Poco dopo la mezzanotte (19 marzo) ci ha lasciati don Antonio Bortoli all’Opera della Provvidenza. La benedizione della salma sarà sabato mattina, alle ore 10, nel cimitero di Limena dove don Antonio sarà anche sepolto.
Nonostante la semplicità del saluto e della preghiera, cui siamo costretti, il Signore ricompensi davvero don Antonio per il grande servizio svolto nel tempo, in particolare ad Asiago.
Don Antonio nasce a Limena il 30 agosto 1931. Entra in Seminario dopo aver risposto alla domanda provocatoria del parroco che un giorno aveva detto ai chierichetti: «Qui io sto diventando vecchio. C’è bisogno di qualcuno che prenda il mio posto». In Seminario don Antonio trova un ambiente meno vivace e libero di quanto non fosse stato quello familiare (diceva bonariamente di essere in credito con Dio, a questo proposito), ma, ordinato prete il 10 luglio 1955, ebbe modo di rimettersi in discussione e reinventarsi come uomo e come prete a partire dalle situazioni della gente e dai rivolgimenti vissuti di volta in volta. Per questo motivo custodiva una relazione particolare e confidente con Dio, tanto da permettere a coloro che lo incontravano di sentirsi a loro volta liberati da un’immagine di Dio che non passasse attraverso la fiducia, la capacità di amare e un senso della Provvidenza che sapeva di miracoloso.
Da subito è cooperatore a Conselve fino a quando, nel 1958, viene inviato con lo stesso incarico a Montegrotto Terme. Nell’ottobre 1966 è parroco di Borgo San Marco, mentre nel gennaio 1971 ha per lui inizio il lungo incarico che lo vede parroco ad Asiago fino al settembre del 2006.
Ad Asiago mette in risalto la sua notevole personalità, abitata da una grande creatività e da una prontezza di intuizione che gli permettevano di anticipare i tempi, di esprimere idee innovative e di essere un passo avanti in tanti aspetti della consueta pastorale. È stato notato che, senza avere titoli accademici, li avrebbe meritati di gran lunga. L’approfondimento della Parola di Dio, ad esempio, in vista della predicazione è documentato dai suoi libri di omelie che era solito preparare con puntualità e proclamare con calma sicura e senza enfasi. La cura egregia della catechesi, invece, è raccontata dalle tante notti passate, insieme ai collaboratori, per dare a genitori, catechisti e ragazzi degli strumenti catechistici semplici, ma sicuri: quaderni mensili che richiedevano, già allora, un confronto e una verifica tra tutti gli operatori della catechesi, pedagogisti e genitori compresi; una sorta di “vero catechismo”, alternativo a quello tradizionale, per un percorso completo dalla prima elementare alla cresima che talora qualche grande casa editrice gli chiedeva anche di pubblicare, senza ottenerne il consenso.
Allo stesso tempo don Antonio curava la liturgia e aveva il gusto del bello anche nelle celebrazioni, oltre che nella vita, dove evidenziava un aspetto curato e un ordine nel lavoro quotidiano. Amava l’arte, la musica e sapeva suonare molto bene l’organo, abilità che aveva acquisito dal papà, organista nella parrocchia di Limena. Amava viaggiare, stare a tavola in compagnia, il cinema e la lettura anche fuori dagli schemi. Attento allo spirito della comunità, ne sollecitava in ogni occasione la bellezza in quanto Chiesa che cammina assieme: momento privilegiato di questa educazione era la Grande Rogazione della vigilia dell’Ascensione, una tradizione popolare che, ricordando la peste di un tempo, dava (e continua a dare) vita a una processione che si sviluppava per un’intera giornata, toccando i confini della parrocchia.
Don Antonio si prende cura dei giovani cui dedica delle indagini negli anni 1973 e 1976 per comprenderne le intuizioni e le richieste in merito alla fede. Nel luglio 1974 fonda il periodico Asiago ieri, oggi, domani (dopo la chiusura, qualche anno prima de La Squilla Alpina) allo scopo non solo di continuare una pubblicazione cara agli asiaghesi e più ancora agli emigranti, ma anche per avere uno strumento che permettesse «di dialogare, di comunicare i valori profondi del vivere umano e cristiano: un mezzo che ci aiuti e ci stimoli vicendevolmente nella carità», ma anche per evitare che Asiago, col passare del tempo e gli inevitabili cambiamenti, diventasse «un corpo senz’anima, una struttura sociale, economicamente avviata, che si sgretola sul piano dei rapporti umani sotto il peso dei valori terreni».
Nel dicembre 1978 nasce Radio comunità cristiana Altopiano che trasmette non solo celebrazioni liturgiche, ma anche proposte formative di vario genere. Molto attento ai poveri, agli ultimi, agli anziani e ai disabili, ha modo di mostrare la sua profonda umanità attraverso alcune particolari iniziative. Nell’ottobre 1973 viene costituita la Famiglia aperta sul mondo, ospitata presso La casa della Nigrizia, un’iniziativa rivolta a venti bambini, figli di carcerati e prostitute:
«I fanciulli ci vogliono vicini, come amici, per correre con loro verso ciò che è bello e buono, per creare scambi di affetto e di amore. Affrontare il problema di questi “nostri ragazzi” e cercare di risolverlo nell’ambito della nostra comunità serve a mobilitare le nostre più profonde e potenti energie di amore, serve a far riaffiorare il vero senso della vita, a rilanciare correnti di virtù sociali, che sole riescono a controbilanciare quello spirito di sfrenato individualismo che è la caratteristica del nostro tempo. Sono gesti, questi, di cui la nostra società ha un immenso bisogno (…) La grande famiglia asiaghese continuerà a porre al centro della comunità questi “nostri ragazzi”, facendo in modo che mai venga a mancare la bontà del nostro cuore, il sorriso dei nostri volti, l’aiuto delle nostre mani (…) Asiago, piccolo lembo di Chiesa universale, reclama la presenza e l’impegno dei suoi fedeli non solo come logico impegno per il dono della fede ricevuta nel Battesimo».
Nell’ottobre 1981 viene aperto il Centro formazione professionale per invalidi civili, poi Cooperativa sociale san Matteo e san Luigi (nei locali attigui alla canonica): una scuola aperta a tutti i disabili che si propone il recupero psicomotorio dei soggetti portatori di handicap, avviandoli contemporaneamente a un vero e proprio corso professionale. Durante i mesi estivi e invernali, gruppi di persone disabili e genitori si portano negli stessi spazi per «sentirsi compartecipi alla vita quotidiana». «La carità sulle orme di Cristo».
E ci sono da mettere in conto, ad Asiago, anche le tante e inevitabili opere che prendono vita: nel 1971 viene aperta la mostra missionaria afro-asiatica con centro smistamento medicinali e sensibilizzazione missionaria. Nel 1977 viene aperta la scuola materna “Beata Giovanna”, cui viene aggregato, qualche anno dopo, un nido, evolutosi nel tempo. Nel 1981 nasce il cinema Lux sul teatro del patronato che risaliva al 1922 e, via via, arrivano le tante migliore interne ed esterne al duomo, fino alla sistemazione del centro parrocchiale, della sala “Il grillo parlante” e del Ceod, grazie anche a una coraggiosa e pervicace collaborazione con l’amministrazione comunale, sostenuta dalla volontà di difendere lo jus patronatus come importante e qualificante memoria storica di quelle terre.
A partire dal 1980 e fino alla fine del suo mandato, a esclusione degli ultimi anni, don Antonio viene sempre riconfermato vicario foraneo. Con tanti dei preti passati per il vicariato di Asiago, ha costruito relazioni di amicizia, di vicinanza spontanea, di serena collaborazione. Don Antonio sentiva su di sé la responsabilità di custodire i preti, di proteggerli dalle fatiche e dagli inevitabili conflitti. La canonica di Asiago era casa non solo per chi ci abitava, ma per tutti i preti che volessero starci e trovare ascolto: don Antonio, con la sua presenza scanzonata e solare, creava un’atmosfera di famiglia.
Alcune sensibilità trovavano casa nella sua persona, come l’attenzione per i tanti migranti all’estero (da cui i viaggi in Australia) e l’attenzione al fenomeno del turismo. Nel 1974 era stato nominato delegato per la pastorale del turismo per le zone montane di cui avvertiva tantissimo il senso, tanto da spendersi, insieme agli altri parroci dell’Altopiano, per fare in modo che gli ospiti nell’Altopiano si sentissero accolti, ricevessero un messaggio positivo e un ricordo della loro vacanza. Nascono, per questo motivo i convegni teologici (ai quali invita don Luigi Sartori, il teologo J. Ratzinger, Carlo Carretto, ecc.), la raffinata proposta culturale e musicale dell’Asiago Festival (con gli “affreschi musicali” sull’Altopiano), i sussidi per la preghiera, i poster che aiutavano a contemplare e godere la natura. A un seminario interregionale della Cei sul turismo, nel 1981, don Antonio dichiara: «Solo l’uomo è in grado di accettare l’ambiente come scuola, in cui imparare a vivere, ad agire, a relazione con gli altri, a credere e a sperare. Alla scuola dell’ambiente la stessa comunità cristiana acquista un volto, una identità, cioè, tutta particolare che la rendono “irripetibile” e capace di un messaggio “unico” con cui presentarsi all’ospite».
La vita di don Antonio era ricca di relazioni, pur non essendo avvezzo a grandi manifestazioni di affetto. Aveva una parola, ma soprattutto una battuta, per tutti e per tutte le situazioni, con le persone semplici come con le persone importanti. Don Antonio si è proposto come figura di viva spiritualità, sobria e “illuminata”, persona di vedute ampie, innovative, attento ai tempi, dotato di arguzia, sagacità e autoironia. La sua intelligenza creativa trovava spazio in un’ironia coinvolgente e immediata. Magari le sue capacità umane e creative, il suo essere “fucina di idee”, talvolta, lo portavano ad accogliere con fatica punti di vista diversi su quanto aveva già intuito ed elaborato e a non essere sempre collaborativo con gli organismi parrocchiali. Questo fatto, unito a un’innata tendenza a concedere fiducia alle persone, hanno procurato qualche delusione e qualche ferita. Gli ultimi anni ad Asiago sono stati faticosi per una serie di circostanze che hanno reso don Antonio più fragile tanto da indurlo a qualche personale, ma ingiustificato, dubbio sulla bontà del suo operato ad Asiago.
Nel settembre 2006 don Antonio si trasferisce a Padova e diventa apprezzato penitenziere presso la parrocchia del Sacro Cuore in Padova, anche qui evidenziando la sua arguzia, la sua fede, la sua carità e il suo spirito missionario, senza mai lesinare l’aiuto, senza prevaricare su nulla e senza giudizi, ma discreto, collaborativo e ottimista, capace di amicizia umile e buoni consigli. Al Sacro Cuore accompagna anche i gruppi adulti fino al 2014, quando si ritira all’Opera della Provvidenza. Qui la morte lo ha colto dopo la mezzanotte del 19 marzo, solennità di san Giuseppe, quando la Chiesa celebra la paternità messa a servizio di Dio e dei suoi disegni.
«A questo Dio noi non temiamo di chiedere aiuto nelle tristezze della nostra vita: a questo Dio che vive dentro la nostra esperienza non esitiamo di confessare la nostra fragilità e di confidare i nostri problemi. A questo Dio della speranza, della gioia, dell’accoglienza e dell’amicizia si apre la nostra fede. È il Dio che non esita ad affidare anche all’ultimo arrivato un messaggio da portare ai fratelli, affinché anche altri vengano e condividano con lui il cammino della speranza. È il Dio che non ti fa un esame preliminare per accertarsi che tu sia degno di lui, ma ti dice “vieni e vedrai”. È il Dio che non si infastidisce se per anni gli passi accanto senza badare alla sua presenza. Egli sa attendere il tuo interesse per lui, la tua curiosità, la tua fame di verità e di giustizia, il tuo bisogno di amicizia e di amore. Se a voi piace un Dio diverso da questo, fate come credete e andate pure dove Dio vi viene presentato in modo più… dignitoso. Io preferisco questo Dio “umile di cuore”, e sono convinto di non fargli torto nel ripetere sempre che Egli è buono e ci vuole immensamente bene».
La vita di don Antonio è stata invidiabile, desiderabile, piena e molto abitata, tanto da lasciare, in quanti lo hanno conosciuto, un’impronta indelebile. Dopo aver più volte compiuto “il giro del mondo”, come viene chiamata la grande rogazione di Asiago, don Antonio possa ora trovare la serenità presso Dio, dove ogni viaggio trova il suo senso e il suo termine.