigodarzere, in un contesto cittadino inquieto che non rendeva serene nemmeno le relazioni comuni. Anche a Pontevigodarzere riparte daccapo con la gente, le riunioni per i giovani, il centro parrocchiale e l’asilo, seminando parole gentili e affettuose che dicevano disponibilità e donavano serenità.
Nella prima domenica dell’ottobre 1983 fa il suo ingresso a Fiesso d’Artico, dove rimane parroco fino alla rinuncia, sopraggiunta nell’estate 2014: 31 anni di vita intensa. Nel 1985 avvia una serie di incontri con i giovani sullo stile del Rinnovamento nello Spirito, nel quale aveva trovato nuove motivazioni al sacerdozio e nuovo slancio per il suo ministero di evangelizzazione. Del 1987 è una grande missione francescana, mentre data due anni dopo la conoscenza, nella parrocchia milanese di Sant’Eustorgio, delle Cellule parrocchiali di evangelizzazione, di cui apprende il metodo proponendolo in parrocchia. Nello stesso anno inizia la proposta dell’adorazione al Santissimo Sacramento, prima con cadenza settimanale, fino a iniziare nel 2002 l’Adorazione eucaristica perpetua (di cui diventa referente per la zona del Nord Italia nel 2009). Del 2013 è un’altra grande missione al popolo con l’inizio della proposta dell’adorazione mensile per i giovani. Don Carlo provava tanta gratitudine per la riuscita dell’adorazione, sentendola come un particolare dono nella storia sociale del paese e del territorio, ma anche convinto – da uomo di preghiera qual era – che tutto sia opera di Dio: l’orazione, la lode e l’intercessione vengono prima dell’annuncio e dell’azione.
Negli anni 1990-1993 don Carlo è membro del Consiglio presbiterale per il vicariato di Dolo. Moderno nel pensiero, cura una pastorale ordinaria e nuova, allo stesso tempo: l’accompagnamento individuale intuitivo e rasserenante, la predicazione libera e sapiente, il culto eucaristico regolare, l’esercizio della misericordia e della paternità attraverso le confessioni, la visita pasquale alle famiglie, le feste della parrocchia, i pellegrinaggi comunitari (Assisi, Roma, Terra Santa, Torino, Ancona), la nascita di alcune storie di vocazioni, i ritiri carismatici, la formazione assidua.
La sua è una storia presbiterale fatta di passione e dedizione, mitezza e generosità, rispetto e discrezione, sorriso contagioso e distacco dalle cose. Uomo dalla parola diretta e ispirata, aveva nel cuore il bene e aveva a cuore il bene; non si proponeva con i tratti dell’orgoglio e viveva le scelte pastorali con la speranza del Risorto. Contestualmente, e tuttavia ricordando la sua amministrazione parsimoniosa e regolare, anche a Fiesso non viene meno l’impegno profuso a più riprese per le opere parrocchiali fino agli ultimi restauri della chiesa avvenuti nel 2014.
Una volta passato l’incarico per motivi di età a don Massimo Donà, continua ad abitare nella canonica di Fiesso come penitenziere e collaboratore. Scrive nell’estate 2014:
«Penso sia conveniente per tutti – e anche per me – non illudersi di essere sempre efficienti fino al giorno della morte: mentre i preti passano, la parrocchia resta e deve continuare con energia il suo cammino di popolo di Dio. Ricordo tante situazioni di questi anni e porto nel cuore la collaborazione umile e serena di tanti parrocchiani e l’entusiasmo con cui hanno realizzato iniziative di apostolato. Ci sono state diverse occasioni in cui i fedeli hanno dato coraggio anche al pastore. Sono passato per le vostre case senza lasciare traccia del Salvatore, ho visto spirare tanti defunti senza fare tutto il possibile perché entrassero degnamente nella vita eterna. Mi toccherà fare tanto purgatorio! Meno male che mi resta ancora un po’ di tempo da vivere per pregare per tutti voi, per quelli che ho scandalizzato e per quelli che, se avessi avuto un po’ più di amore, avrebbero potuto conoscere meglio la bontà di Gesù e la Provvidenza del Padre».
Don Carlo era stato ricoverato all’Ospedale di Dolo a seguito del Covid 19 e la morte lo ha colto in modo quasi inaspettato la sera di venerdì 18 dicembre.
Il funerale sarà celebrato dal vescovo Claudio a Fiesso d’Artico giovedì 24 dicembre, alle ore 9.30.
«Se vorrete conservarmi la vostra amicizia, ve ne sarò grato».