Don Giovanni Ferraresso riposa tra le braccia del Padre

È mancato nella notte di martedì 4 giugno 2024 – Le esequie venerdì 7 giugno alle ore 15.30 a Fossò

Don Giovanni Ferraresso
 Fossò (Ve), 26 gennaio 1934 – Padova 4 giugno 2024

Martedì 4 giugno 2024, prima della mezzanotte, è deceduto all’ospedale Sant’Antonio (in Padova) don Giovanni Ferraresso, dopo un ricovero d’urgenza durato soltanto qualche ora.

Figlio di Dorino e di Teresa Rizzo, era nato a Fossò il 26 gennaio 1934. Frequentate le scuole elementari tra il 1940 e il 1944, negli anni della guerra (con relativo spostamento delle sedi scolastiche e cambio di insegnanti), cominciò a lavorare come garzone calzolaio a Vigonovo e Fossò, assieme al fratello e al cognato. «Avevo quasi imparato a fare scarpe. Cucivo spesso le suole delle scarpe da donna con spago e subbia dentro e fuori, e impiegavo meno di 20 minuti per una; facevo la gara con gli altri per vedere chi faceva più presto; spesso vincevo io».

Avvertita come sincera la vocazione al sacerdozio, nell’estate 1949 lasciò il lavoro e ritornò agli studi, con l’aiuto di un maestro locale, per superare l’ammissione alle medie di Dolo, senza successo. Inizialmente non lo si volle accogliere nel Seminario di Thiene, visto il mancato diploma di ammissione, fino a che, su insistenza di più persone, fu accolto in prova, sorprendendo subito i superiori per la socievolezza del carattere, nonostante la differenza di età con i compagni di classe. Regolarizzato il percorso scolastico, continuò il tempo della formazione fino all’ordinazione presbiterale, che giunse il giorno 8 luglio 1962. Gli ordinati furono 36: di questi, 31 «avevano condiviso ansie e fatiche per tanti anni». Al vecchio parroco di Fossò, don Giovanni Roncaglia, attribuiva la vocazione sua, come quelle di don Gianfranco Lazzarin e don Riccardo Poletto.

«La prima nomina mi è giunta per cartolina postale da Mons. Giuseppe Pretto: cappellano a Villa Estense. In corriera, con la valigia e la bicicletta, vi sono arrivato verso mezzogiorno, sabato 28 agosto 1962. (…) Dopo le prime titubanze di inizio con l’Arciprete, don Antonio Crivellaro, mi sono trovato subito bene; con sapienza, e amore mi ha guidato nelle prime esperienze pastorali. (…) Quando ho lasciato Villa Estense, l’Arciprete, commosso, mi ha accompagnato fin fuori dalla porta della canonica, senza parole, con le lacrime agli occhi».

Nell’autunno 1966 fu nominato cooperatore a Montegrotto Terme: «Ricordo che ho corso tanto per le strade di Montegrotto e ho coltivato l’amicizia». Nell’ottobre 1972 fu mandato come parroco a Brenta dell’Abbà: gli interni della chiesa, per la gran parte, erano ancora grezzi e vi lavorò con generosità. «A Brenta sono stato accolto con entusiasmo; avevo 38 anni e il mio predecessore si ritirava a 77 anni. Mi sono reso conto che è facile succedere ad un anziano. (…) Ho amato e servito con diligenza questa mia prima parrocchia: ero amico di tutti e loro mi hanno ricambiato. Nel Comune di Correzzola questa frazione era considerata un’isola nel deserto».

Nel 1980 divenne parroco a Paluello, in un contesto meno semplice, e nel novembre 1985 fu voluto cappellano presso l’ospedale di Dolo, incarico che si concluse nel 2010: «A Dolo fui per quasi 25 anni, quale umile strumento di Cristo per la salvezza delle anime». Nelle corsie dell’ospedale don Giovanni fu molto presente, riservandosi soltanto dei periodi di sosta per visitare la sorella religiosa Rosalia, delle Dorotee di Vicenza, che operò nel Napo (in Ecuador) dal 1954 al 1998 (poi deceduta nel 2010).

Terminato il servizio all’ospedale e messa la residenza presso Casa del clero, collaborò in modo informale con la parrocchia di San Daniele e con l’Istituto Luigi Configliachi di Padova fino al 2020. «Senza impegni precisi i giorni passano sereni e sono contento. Con le energie che mi rimangono, specialmente per la messa e le confessioni, su mia accettazione, sono a disposizione di istituti e parrocchie; in alcuni sono già andato più volte. Grazie a Dio la salute è sempre buona. (…) In questa casa posso pregare meglio e di più per la Chiesa, per l’umanità, solo per la gloria di Dio finché Egli vorrà». In Casa del clero don Giovanni ha continuato a dedicarsi ad ago e filo, conservando la macchina da cucire della mamma, con la quale faceva qualche lavoretto, fino agli ultimi giorni. Teneva a portata di mano altri attrezzi da lavoro, «per non dipendere dagli altri» e anche perché oggetti ricevuti in regalo da persone affezionate.

Uomo pratico, persona grintosa, risoluta e precisa, don Giovanni annotava: «Da seminarista e da prete ho sempre considerato bene adoperato il tempo dedicato alla preghiera. Ho cercato di coltivare l’unione con Dio; ho cercato di camminare sempre con il Signore, lavorato volentieri e sempre con retta intenzione. Col passare degli anni sono maturati in me lo spirito di fede, l’amore per Dio e per il prossimo. Ho faticato e mi sono donato a tanti sempre per il Signore e per le anime. Il tempo mi è sempre vorrei dire “scappato veloce” quando andavo in udienza da Dio nella preghiera. Io non lo ringrazierò mai abbastanza».

In Casa del clero, nei momenti di festa, si poteva vedere don Giovanni servire a tutti lo spumante, quasi fosse una sorta di cantiniere, ma soprattutto seguiva fiori, aiuole e piante: «Mi sono sempre piaciuti i fiori. Ne ho coltivati. Ho procurato che in chiesa ce ne fossero sempre, senza esagerazione. Nei fiori e nel creato spesso ho contemplato la Sapienza, la Potenza, la Bontà e la Bellezza del Creatore. Pensando alle meraviglie del creato spesso sono stato aiutato nella preghiera di lode e di adorazione. In confidenza spesso ho consegnato a tutto il creato il compito di glorificare Dio a nome dell’umanità intera». Circostanza vuole che soltanto qualche giorno fa don Giovanni abbia dato a un altro ospite di Casa del clero l’incarico di occuparsi dei fiori della Casa, dopo aver passato alcune consegne pratiche…

«Per l’opera di Dio voglio dire il mio più grande grazie con tutte le capacità del mio essere e desidero cantare per l’eternità assieme a tutti gli essere intelligenti e non; con tutta la stragrande valanga di luce e calore esistente nell’universo, voglio cantare l’inno di lode e di riconoscenza a Dio, amante della vita e della bellezza» (Testamento spirituale, 31.08.2019).

Le esequie saranno celebrate a Fossò venerdì 7 giugno, alle ore 15.30. A presiederle sarà il vicario generale, essendo il vescovo Claudio impegnato con il pellegrinaggio dell’Unitalsi a Lourdes. Dopo la celebrazione, la salma riposerà nel cimitero locale.

«Credo la risurrezione della carne e la vita eterna, assieme alla Madre di Dio e Madre della Chiesa, con gli angeli, con i santi, con i salvati, con quanti sono stati da me aiutati con la grazia di Dio per la vita beata nella casa del Padre» (Testamento spirituale).

Alcuni dei passaggi biografici del profilo sono stati ripresi dal testo Vi chiamo amici (Gv 15,15). Ricordi e confidenze 1962-2012, voluto dagli ordinati nel 1962 in occasione del 50° anniversario.

 

 

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