SANTO NATALE 2018
Santa Messa della notte
Basilica Cattedrale, 24 dicembre 2018
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Omelia
Mi sarebbe piaciuto, ma troveremo il modo in altre occasioni, di poter stringere la mano a tutti voi man mano che venivate in Chiesa, per dirci: “Buon Natale”, per dircelo sia con una stretta di mano, sia anche con uno sguardo e una parola. Perché le nostre parole sono sempre troppo fragili da sole e hanno bisogno di essere accompagnate da altri segni, così come fa sempre la liturgia. E soprattutto con l’intenzione di creare tra di noi sempre più familiarità in modo che sia piacevole potersi incontrare in chiesa e potersi incontrare lungo la strada.
Questa sera, tra l’altro, ho ricordato un anniversario: 100 anni fa, come questa sera, molti cristiani si sono radunati nelle chiese al termine di una guerra, una guerra che ha devastato molta parte del nostro territorio. E ho immaginato, 100 anni fa, come questa notte, quali sentimenti c’erano nel cuore di quelle persone, di quegli uomini e quelle donne, di quei giovani che si radunavano per celebrare il Natale? E ho immaginato di poter fare come un confronto, lo potrà fare ciascuno di noi, tra i sentimenti che allora c’erano nel cuore delle persone e quelli che stasera, e oggi, ci sono nei nostri cuori. Il Signore, la liturgia, la Parola sono sempre quelle, ma incontrano uomini e donne che stanno vivendo momenti diversi e quindi il Signore parla in modo diverso.
Allora, se volessimo immaginare quali fossero i sentimenti, penso che fossero di grande speranza, di fede, dopo un tempo di distruzione, di morte, di guerra. Loro venivano in chiesa con il desiderio di costruire, a cercare la forza, la volontà, le idee per costruire e ricostruire, per ripartire, per i loro figli, per il loro futuro. Era una serata, immagino, carica di Spirito, carica di speranze, carica di vitalità. Nelle nostre chiese, anche allora, si radunava un popolo che guardava al futuro e che si dava questa responsabilità di costruire il futuro, di sognare, di accarezzare idee e progetti; forse quella notte, era proprio un esempio di spiritualità viva di un popolo guidato da uno spirito proiettato verso il futuro.
Lo spazio delle nostre chiese, anche questa sera, la notte del Natale, custodiva e incoraggiava la speranza in un futuro migliore, al quale tutti erano chiamati a partecipare e per il quale i cristiani trovavano nel Vangelo, nella Chiesa e nella fede, forza e coraggio che poi sono andati a distribuire a tutti. È molto importante che anche noi guardiamo a questa notte e che vediamo in questa celebrazione, la nostra vocazione a custodire sguardi verso il futuro, ad alimentare speranze, desideri di amore, di fraternità. È una notte che custodisce tesori e segreti importanti, non solo per noi ma per il mondo intero.
Nel Bambino Gesù, nella sua piccolezza e fragilità, cogliamo con gioia tutto quello che Gesù sarà: la sua dedizione ai poveri, la sua parola consolatrice, i suoi gesti di amore nei confronti di tutti, uomini e donne, ricchi e poveri, la sua passione e la sua Pasqua. In questo Bambino, noi sappiamo che è contenuto tutto questo mistero, e anche noi in Gesù, così come nell’Eucaristia e nella Parola cogliamo la nostra chiamata a servire e a costruire il regno di Dio.
La Chiesa è debitrice al mondo di questo sguardo verso il futuro. Come nel Natale del 1918, come nel Natale in cui è avvenuta la nascita di Gesù, così oggi, 2018, la Chiesa è custode di tutti i germi di bene che il Signore semina nel nostro tempo. Per questo è festa. Luci, colori, canti, suoni, profumi, preghiere, voci, fraternità, tutto vuole annunciare speranza e sguardo credente e fiducioso verso il futuro, sguardo e speranza, fragili come un bambino, ma capaci, come un bambino, di attivare risorse interiori.
Nessuno, allora, può impedire alla Chiesa e a noi cristiani di sognare pace per noi stessi, per le nostre famiglie, per la nostra Città, per il nostro Paese. Anzi, ci onoriamo di custodire come perla preziosa i sogni di Dio per il mondo, sogno di pace che va dall’Africa all’Asia, alle Americhe e all’Europa, dal Nord al Sud del mondo.
Questa notte è notte misteriosa perché ci fa entrare nel disegno di Dio che ama tutti gli uomini. Questa sera noi vogliamo sognare, dobbiamo sognare e credere nel futuro, e dobbiamo credere in un mondo di giustizia, di fratellanza e di amore; sogniamo, speriamo, crediamo e il nostro spirito viene in questo modo inondato di coraggio, di visioni di futuro, di impegno, di servizio per la nostra società.
A volte, la sensazione che possiamo provare è che non sia tanto l’economia o la politica a essere in crisi, quanto la spiritualità dell’uomo e delle donne di oggi, l’attenzione ai valori interiori che rendono bella la vita e che le danno qualità, e che sono costituiti non da beni materiali ma più spesso da relazioni tra di noi, oasi di spiritualità dove potersi rigenerare.
Così è questa notte, così vorrei che fossero le nostre comunità, proprio perché di questo il mondo ha bisogno: oasi dove si è spinti dal Vangelo a scrutare il futuro e l’orizzonte; oasi dove qualcuno può fermarsi per offrire acqua e ristoro ai tanti viandanti; oasi senza le quali i viandanti, coloro che camminano nel deserto, possono morire, soprattutto se sono un po’ fragili come un bambino; oasi aperte a tutti sempre; oasi dove qualcuno potrebbe dirci: – sono parole di don Primo Mazzolari – «Egli viene, e con Lui viene la gioia. Se lo vuoi, ti è vicino; anche se non lo vuoi, ti è vicino. Ti parla, anche se tu non parli; se non l’ami egli ti ama ancor di più. Se ti perdi, viene a cercarti; se non sai camminare ti porta; se tu piangi, sei beato perché ti consola».
Queste parole sono custodite da questa Santa Notte. Buon Natale!
+ Claudio, vescovo