Mons. Ermanno Roberto Tura, teologo padovano, nella notte tra il 23 e il 24 febbraio, in seguito ad infarto ha concluso la sua vita terrena .
Ospite all’Opera della Provvidenza da alcuni anni, negli ultimi giorni era rimasto a letto con febbre alta. Venerdi 23 mattina era stato ricoverato all’ottavo piano del policlinico, con diagnosi di polmonite e nella notte il cuore ha ceduto. Nelle prossime ore pubblicheremo il profilo, al momento ecco il testo dell’epigrafe
Ecco il profilo steso da don Mario Morellato
In un opuscolo del 2012 che raccoglie alcuni suoi ricordi personali, Don Roberto ricorda un episodio curioso e simpatico. Convocato un giorno in episcopio dal Vescovo Filippo Franceschi si sentì bonariamente “rimproverare” di non aver ancora scritto dei libri significativi, ma solo articoli. Racconta: ”Lo sorpresi confessandogli di avere scritto molti volumi. “Quali?”, mi domandò il Vescovo. “I miei alunni”, risposi. Il Vescovo Filippo, a dir la verità, non era bene informato sui libri scritti da Don Roberto.
Nel volume omaggiato dai colleghi al professor Tura per il suo 70mo compleanno, il prof. Celestino Corsato elenca ben 116 titoli di libri ed articoli di carattere scientifico. Riguardano prevalentemente la Teologia Sacramentaria, specifico campo di ricerca e di insegnamento di Don Roberto. Ma anche il Concilio, la Cristologia, i Simboli della fede, i laici nella Chiesa, e, addirittura, il pensiero teologico del Cardinal Ratzinger, conosciuto personalmente a Roana per mezzo di Mons. Sartori. Ha pubblicato tre poderosi volumi per ricordare la figura e il magistero di Mons. Sartori, suo maestro, amico fraterno, ispiratore e modello di vita.
Ma la risposta sui suoi alunni come sua opera prediletta, penso sia semplicemente magnifica e cordialmente condivisa dalla schiera immensa degli alunni. Vien da pensare, istintivamente, a Paolo che ai cristiani di Corinto dice:”La nostra lettera siete voi, scritta nei nostri cuori, conosciuta e letta da tutti, composta da noi, scritta non con l’inchiostro ma con lo Spirito del Dio vivente (2 Cor.3,2).
Per 47 anni (dall’autunno 1964, quando iniziò l’insegnamento di Teologia sostituendo mons. Sartori chiamato a Roma per il Concilio, fino alla sua ultima lezione del 22 maggio del 2011) don Roberto – tutti lo hanno sempre chiamato familiarmente così – è stato davvero un maestro e una guida illuminata e cordiale. Ha formato schiere di Preti e di laici, che dal vivo contatto con la sua persona hanno imparato a gustare non solo la ricchezza mirabile e feconda del depositum fidei, ma anche ad amare la Chiesa da adulti, a vivere i suoi Misteri, a testimoniare con gioia e parresia l’appartenenza al popolo di Dio. Ed anche a vivere in amicizia e cordialità. E lo hanno ricambiato con stima ed affetto, perché, dice la Lettera di Barnaba (19,9):”Amerai come la pupilla del tuo occhio colui che ti dice la parola di Dio”. E per questo Don Roberto è stato anche un vero educatore , che illuminava la mente e scaldava il cuore . Si crede “con la bocca e con il cuore”, dice il titolo di una sua opera. Ha sempre fatto scuola con vera passione, preparando le lezioni con quotidiana scrupolosità,sceglieva le espressioni, indovinava gli esempi, coinvolgeva con le sue battute originali e familiari . A mio avviso ha davvero fatto, sempre, “pastorale”, in senso pieno, perché tutta la sua attenzione era rivolta, non alla ricerca in sè, ma ai destinatari, alla vita da vivere in concretezza, alla attualità delle attese e delle situazioni. alle domande concrete che salivano dalla attualità..
Dall’ottobre 2014, Don Roberto viveva con i Preti Ospiti dell’Opera della Provvidenza. Era stata una sua scelta, consapevole e decisa. Posso testimoniare che, pur conservando la sua sensibilità fine e reattiva, ha vissuto questa scelta in profonda serenità di spirito, non nostalgico, non irrequieto. La sua presenza in mezzo ai Sacerdoti Ospiti, ma anche con il personale, era diventata punto di riferimento equilibrato e rasserenante. Passava le giornate con metodicità precisa, nella preghiera comune e personale, nello studio e nell’aggiornamento, scrupoloso negli appuntamenti telefonici quotidiani con la carissima sorella Suor Rosa ( l’unica familiare rimastagli dopo la morte dei genitori e del fratello), fedele alle sue passeggiate quotidiane, osservatore attento e compiaciuto degli animali del parco e della varietà della flora. Era rassicurato in modo speciale dalla presenza dei medici e degli infermieri, ma ravvivato anche dalla frequenza quotidiana di visite e di iniziative che caratterizzano ormai la vita di Casa Sacerdoti.
Penso che sia dovuto anche a questa serenità e metodicità se Don Roberto è arrivato a superare gli 82 anni (era nato a Gallio l’otto gennaio del 1936). Ma non ha mai goduto di salute perfetta. Ordinato Prete il 10 luglio 1960, venne inviato a Roana come Cooperatore, anche in prospettiva di un aiuto alla sua salute. Vi rimase poco più di due anni e furono anni favolosi, da lui ricordati sempre con immenso piacere. Poi, dopo gli studi a Roma – conclusisi con il Dottorato nel 1966, discutendo una testi sul “Battesimo nelle catechesi di San Cirillo di Gerusalemme” – fu destinato all’insegnamento della Teologia Dogmatica. Venne ad abitare nel Seminario Maggiore e quella fu la sede e l’occupazione principale della sua vita, fino al 2014.
La Facoltà Teologica troverà i tempi e i modi opportuni per ricordare con riconoscenza e stima il servizio prestato da Don Roberto al Seminario, ma anche alla intera Comunità Diocesana. Don Roberto, infatti, non esaurì nell’insegnamento accademico la sua attività. E’ stato Canonico Titolare e poi Onorario del Capitolo della Cattedrale. Per decenni è stato Responsabile ed animatore prezioso della Formazione permanente del clero della Diocesi, è stato guida spirituale dei Laureati Cattolici, ha offerto il suo servizio alla Scuola di Teologia per laici di Padova e di Bassano, alle Religiose Dorotee, e tante altre cose che non è possibile qui ricordare dettagliatamente. Ha svolto tutti questi servizi accompagnandoli costantemente con la sua cordiale generosità, che non era mai separata dalla schiettezza e dalla rigorosità mentale.
Un contributo notevole dato dal prof. Tura riguarda, anche il campo dell’ecumenismo. Sollecitato sicuramente dall’esempio e dalla parola di mons. Sartori, un Maestro indimenticabile su questo campo, Don Roberto è stato attento e pronto ad accogliere le aperture e le ampiezze teologiche e pastorali suscitate dal movimento ecumenico, anche con le sue provocazioni e novità, sempre restando nel rispetto della tradizione. Questo ha dato dimensioni vaste e respiro ampio al suo insegnamento. Nel volume sopra ricordato troviamo un articolo di mons. Sartori in cui individua nell’ecumenismo una delle tre aree principali che qualificano la riflessione e l’insegnamento del prof. Tura (assieme all’area del Concilio Vaticano II, vissuto e studiato con intelletto d’amore, e l’area della teologia sacramentaria) e conclude dichiarando di apprezzare “la sensibilità e l’impegno ecumenico a livello applicativo, capito in profondità ed applicato alla catechesi”.
Non è possibile chiudere un ricordo di don Roberto senza fare un cenno al legame profondo, amoroso, familiare, saporoso, che lo legava alle sue montagne, alle albe e ai tramonti dell’Altopiano di Asiago, al trascolorar autunnale dei faggi, al rincorrersi delle stagioni, alla sua gente, alle tradizioni popolari, ai ricordi spesso ruvidi e dolorosi della sua infanzia, ai recuperanti, ai residui linguistici della lingua cimbra. Erano cose che facevano parte costitutiva della sua stessa persona, riferimenti che fornivano immagini sempre nuove anche alla sua cultura e al suo insegnamento, memorie vive che egli custodiva nel cuore e di cui si nutriva. Quando ne parlava diventava poeta. Dedicò a questi suoi ricordi e legami, due piccoli opuscoli: uno per ricordare la sua infanzia a Gallio (L’alba sull’altopiano) e un altro per raccogliere i ricordi delle sue esperienze di giovane prete cappellano a Roana. Sono perle deliziose che ci aiutano a completare armoniosamente la percezione della personalità di don Roberto. Avvolgono con una veste di rinnovata simpatia e riconoscenza il gran bene che egli ci ha lasciato, come prete e come uomo.