Alla soglia dei cento anni è tornato al Padre don Floriano Riondato

Il funerale lunedì 11 gennaio alle ore 10.30 in basilica Cattedrale a Padova

All’alba della solennità dell’Epifania del Signore, don Floriano Riondato, classe 1921 (avrebbe compiuto 100 anni il prossimo 11 gennaio), ha lasciato la vita terrena e ora è nella pienezza, tra le braccia del Padre. Aveva da poco festeggiato i 75 anni di sacerdozio in gran parte vissuti al servizio dell’Istituto vescovile Barbarigo, dove arrivò nel 1946, a due anni dall’ordinazione, come insegnante di religione e vicerettore delle scuole medie..

La sua è stata vita spesa per l’educazione dei giovani e con la grande passione della musica, che ha sempre contraddistinto il suo impegno.

Ringraziamo il Signore per la sua vita.

Il funerale di don Floriano sarà celebrato in basilica Cattedrale a Padova lunedì 11 gennaio (giorno del centesimo compleanno) alle ore 10.30.


Mons. FLORIANO RIONDATO – 11 gennaio 1921 – 6 gennaio 2021

Mons. Floriano Riondato ha concluso il suo pellegrinaggio terreno all’alba della grande festa dell’Epifania, a pochi giorni dal compimento del suo centesimo anno di vita. Era nato infatti l’11 gennaio 1921 a Rivale di Pianiga da Giulio e Albina Semenzato. Sin da bambino avverte una grande propensione per la musica che lo accompagnerà fino a quando il Covid nelle ultime settimane lo avrebbe costretto a letto, impedendogli di suonare il suo amato flauto. Scrive nelle memorie:

«In paese era attiva una formidabile corale che animava le principali liturgie. In Avvento la corale percorreva l’intero borgo cantando la chiarastella: quando passava davanti a casa mia, diventavo tutto orecchie. Ad appena quattro anni ero già in grado di ripetere, subito dopo averlo ascoltato, il canto “O dolce felice notte” meravigliosamente intonato da uno dei tenori. Il direttore, sentendomi, esclamò che sarei di sicuro diventato musicista. A dieci anni chiesi in regalo ai miei genitori un mandolino. Papà disse che se avessi avuto cura della coniglia e dei suoi dieci coniglietti, sarei stato accontentato. Accudii gli animali con grande zelo e, non appena raggiunsero una dimensione adeguata, li vendetti: guadagnai esattamente le 5 lire necessarie a comprare un mandolino napoletano che fu il mio primo strumento. In breve, imparai da autodidatta a riprodurre molte delle più famose melodie dell’epoca». 

Nel 1933, a 12 anni Floriano entra nel ginnasio del seminario Minore di Padova – allora ospitato nel “Barcon” di Thiene – dove continua a coltivare la passione per la musica. Sotto la guida di don Luca Candiotto imparò i fondamenti della teoria musicale e i rudimenti della direzione di coro e di orchestra, tanto che, passato al seminario Maggiore, il direttore della schola cantorum, don Guglielmo Zaggia, lo scelse come insegnante di canto gregoriano per la liturgia. Accanto alla musica in quegli anni don Floriano coltiva una profonda conoscenza della teologia e una spiritualità severa, ma segnata anche da una profonda fiducia nella Provvidenza e da una genuina devozione mariana che lo avrebbero accompagnato per tutta la vita. 

Il 29 giugno 1944 Floriano viene ordinato sacerdote dal vescovo mons. Carlo Agostini. Il successivo 20 luglio riceve la nomina a cooperatore nella parrocchia di Camponogara, dove dimostrò grandi doti non solo nell’ambito della musica liturgica, ma anche nella cura dei giovani. Così nel novembre del 1946 il giovane sacerdote è nominato assistente al Collegio Vescovile Barbarigo, dove assume la carica di insegnante di religione e vice-rettore delle scuole medie. Si apre qui il capitolo più lungo e intenso della sua vita: il Barbarigo diventa la sua casa oltre al luogo dove avrebbe profuso tutte le sue migliori energie umane, pastorali e culturali. Pochi anni dopo ottenne anche la cattedra di educazione musicale, continuando ad arricchire la sua triplice vocazione di prete, musicista ed educatore. Vede succedersi cinque rettori, una miriade di professori e migliaia di alunni che guardano a lui come al pilastro del Collegio Barbarigo. 

Fin dalla giovinezza don Floriano presenta un carattere talvolta spigoloso, molto esigente verso se stesso e verso gli altri, determinato nel raggiungere gli obiettivi che si prefiggeva, mai però per la gloria personale che rifuggiva come il «peccato più grande», quanto piuttosto per il bene dei ragazzi e del “suo” Barbarigo. Non sono mancati i riconoscimenti da parte anche delle più importanti istituzioni cittadine e cenacoli culturali che lo hanno insignito di alte onorificenze: quando ciò avveniva, sempre ripeteva: «non è per me, ma per il Barbarigo». Nobile nel tratto e nei modi, curioso e mai pago di sapere, collezionò libri, riviste, enciclopedie, dischi, CD e DVD che avrebbero nel tempo arricchito la biblioteca dell’Istituto, oltre naturalmente a testi di teologia, storia della chiesa e spiritualità utili per la sua formazione personale. 

Don Floriano sembrava uomo di altri tempi, ma in realtà sapeva adattarsi, anche se con una certa fatica, ai cambiamenti e alle innovazioni: accompagna i giovani studenti negli scambi culturali all’estero, ascolta le loro conversazioni e con loro legge i quotidiani; con l’avvento del computer si dota subito di un portatile che lo avrebbe accompagnato fino ai tempi più recenti per raccogliere ricordi, archiviare documenti del Collegio, scrivere le omelie sempre preparate accuratamente, attraverso anche la consultazione di commentari di valore. Pensando alla sua formazione, diceva di avere un solo rammarico: non aver da giovane approfondito lo studio della Scrittura che, divenuto anziano e avendo maggior tempo a disposizione, voleva recuperare. 

Povero ed essenziale nella vita personale, coltivava il gusto del bello nel sistemare e nell’arredare il Collegio, acquistando con i suoi risparmi opere d’arte, facendo restaurare arredi, dipinti e commissionando lui stesso quadri e sculture soprattutto a professori o ex allievi dell’Istituto. Diceva che attraverso la bellezza Dio parla e comunica la sua essenza all’uomo: spesso ripeteva che «è proprio il gusto del bello che differenzia l’uomo dalle bestie». 

Un’altra grande passione che si era portato dietro dal suo paese di origine era la cura della natura, in particolare delle piante: è a lui che si deve lo splendido giardino del Barbarigo, alle sue conoscenze botaniche e alla sua capacità di abbinare fiori e piante diverse di cui andava orgoglioso. Quando si apriva la bella stagione, ma anche con il caldo torrido dell’estate, lo si vedeva quotidianamente in maniche di camicia e l’inseparabile colbacco (nella versione invernale o in quella estiva) abbeverare le piante, concimarle e potarle: diceva che lavorando la terra si affina la mente e si irrobustisce il cuore. E pare proprio che negli anni sia avvenuto così: don Floriano ha goduto sempre di un’ottima salute, nonostante l’età avanzasse, ma anche quando qualcosa non andava si guardava bene dal disturbare i confratelli e tantomeno il rettore che spesso, doveva imporsi di autorità, perché don Floriano si sottoponesse a qualche controllo medico. 

Accanto a queste passioni più terrene, don Floriano ha sempre vissuto con impegno e dedizione il suo ministero presbiterale, rendendosi disponibile per la direzione spirituale di ex allievi cresciuti, di religiose presso i cui conventi si recava per la celebrazione della messa, soprattutto verso i fedeli della vicina parrocchia di San Tommaso Becket, dove ha svolto per decenni il suo servizio di collaboratore festivo finché le forze glielo hanno permesso. 

Nel 2003 il vescovo Antonio lo nomina canonico della Cattedrale con il titolo di San Leopoldo Mandiç: fino all’autunno del 2016, quando vista l’età e l’instabilità delle gambe verrà esonerato dal servizio quotidiano in Duomo, ogni mattina, celebrata la messa alle 7 con la comunità presbiterale del Collegio, si recava in Basilica per l’Ufficio e l’ora terza, fedele e puntuale come un orologio svizzero. 

Sempre padrone di se stesso, ligio all’impegno che si era dato sin da giovane di non essere mai di peso ad alcuno, il Venerdì santo del 2017, alla vigilia dell’inizio dei festeggiamenti per i cento anni del Barbarigo, comunica al rettore e ai preti della comunità ivi residente il suo desiderio di trasferirsi all’Opsa per poter ricevere le cure adeguate e concludere serenamente i suoi giorni. Il vescovo accoglie questa sua richiesta e la Casa della Provvidenza gli spalanca le porte. Inizia l’ultimo capitolo sereno della lunga vita di don Floriano: chi lo va a trovare lo trova tranquillo, dedito alla preghiera, al suono del suo flauto e anche all’insegnamento della musica a infermieri e ospiti; gioviale e accogliente, spesso in compagnia dei suoi album di foto dei lunghi anni trascorsi con i suoi ragazzi e i suoi colleghi: diceva che non riusciva più ad associare i nomi ai volti, ma che lo sfogliare quegli album era il suo modo per ricordare al Signore le persone che avevano segnato la sua lunga vita, di cui tanto grato era al Signore. Furono queste anche le parole che pronunciò in occasione del suo LXXV anniversario di sacerdozio e durante i festeggiamenti per il secolo di vita del Barbarigo, sempre accompagnate dalla parola “grazie” al Signore, alla Chiesa di Padova, al Barbarigo e in questi ultimi anni per l’Opera della Provvidenza che lo ha curato con tanta benevolenza e rispetto. Resta nel cuore il suo sguardo pieno di gioia nel contemplare il Barbarigo completamente restaurato e riportato alla sua antica bellezza: «un regalo grande», disse e a chi gli diceva: «un anticipo per i suoi cento anni» con serenità rispose: «sempre se ci arriverò, ma non importa perché il Signore mi ha già dato più di quanto meritassi». 

Tutto al Barbarigo parla di don Floriano: egli lascia un’eredità morale e culturale alla nostra Diocesi e l’invito a non demordere nell’impegno a educare i giovani secondo i valori del Vangelo e i canoni della bellezza che si manifesta nell’arte e nella musica. 

La Diocesi e il Barbarigo si stavano apprestando a festeggiare i suoi 100 anni. Poi la notizia del contagio da Covid-19 che, tuttavia, non sembrava averne minato la salute di ferro. Almeno fino agli ultimi giorni in cui ha iniziato a dare i primi sintomi di cedimento, fino a quando il Signore, alle prime ore dell’alba dell’Epifania, non ha chiamato a sé il suo servo buono e fedele, per permettergli di gustare in pienezza la gioia dei cori celesti. 

Lunedì 11, giorno del suo compleanno, la Chiesa di Padova celebrerà nella forma più alta il dono della vita e del ministero di don Floriano, presentandolo al Signore ricco di opere e di giorni, nella liturgia esequiale che il vescovo Claudio presiederà in Cattedrale alle ore 10.30. Don Floriano riposerà poi con i suoi cari nel cimitero di Rivale.

La Difesa del popolo uscirà domenica 17 gennaio 2021 con una pagina che raccoglie l’ultima intervista con don Floriano, pochi giorni prima della morte.

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