In corrispondenza con la presentazione – mercoledì 19 giugno 2024 – del Report Statistico di Caritas italiana sulle povertà relativo all’anno 2023, anche l’Osservatorio sulle povertà e le risorse di Caritas Padova ha proposto una prima sintesi di dati, concentrata in particolare sull’attività di 37 Centri di ascolto vicariali e 16 parrocchiali della Diocesi di Padova.
Dati che trovano una buona corrispondenza con quelli relativi al 2022 e che segnalano una tendenza, già visibile negli ultimi anni, a una progressiva riduzione delle persone che si rivolgono ai Centri di Ascolto e una variazione stessa delle persone. Evidenza però che non ha come diretta conseguenza l’emancipazione dalla povertà o una diminuzione della povertà. Infatti si nota che se il numero totale delle persone che nel 2023 si sono rivolte ai Centri di Ascolto Caritas sono state 2.016 (1.420 nei Centri di ascolto vicariali e 596 in quelli parrocchiali), con un calo del 4,2% rispetto all’anno prima, di queste, un migliaio – il 56,4% delle persone che si sono rivolte per la prima volta ai Centri di ascolto vicariali e il 25,7% degli accessi ai Centri di ascolto parrocchiali – rappresentano “nuovi” accessi.
Nel complesso delle 2.016 persone incontrate (1.246 donne e 769 uomini), l’età media è compresa tra i 35 e i 54 anni, con una piccola percentuale (1,2%) di giovani tra i 18 e i 24 anni e un 14,8% (298) di persone over 65. Gli italiani sono il 44,6% del totale (899 persone), mentre il 49,6% ha cittadinanza straniera e il rimanente presenta situazioni diverse come doppia cittadinanza o apolidia. Tra le persone straniere sono quattro le cittadinanze prevalenti: Marocco (345), Nigeria (169), Romania (81), Moldavia (78).
Per quanto riguarda lo stato civile: prevalgono i coniugati (42,6%) con almeno un figlio, seguono le persone singole (16,9%), separati o divorziati, vedovi.
Il 78,1% delle persone ha dichiarato di avere un domicilio.
La tipologia delle richieste espresse si concentra in particolare su: “beni e servizi” (es. generi alimentari) 60,2% per un totale di 1.213 persone; spese legate all’alloggio (38,3%), ascolto (33,25%), interventi collegati alla salute (4,9%) o alla scuola e formazione (3,6%) con una distribuzione pressoché equa tra italiani e persone di altra nazionalità.
«La maggior parte delle persone, circa il 62%, che si rivolge ai Centri di ascolto – commenta Marta Gaboardi, coordinatrice Osservatorio sulle povertà e le risorse di Caritas Padova, ricercatrice del Dipartimento di psicologia dello sviluppo e della socializzazione, Unipd – sono donne. Tra di loro la maggior parte è di nazionalità marocchina e nigeriana e ha uno o più figli. Questo ci parla di un profilo di donna che si fa carico dei problemi della famiglia, soprattutto per essere aiutata nei beni materiali o per le spese della casa (bollette, beni di prima necessità). I Centri di ascolto sono un luogo in cui poter intercettare persone che non vivono grave marginalità, ma che hanno comunque bisogno di un aiuto concreto o di ascolto o di capire come fronteggiare alcune difficoltà che si ripercuotano sui figli minori. Si registra inoltre un aumento delle persone con più di 65 anni – circa il 15% – che non hanno sufficienti risorse per vivere dignitosamente e questo è un dato su cui dobbiamo riflettere e pensare a delle soluzioni».
A margine del report 2023 Caritas Padova ha fatto anche un’estrazione di dati relativi al primo trimestre 2024 e l’ha raffrontata con lo stesso periodo dell’anno precedente: in questo caso appare un dato in controtendenza, ossia un aumento del numero relativo degli accessi, riconducibile in gran parte alla chiusura del Reddito di cittadinanza.
«Nei primi tre mesi del 2024 – commenta il responsabile di Caritas Padova, Lorenzo Rampon – stiamo invece registrando, rispetto allo stesso periodo del 2023, un aumento di circa il 6% di persone che si affacciano ai nostri servizi vicariali e parrocchiali. Questo dato lo valutiamo come una possibile conseguenza della chiusura del Reddito di cittadinanza e dell’avvio delle altre due politiche di contrasto alla povertà – Assegno di inclusione (ADI) e Supporto formazione lavoro (SFL) – che sembrano essere meno efficaci, in quanto intercettano solo un terzo delle persone sostenute precedentemente dal Reddito di cittadinanza».