Pentecoste 2022
Apertura Sinodo diocesano
Domenica 5 giugno 2022
Cari fratelli e sorelle, cari componenti dell’Assemblea sinodale, oggi, nella solennità di Pentecoste, viviamo un momento particolarmente significativo della nostra Chiesa di Padova.
Il mio saluto iniziale va ai rappresentanti delle altre chiese cristiane presenti nella nostra Diocesi: la missione evangelizzatrice può farci ritrovare più uniti e in comunione. Un saluto inoltre ai membri della Commissione preparatoria e ai facilitatori degli spazi di dialogo che, coordinati da una generosissima segreteria del Sinodo, hanno caratterizzato l’anno di preparazione al Sinodo diocesano. E al Vescovo di Chioggia – mons. Giampaolo Dianin – che, con la sua presenza quest’oggi, continua a benedirci: era infatti parte della segreteria.
Rivolgo poi un saluto e una parola ai rappresentanti delle Istituzioni, che hanno accolto il nostro invito a partecipare a questa Eucaristia che segna l’inizio del Sinodo diocesano.
Siamo grati per la vostra presenza, e in particolare saluto e ringrazio:
- l’Onorevole Maria Elisabetta Alberti Casellati, presidente del Senato della Repubblica che, insieme con S.E. il Prefetto Raffaele Grassi, apre i nostri orizzonti al nostro Paese, l’Italia, di cui ci sentiamo parte come cittadini responsabili;
- ringrazio per la presenza il Signor sindaco di Padova, Sergio Giordani e il sindaco di Dolo, porzione veneziana della nostra Diocesi, Gianluigi Naletto, in rappresentanza di tutti i sindaci che appartengono alle 5 Province nelle quali si estende la nostra Chiesa diocesana;
- il presidente della Provincia di Padova, Fabio Bui e i rappresentanti delle diverse istituzioni economiche, culturali, militari e sociali.
La contentezza per la vostra presenza è impegno e memoria: ci ricordate per chi vive la Chiesa! La Chiesa vive per il mondo, per servire il mondo e per donare al mondo la gioia del Vangelo. L’alterità della Chiesa, quanto la differenzia dalle organizzazioni sociali, è il suo vero patrimonio ed è il tesoro che essa è chiamata a donare al mondo.
Veniamo da secoli in cui eravamo abituati a essere tra voi maestri, promotori di servizi per i poveri, per i bambini, per gli ammalati, per gli anziani. Per lunghi secoli abbiamo dato orientamento e anima a famiglie, professioni, politiche sociali, istituendo addirittura cooperative, banche, servizi educativi e culturali. Molte delle espressioni artistiche erano manifestazioni di un diffuso sentire religioso e cristiano soprattutto. La memoria dell’opera educativa della Chiesa, dei luoghi e delle esperienze di aggregazione e di formazione, è ancora profondamente scolpita nel cuore di tante generazioni e nella memoria del nostro Paese.
Oggi, per i grandi cambiamenti sociali e culturali di cui spesso siamo stati noi stessi promotori, ci sentiamo più in disparte. Società e cultura hanno continuato il loro cammino di crescita e hanno trasformato in diritti quanto noi offrivamo per carità: la politica, nella sua azione migliore e lungimirante, ha saputo trasformare in leggi e diritti la sensibilità cristiana. Ed ora noi stessi abbiamo maturato che carità e giustizia si richiamano reciprocamente: “Non si può dare per carità ciò che è dovuto per giustizia”, diceva il Concilio e ha insegnato il nostro Mons. Giovanni Nervo.
Il pluralismo dei valori e dei modelli educativi oggi ci rende sempre più un attore tra i tanti, rispetto alla formazione delle nuove generazioni e ai processi culturali.
Siamo contenti del nostro passato e, anche se talvolta si notano antipatie nei nostri confronti da parte di quelli che in precedenza abbiamo aiutato, siamo contenti dell’emancipazione a cui abbiamo assistito: esattamente come fanno i figli nei confronti dei loro padri, quando diventano grandi.
Era terziaria benedettina e quindi espressione della Chiesa Elena Lucrezia Cornaro Piscopia: un vescovo, un santo – Gregorio Barbarigo – le ha conferito la laurea in filosofia; è stato il vescovo di Padova, Nicolò Antonio Giustiniani, il fondatore dell’ospedale Giustinianeo. Come loro, tanti altri cristiani hanno dato il loro contributo per la città, per l’arte, per il benessere sociale, per la libertà, per l’Università – a cui in questo anno speciale manifestiamo il plauso più sincero: lo ricordo non per rivendicazione ma per riprendere oggi il cammino di servizio per gli uomini e le donne in modo consono al nostro tempo.
Ora quindi nella costruzione della città terrena siamo compagni di viaggio, non guide. Siamo con voi, non al di sopra. Possiamo imparare gli uni dagli altri e sentirci fianco a fianco.
Un po’ intimoriti dai tanti e bei cambiamenti, ci chiediamo quale possa essere il nostro nuovo compito per servire gli uomini e le donne di oggi. E questo è il senso ultimo anche del Sinodo che oggi si apre. Se lo Stato, le Amministrazioni pubbliche e l’organizzazione sociale servono i cittadini nei campi essenziali della vita umana, dalla salute alla cultura, dalla formazione al lavoro quale spazio resta aperto per la missione che il Signore e il suo Vangelo hanno assegnato alla Chiesa?
Noi, infatti, custodiamo nel cuore la ferma certezza che il Vangelo abbia ancora molto da dire per la vita degli uomini e delle donne, per guardare ad un futuro sostenibile e umano, per alimentare la forza delle speranze che, pur riguardando le cose materiali e organizzative, rimandano a qualcosa di immateriale e di spirituale.
Come i discepoli con Maria nel Cenacolo invochiamo dall’alto il coraggio e la forza di uscire per una missione nuova, quella di un Vangelo da sperimentare e raccontare ai nostri compagni di strada.
E allora eccoci qui, uniti, Vescovo, presbiteri, diaconi, fedeli laici e consacrati, rappresentanti delle varie realtà ecclesiali e dei territori della nostra diocesi. Uniti dal Battesimo e dal dono dello Spirito, per riprendere il cammino insieme, per fare il punto della strada e con la nostra bussola in mano, il Vangelo e la vita di oggi, esplorare nuovi sentieri.
I sentieri sono forse in larga misura ancora sconosciuti, inesplorati. Il timore e tremore grandi, gli stessi degli apostoli e di Maria, ci portano a non contare tanto su noi stessi, sulla nostra intelligenza e la nostra intraprendenza, sulla tradizione e sulle consuetudini, ma su Dio e sul dono del suo Spirito perché ci insegni a parlare in lingue, quelle che tutti capiscono perché sono quelle della testimonianza, dell’amore, del servizio.
Cari rappresentanti dell’assemblea sinodale, carissimi fedeli della nostra Chiesa di Padova, carissimi presbiteri, voi siete i padri e le madri della Chiesa del futuro: vi chiedo di vivere questa esperienza del Sinodo diocesano come una chiamata che viene dal Signore per dare una nuova forma, per ri-formare appunto la nostra amata Chiesa diocesana, in vista di una più fedele missione per il mondo di oggi.
In occasione dell’Indizione del Sinodo vissuta nel maggio dello scorso anno avevo indicato un’icona liturgica per rappresentare l’anno che ci stava davanti: il tempo della convocazione, quando nelle nostre parrocchie suonano le campane, quando ci si mette in cammino per costruire l’assemblea, quando ci si saluta all’ingresso della Chiesa…
Oggi l’icona liturgica che mi aiuta è quella dell’epiclesi, dell’invocazione dello Spirito tramite l’imposizione della mani. Il presbitero, che presiede l’Eucaristia, compie questo gesto sul pane e sul vino perché divengano il corpo e il sangue di Cristo.
Noi portiamo all’altare le nostre poche e piccole cose, nei segni del pane e del vino. Insieme con il pane e il vino oggi viene consegnata questa nostra assemblea, in particolare i cristiani e le cristiane che sono stati nominati membri dell’Assemblea sinodale, ma anche tutta la nostra Chiesa diocesana perché sia trasformata, come il pane e il vino, in corpo e sangue di Cristo per il mondo.
«Non hanno più vino», farebbe presente Maria, la Madre di Gesù, ma la nostra storia di fede ci insegna che proprio questa è la situazione che interpella la Grazia: «Qualunque cosa vi dica, fatela», dice Maria ai servitori.
A voi sinodali domando di ascoltare insieme quello che il Signore ci dirà di fare, di scoprirlo insieme nella preghiera, nello studio, nell’ascolto profondo, nel confronto tra voi perché il Vangelo è vita per il mondo.
Ci sono alcune piste che, come pionieri, vogliamo esplorare. Forse durante il percorso se ne apriranno altre ad oggi non immaginabili.
La prima è la prospettiva del ritorno al cuore stesso dell’annuncio, dell’annuncio fondamentale di Gesù Cristo morto e risorto e del suo Vangelo di salvezza. È il primo annuncio missionario che deve caratterizzare la nostra pastorale.
Si apre inoltre l’esperienza di essere minoranza, nell’agorà così ricca della società contemporanea, come ai primi tempi dei cristiani. La rilevanza sociale, che in parte ancora abbiamo come Chiesa, nasconde debolezze e fragilità di adesione al Vangelo. Ce ne stiamo accorgendo guardando ai nostri figli, agli adolescenti e ai giovani. Siamo chiamati in questo contesto sociale e culturale a ritessere con spirito missionario, con annuncio nuovo, gli stessi terreni dove la fede può essere offerta: a partire dalla nostre case e dalle nostre famiglie, nel dialogo personale e fraterno, a tu per tu; a partire dalle nostre comunità di base, distribuite capillarmente sul nostro territorio, quelle che ancora oggi custodiscono un patrimonio prezioso di spiritualità, di tradizione e di cultura ispirate al Vangelo.
Un’altra pista di ricerca riguarda il necessario abbandono di strumenti e mezzi ricchi e potenti che nel recente passato si sono manifestati preziosi: ciò richiede forza profetica, unità di intenti e tanta libertà interiore; l’essenzialità e la semplicità vanno cercate perché il nostro annuncio sia ancora attraente e non opacizzato dal contenitore.
Ci aspettano quindi la riscoperta dell’umiltà e della povertà come stile, la carità nella verità come atteggiamento dell’incontro e della relazione, ci aspetta la libertà come condizione delle scelte morali e della vita dei cristiani e delle nostre comunità: un linguaggio nuovo e un vero ascolto.
Ecco la parola “comunità”, che è stata tanto sottolineata dal Sinodo dei giovani del 2018, richiede che la nostra chiesa riparta dalle relazione di fraternità e di sororità per annunciare il Vangelo, per celebrare l’amore fedele del Signore nelle nostre assemblee domenicali, per continuare la sua missione di promozione di giustizia e di pace, per stare nel mondo come anima.
Buon cammino: il Signore Gesù stesso ci sia compagno di strada e lo Spirito ci guidi: la meta è alta e bella! Camminiamo insieme!
+ Claudio Cipolla,
vescovo di Padova