È un grande momento di Grazia: il Signore risorto è vivo, è in mezzo a noi!
Lo aveva già incontrato Maria di Magdala, quando lo aveva scambiato per il custode del giardino; lo avevano incontrato di persona i discepoli chiusi per timore dei giudei, quella volta che Tommaso era assente; poi lo aveva incontrato anche lo stesso Tommaso quando gli si è prostrato ai piedi e lo ha chiamato “mio Signore e mio Dio”; poi Paolo, lungo la strada di Damasco, e poi tanti altri, anche in 500 in una sola volta.
Poi lungo i secoli di questa nostra storia di salvezza, tanti cristiani lo hanno visto: alcuni li invocheremo perché si uniscano alla nostra preghiera. D’altronde dalla Pasqua di Gesù è nata una comunità nuova che oltrepassa i confini della nostra condizione umana: è la santa madre Chiesa, capace di comunione tra i santi!
Sono migliaia e milioni coloro che hanno avuto la Grazia di vedere Gesù che sta, abita fedelmente, in mezzo alla loro vita e alla loro comunità!
Oggi si celebra quell’evento! Viviamo quell’evento.
Porte chiuse, paure, peccati…: sono le condizioni di sempre, sono le condizioni anche del nostro vivere: in queste precise condizioni, in mezzo a noi, forte e fedele, c’è il Signore Gesù!
In questo eterno ottavo giorno, a cui ci porta la liturgia settimanale della domenica, l’evangelista Giovanni come ci riferisce nell’introduzione dell’Apocalisse, ha vissuto una esperienza tanto forte e singolare che cadde a terra come morto. Ma Egli, il Risorto, il testimone fedele, il primogenito dei morti e il sovrano dei re della terra, Egli che ci ama e ci ha liberati dai nostri peccati con il suo sangue, Egli che ha fatto di noi un regno di sacerdoti, dichiara Giovanni, posando su di me la sua destra, disse: «Non temere! Io sono il Primo e l’ultimo, il vivente. Ero morto, ma ora vivo per sempre e ho le chiavi della morte e degli inferi».
Anche voi candidati al ministero presbiterale, non temete!
Anche voi amici e famigliari, anche voi comunità cristiane che avete cresciuto questi vostri figli; anche voi diaconi, presbiteri, monaci, frati e suore, non temete!
Anche voi giovani qui presenti, così numerosi, in cui pongo tanta speranza e fiducia per il futuro della nostra Chiesa diocesana, non temete!
Il Signore è in mezzo a noi, sta fedelmente in mezzo a noi: egli è entrato nella vita delle nostra Chiesa e di ciascuno dei suoi componenti e la sorregge con la perenne effusione del suo Spirito.
Soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito santo». Questo è avvenuto duemila anni fa; questo avviene questa sera, questo avviene in ogni assemblea domenicale.
Il testo in origine non aveva l’articolo e quindi suonava così: «ricevete Spirito Santo». È un’azione continua: sempre il Signore effonde il suo spirito. Egli sta in mezzo a noi come una sorgente di Spirito a cui attingere. Se togliesse il suo Spirito moriremmo. È una fontana perenne.
Gesù soffia lo Spirito perché è gesto di creazione; è realizzazione di profezie, è spinta e sprone per il futuro della terra. E Gesù è il garante della perenne effusione dello Spirito santo.
Pace dunque a tutti voi qui presenti. Il Signore sia nel vostro cuore e nella vostra vita: accoglietelo, ogni domenica! Lasciatevene colmare cuore, sensi, corpo, relazioni… siate appunto colmi di Spirito santo: Gesù ce ne fa dono abbondante e generoso, ci disseta fino a che possiamo assorbirne.
L’imposizione delle mani, sul pane e sul vino, e questa sera sul capo degli ordinandi, il silenzio che indica la sospensione della nostra parte, di quanto è possibile a noi, sarà ricordo di questa effusione, di Dio che agisce e crea!
Gesù effonde Spirito per tutti suoi discepoli e li costituisce in Chiesa, abbeverata dall’unico e medesimo Spirito.
È la ricchezza delle nostre diversità che ci rende belli e rende gloria al Padre. Guardate anche questa assemblea: non la quantità o la grandezza dei numeri, ma la varietà delle nostre presenze, con i nostri colori tanto diversi: bambini e vecchi, uomini e donne; e poi ci sono vescovo, presbiteri, diaconi, catechisti, animatori di liturgia e di carità, ci sono missionari mandati lontani e altri inviati in missione da noi, cantori e musicisti; ci sono genitori ed educatori, fratelli e sorelle… ma tutti viviamo dello stesso Spirito, ci abbeveriamo alla stessa sorgente. E in questa rete complessa il Padre sta realizzando i suoi progetti di amore e di pace per tutti gli uomini. A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune. E ogni storia personale, per quanto particolare, si integra nello stesso disegno di pace e di gioia.
Quando Giovanni riportando le parole di Gesù dice «come il Padre ha mandato me, anch’io mando voi» si riferisce alla “Chiesa” così come si realizza in un territorio. Qui è stata convocata come serva e con la sua vita annuncia l’amore gratuito del Padre; amore gratuito e misericordioso! Quindi il mandato di Gesù non riguarda voi 8, ma tutti, tutte le nostre comunità, tutta la Chiesa.
A voi è data una manifestazione particolare dello Spirito: la capacità di presiedere il cammino di una comunità, la capacità di prendere iniziativa come farebbe un padre nei confronti dei suoi figli; la forza di intuire percorsi e strade per il futuro delle nostre comunità; a voi è data la potenza di perdonare come il padre misericordioso, di costruire ponti di riconciliazione e di pace tra i cristiani; a voi lo spirito dà la forza di tenere aperti legami con tutte le altre comunità e di servire la comunione cattolica ed universale, ma anche di conservare la comunione di fede tra generazioni; a voi il Signore chiede di essere segno della sua presenza di risorto nelle assemblee domenicali quando saluterete i fedeli del Signore dicendo «Il Signore sia con voi».
A voi l’onore di proclamare che è Gesù il vero e buon pastore e noi siamo suoi segni, strumenti fragili e inadeguati della sua opera continua e meravigliosa.
Non spetta a voi fare i catechisti, o i diaconi, o gli educatori… A voi spetta vedere dove lo Spirito si comunica e si posa per l’annuncio, per la carità, per la lode e ricondurne i depositari all’armonia dell’unico corpo, la Chiesa.
È molto bello e coinvolgente il vostro carisma e non può più essere sacrificato supplendo alle disobbedienze di altri, o assommando in sé tutti i doni dello Spirito. Sarebbe più comodo o veloce, ma non è metodo adeguato per far crescere le comunità affidate alla vostra temporanea presidenza.
Il soffio dello Spirito è per voi soffio di paternità: il Signore vi fa padri. Egli vi affida i suoi figli e vi chiede speciale attenzione per i più difficili, quelli più lontani, quelli più arrabbiati; spetta ai padri fare il primo passo, sempre. Vi affida i più sofferenti, i dimenticati… C’è un bel esempio della paternità di Dio a voi comunicata con il soffio dello Spirito: la paternità di Gesù.
Lo “stare in mezzo” di Gesù è segno che non abbiamo altri riferimenti importanti come lui e che per servirlo dobbiamo stare accanto a lui, nella sua comunità. Non dobbiamo cedere alle tentazioni mondane: non saranno le nostre abilità umane a permetterci di esercitare il nostro ministero. Anche se fossimo i primi in qualche arte musicale o fotografica, in una scienza psicologica, sociale, politica; se avessimo a disposizione mezzi potenti nel campo della comunicazione o delle ricchezze… tutto questo non aiuterebbe il nostro ministero, ma lo metterebbe in ombra.
Per l’esercizio di paternità a cui siete stati chiamati e abilitati, anche voi potete e dovete abbeverarvi: la fonte è la stessa per tutti, l’Eucaristica della domenica. Non solo siete padri delle comunità mandate dal Signore nel mondo, ma con umiltà riconoscete che voi siete soltanto “uno” dei carismi, che vive solo insieme con tutti gli altri, discepoli accanto ad altri discepoli, grandi perché servi.
La nostra forza invece è nella perenne effusione di Spirito santo che il Signore risorto garantisce donando fecondità e potenza al nostro ministero.
+ Claudio Cipolla, vescovo di Padova