Dalla Zuanna e Trincanato La pandemia non rivoluzionerà relazioni e dinamiche, ma rallenterà ancora la natalità. Lavorare da casa creerà nuovi modelli genitoriali, ma adulti e genitori devono entrare nel dibattio pubblico. Lavoro e scuola. La mente delle famiglie italiane, in questa fase di incertezza post-quarantena, sembra agitarsi anzitutto attorno a queste due preoccupazioni, tanto per i mesi a venire quanto per i prossimi anni. Lo studio “Le famiglie e l’emergenza Covid-19. Una fotografia attuale”, promosso dal Forum nazionale delle associazioni familiari con Rcs sembra non ammettere dubbi, forte delle 12mila interviste condotte tra il 5 e il 15 giugno (ne abbiamo parlato diffusamente nella prima puntata di questo approfondimento nel numero del 19 luglio). Un aspetto interessante di quella stessa ricerca, tuttavia, è rappresentato dal riscontro pressochè unanime di come la convivenza forzata abbia migliorato il dialogo tra coniugi, la relazione con i figli e la collaborazione domestica tra i membri dello stesso nucleo. Fattori che smentiscono voci non del tutto fondate di un boom di divorzi a causa del Coronavirus, con l’Italia che ricalcherebbe il sentiero già percorso dalla Cina. Dai dati emergono comunque alcuni interrogativi che meritano di essere indagati. Come questo virus inciderà nella composizione e nelle dinamiche interne delle famiglie italiane? Quali conseguenze constateremo sul piano della già fragile denatalità di casa nostra? Figli, coniugi, nonni: come si regolarizzeranno queste relazioni alla luce di fatti nuovi e inattesi, come l’avvento del cosidetto smart working (più correttamente lavoro da remoto)?