Marcia Diocesana per la Pace 2025
Semi di speranza
Domenica 26 gennaio 2025
Omelia
Ci troviamo in Galilea e queste che abbiamo appena ascoltato sono le prime parole che Gesù pronuncia a casa sua, a Nazareth, “dove era cresciuto”, annota l’evangelista Luca.
Tra i suoi paesani, parenti e amici di una vita egli inizia il suo ministero pubblico.
Gesù è appena tornato dal Battesimo nel fiume Giordano e dal tempo delle tentazioni nel deserto ed ora, nella sinagoga della sua infanzia, con parole precise, intende indicare a tutti il senso e lo scopo di tutta la sua missione.
Le parole del rotolo che gli viene consegnato sono tratte dal capitolo 61° del libro del profeta Isaia, parole che dopo secoli di attesa, sembrano improvvisamente prendere vita e trovare concretezza in Cristo.
Il figlio di Giuseppe il falegname è in realtà il Messia atteso, il Principe della Pace.
La sua presenza è una buona notizia per i poveri, è liberazione per i prigionieri, è vista per i ciechi, è libertà per gli oppressi, è anno giubilare per quanti lo accolgono: è speranza!
Proprio per questo, riavvolto il rotolo, Gesù aggiunge: «Oggi si è compiuta questa Scrittura che voi avete ascoltato».
Oggi! Domenica 26 gennaio 2025.
La parola oggi in realtà più che consolarci sembra spegnere le speranze perché ancora non si impara a vivere facendo tesoro delle esperienze della storia. La memoria dell’olocausto a cui si dedica la giornata di domani, la terza guerra mondiale a pezzi, la nostra società così confusa, le nostre famiglie messe alla prova su mille fronti, le nostre fatiche personali, più o meno nascoste. C’è chi di noi tende allora a rifugiarsi in certe nostalgie del passato, chi invece in certe utopie del futuro.
In questi giorni l’accordo sottoscritto da Israele e Hamas per il cessate il fuoco a Gaza e per la liberazione degli ostaggi israeliani e dei detenuti palestinesi sembrano riecheggiare la profezia di Isaia. Eppure il dono della pace ci sembra un miraggio così distante dall’oggi, tantomeno dal futuro che ci attende.
Oggi siamo qui, ancora una volta, come discepoli del Signore, e con la sua grazia, siamo stati chiamati a percorrere i suoi passi, perché si compiano ogni giorno, per tutti, le parole di Isaia. Rinnoviamo la nostra speranza.
Agli orecchi del mondo credere nella pace pare una follia, e allora ancor di più come cristiani abbiamo la responsabilità di testimoniare che solo relazioni autentiche costruiscono la pace, solo relazioni di rispetto, di riconoscimento reciproco, di non violenza sono garanzia di pace.
Non possiamo cedere all’inganno della logica della deterrenza, non possiamo educare i nostri ragazzi alla legge della prevaricazione, della sicurezza fondata sulle armi. Non possiamo ingannarli, non possiamo farli crescere nella contrapposizione, non possiamo togliere loro il futuro.
E il primo giogo di cui dobbiamo liberarci è culturale. Abbiamo bisogno di liberarci dal giogo dell’onnipotenza e della prepotenza, e accogliere la verità della nostra fragilità che ci rende più comprensivi e aperti al confronto e all’aiuto reciproco. La sicurezza reale su cui fare affidamento è il rispetto della dignità di ogni persona e il legame di solidarietà che permette di realizzare il sogno di felicità che Dio ha per le sue creature.
Quanto il rispetto e l’accoglienza della diversità possono essere segno tangibile di speranza ce lo hanno testimoniato gli amici della Cooperativa sociale il Graticolato.
Inoltre, le profonde testimonianze ascoltate all’inizio e alla fine della marcia – e ringrazio Ali, Mohsen e il dott. Luca Livio – ci hanno permesso di capire che i conflitti sono un’atrocità e sono la conseguenza e la causa di condizione d’ingiustizia e diseguaglianza.
È stato toccante caricarci di un paese in guerra, ci ha permesso di interrogarci se le nostre scelte quotidiane possono in qualche modo renderci complici di tali situazioni.
Ringrazio gli amici delle comunità del Graticolato e in particolare di Arsego e di S. Giustina in Colle che con i loro messaggi disseminati lungo il tragitto e i meravigliosi disegni dei più piccoli ci hanno aperto la strada del Giubileo come evento che ci spinge a ricercare la giustizia liberante di Dio su tutta la terra.
Proprio a partire da una terra che porta l’indelebile ricordo dell’assurdità del male, della cecità dell’odio, della brutalità della guerra, esprimiamo il nostro desiderio che nessun bambino veda più quello che videro gli occhi di Don Giorgio Verzotto che, allora dodicenne, corse in piazza a vedere cosa era successo e racconta che giunse per primo, solo e trovò i corpi trucidati appena spenti e inzuppati di sangue ancora vivo, rovesciati sulla polvere, lungo la piccola mura rossa (la muretta dei loro giochi) a ridosso del terrapieno che sostiene la gigante chiesa… e tra loro il parroco e il cappellano.
Ricordiamoci quanto ci ha detto Gemma, sindaca del Consiglio Comunale dei Ragazzi: – la pace non è qualcosa di distante e impossibile, anzi, è nelle nostre mani attraverso ogni piccolo gesto, come un sorriso o una parola dolce. – È così che si disarmano i cuori!
Come figli del Dio della pace preghiamo affinché il Signore ci doni la sua pace e operiamo instancabilmente per seminare speranza e costruire relazioni di pace. La nostra Forza è nel Signore e la sua Parola è guida ai nostri passi.
+ Claudio Cipolla