La celebrazione dei 100 anni dalla firma dell’Armistizio, che pose fine al conflitto tra Italia e Austria-Ungheria, e che favorì la fine della Grande Guerra, è l’occasione per volgere il pensiero a fatti lontani nel tempo, ma profondamente scolpiti nella storia del nostro territorio e anche della Chiesa di Padova, e per rileggere con gli occhi di oggi l’insegnamento e il monito della Storia.
Il 1° agosto 1917 papa Benedetto XV, nella “Nota ai capi dei popoli belligeranti”, non esitò a definire tale conflitto una “inutile strage”. Questa espressione del Pontefice, passata alla storia, non era distante da quelle usate dai Vescovi del Nordest, e in particolare del mio predecessore mons. Luigi Pellizzo, che in quei drammatici mesi quasi ogni giorno scriveva al Papa, raccontando con parole puntuali e accorate ciò che stava accadendo nelle zone di prima linea, e anche in città. Come è noto, la Chiesa di Padova abbraccia un territorio molto vasto – parte della Val d’Astico, parte della Valsugana, l’Altopiano di Asiago, il Monte Grappa, parte del Feltrino, Valdobbiadene –, corrispondente o prossimo a quel fronte che vide impegnati per anni migliaia di nostri fratelli e sorelle in una estenuante guerra di posizione: a stretto contatto con le sofferenze di quelle amate popolazioni della sua Diocesi, cresceva nel cuore di mons. Pellizzo e di tanti altri l’anelito alla pace, unica via per il ritorno a una vita prospera e dignitosa. La “firma per la pace” arrivò finalmente il 3 novembre, nel pomeriggio, a Villa Giusti, in terra padovana. Le campane della vicina chiesa di Mandria alle 18.39 suonarono, e ad esse fecero eco le campane di tutta la città. Il desiderio di pace diventava realtà, e il suono festoso delle campane esprimeva la gioia di tutti.
È importante, nel momento e nel luogo in cui fu apposta la “firma per la pace”, che in tutti noi ritrovi slancio e possibilità di esprimersi quell’intenso desiderio di pace. Il nostro pensiero va prima di tutto a quegli “angoli di mondo” – e non sono pochi – in cui il conflitto armato è presente, troppo spesso dimenticato, a volte anche alimentato dall’esterno. Papa Francesco non si stanca di ripeterci che anche oggi si sta combattendo una terza guerra mondiale a pezzetti: non deve pertanto spegnersi l’impegno di tutti (a partire da chi ha grandi responsabilità politiche ed economiche) a costruire la pace, sempre e in ogni luogo.
Ma vorrei aggiungere: anche qui, in Veneto, in Italia e in Europa, dove da tempo non si vivono conflitti armati, c’è bisogno – sempre e ancora – di alimentare il desiderio della pace con stili e atteggiamenti di pace.
Tutti gli esseri umani desiderano la pace, è l’anelito più profondo, manifestazione del loro desiderio, di infinito, di bellezza, di bene… di Dio in definitiva. Ma il loro animo può essere avvelenato: tale desiderio può essere coperto dal bisogno, spesso indotto, di trovare un nemico a cui attribuire la causa delle proprie difficoltà; può essere soppiantato da una spinta alla conflittualità permanente; può sparire in processi, interiori ed esteriori, di continua segmentazione e disgregazione sociale, di divisione tra un “noi” e un “loro”, che poco a poco si sedimenta come visione della realtà. Il desiderio di pace può essere annacquato da un’indifferenza che non si accorge del male che viene seminato dalle parole violente, dagli slogan volgari, dalle generalizzazioni su categorie di persone, fino a rendere quasi accettabili socialmente pensieri e gesti che pensavamo spariti per sempre dall’orizzonte della nostra civiltà.
Il desiderio di pace pertanto va custodito e riscoperto dentro di noi, attraverso la memoria di ciò che è stato, l’educazione dei più piccoli, il richiamo continuo ai valori, una continua conversione dei cuori. E forse oggi è necessario che si alzino ancora le nostre voci forti a dire che non vogliamo guerre né conflitti contro nessuno, che la violenza delle parole è pericolosa, che nessuno è nemico per definizione, che ogni guerra e ogni violenza – armata, economica, sociale, verbale – è sempre una “inutile strage”.
La “firma per la pace” di 100 anni fa, sia ancora un impegno scritto nel cuore di tutti. Ogni comunità, ogni famiglia, ogni persona sia vigilante su sentimenti e azioni che hanno il sentore della violenza, e si senta chiamata ad essere profeta di pace. Il Dio della pace benedica ogni popolo perché possa crescere in prosperità e pace, e tenga vivo in noi sempre l’impegno radicale per la pace.
Padova, 3 novembre 2018
+ Claudio Cipolla