Don Aldo Fabris (06.02.1942 – 20.11.2023)
La vita di don Aldo fu molto condizionata da un problema neurologico che già al tempo del Seminario rendeva più difficile la vita ordinaria, impedendogli la deambulazione. La predisposizione del carattere, e forse la situazione di salute, lo avevano reso una persona dal temperamento fortemente sensibile, discreto e riservato, riflessivo e prudente, disponibile e attento, senza che venissero meno in lui la serenità e l’equilibrio. Don Aldo rivelava la sua fisionomia interiore quando il suo volto, sorridente, giungeva a illuminarsi.
Di poche parole, ma efficaci, non appariscente nei modi, sebbene presente alle persone, ironico con discrezione e non propenso alla critica, don Aldo trovava grande ricchezza culturale e spirituale nello studio, in particolare nella conoscenza delle lingue: negli anni del Seminario Maggiore aveva già appreso il tedesco (così vicino al cimbro di Roana) e il russo, tanto che avrebbe poi conseguito la laurea in Letteratura e lingue moderne (1975), con una tesi dal titolo: Un rappresentante della corrente neo-slavofila: Sergej N. Bulgakov. Le lingue slave erano state approfondite presso l’Istituto di filologia slava dell’Università di Padova e con approfondimenti anche all’estero (come a Bratislava). Lo stesso mons. Luigi Sartori, suo compaesano, lo aveva incoraggiato ripetutamente ad approfondire lo studio di alcuni scrittori teologi della Chiesa russa, sostenendolo con l’amicizia. Nel 1976 don Aldo ebbe l’abilitazione all’insegnamento della letteratura inglese. Probabilmente traduttore più che docente, fu anche appassionato di musica, letteratura e arte. Suonava il pianoforte e l’organo, buon conoscitore della tradizione musicale classica.
Destinato da subito quale insegnante nel Seminario Minore per le medie a Thiene e successivamente a Tencarola, nel frattempo prestava il suo servizio festivo a Centrale. Nel 1983 era stato nominato vicario adiutore a Mezzaselva, con residenza nella canonica di Roana e docenza ad Asiago.
Nel 1986 era diventato cappellano della Casa di Cura di Abano Terme, collaborando prima con la parrocchia del Duomo di Abano e successivamente con la parrocchia del Sacro Cuore alle Terme, in particolare nel servizio ai turisti di lingua tedesca. Non mancarono la vicinanza e la frequentazione della comunità luterana di lingua tedesca, anche con incarichi di supplenza.
Nel 1998 fu nominato collaboratore di Monteortone, con una iniziale residenza presso la locale comunità salesiana, prima di prendere casa privatamente. Alla nascita dell’Unità Pastorale di Monteortone, Monterosso e Tramonte (2009), ne era divenuto penitenziere, finché la salute lo permise.
Ritiratosi all’Opera della Provvidenza di Sarmeola nell’agosto 2019, don Aldo ha sofferto il tempo difficile della pandemia, con tutte le restrizioni relazionali che ne sono seguite. La morte lo ha raggiunto nel mattino di lunedì 20 novembre scorso.
Il vescovo Claudio celebrerà le esequie nella chiesa dell’OPSA giovedì 23 novembre, alle 15.30. La salma sarà portata a Roana la mattina di venerdì 24 novembre, qui vi sarà alle 10.30 un momento di preghiera nel cimitero locale prima della sepoltura nella tomba di famiglia.
In occasione della “Festa di metà cammino” 10 marzo 1960, quando il gruppo di Seminario frequentava ancora la seconda liceo, don Aldo aveva scritto:
«La realizzazione del Sacerdozio in chi ad Esso aspira non solo non delude, ma riserva gioie impensate: prova suadente ne è il fatto che ogni Sacerdote, col passar degli anni, sente aumentare la gioia divenuta per lui come qualcosa di intimamente essenziale. E allora, venga, venga presto anche per noi il bramato giorno dell’ordinazione, quando il Tu es Sacerdos in aeternum comincerà finalmente ad essere vero anche per noi! Portiamoci un po’ avanti nel tempo e immaginiamoci distesi là sul presbiterio in quel lontano eppur vicino luglio 1966: già i disegni di Dio su ciascuno di noi stanno per attuarsi. Non è vero che sentiamo il batticuore a quel Sciis illos dignos esse? Sì, ma al Domine non sum dignus che ciascuno di noi sente, succede già un sentimento sollevante. Ed ecco l’imposizione delle mani: ecco la mano di Dio che prende intero possesso del nostro essere, della nostra vita: ecco la mano di Dio che ci benedice e fa scorrere in noi un effluvio straordinario di grazie. Intraducibili sono la forza e la magnificenza della preghiera prima dell’unzione: “Espandi, o Dio, la pienezza delle tue grazie sulle nostre anime, ornale ed arricchiscile con le virtù della giustizia, della costanza, della misericordia, della fortezza, conservaci puri ed immacolati”. Sante mani, profumate ancora di balsamo, che vi levate per la prima volta verso il cielo tenendo il più prezioso tesoro che vi sia sulla terra, voi ci testimoniate la benevolenza divina, di cui noi siamo stati oggetto. Grazie, o Dio! Abbiamo sognato? Noi no; tutto questo sarà vero, tra non molto, per noi, per noi!»