«Anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli». Questo versetto della prima lettera di Giovanni è il tema della 22a giornata mondiale del malato che la Chiesa universale celebra l'11 febbraio. In basilica del Santo a Padova, il vescovo mons. Antonio Mattiazzo, martedì 11 febbraio 2014 , ha presieduto la celebrazione eucaristica, concelebrata da padre Enzo Poiana, rettore della basilica antoniana, don Matteo Naletto, delegato diocesano per la Pastorale della salute e altri presbiteri.
Numerosissimi i fedeli accorsi, malati e non, operatori e volontari del mondo della santità.
Il vescovo Antonio così si è rivolto ai malati: «un affettuoso saluto soprattutto a voi, cari fratelli e sorelle malati, siete voi al centro di questa giornata e i destinatari privilegiati del nostro affetto, della nostra preghiera e della cura materna della Chiesa. Con la vostra preghiera e l'offerta delle vostra sofferenza voi siete i protagonisti di un importante prezioso ed esemplare sostegno spirituale a tutta la Chiesa».
«Non dimeticatelo mai!» – ha sottolineato mons. Mattiazzo – «non fate mancare a noi Chiesa, società e al mondo il vostro prezioso aiuto».
Il vescovo Antonio ha ripercorso alcuni tratti del messaggio di Papa Francesco per questa giornata, sottolineando l'affinità tra la sofferenza dei malati e quella di Cristo: «Quando il Figlio di Dio è salito sulla croce ha distrutto la solitudine della sofferenza e ne ha illuminato l’oscurità».
Parole di sostegno, incoraggiamento e gratitudine sono andate a tutti i “Buoni samaritani” del quotidiano: operatori sanitari, membri delle cappellanie ospedaliere, presbiteri, diaconi religiosi e religiose, laici, volontari e quanti operano in numerose strutture sanitarie pubbliche e private. È in particolare «a quei familiari, che sono per voi malati e sofferenti, non il “Buon samaritano” occasionale e di passaggio, ma quotidiano».
Non sono mancate parole di ricordo, vicinanza e preghiera per il papa emerito Benedetto XVI, che proprio un anno fa in questa giornata pronunciava la sua scelta di ritirarsi dal ministero petrino. Di Papa Benedetto mons. Mattiazzo ha ricordato anche le parole contenute nell’enciclica Spe Salvi: «Non è lo scansare la sofferenza, la fuga davanti al dolore, che guarisce l’uomo, ma la capacità di accettare la tribolazione e in essa di maturare, di trovare senso mediante l’unione con Cristo, che ha sofferto con infinito amore» (Enc.Spe salvi, 37).
Il vescovo Antonio ha inoltre rivolto un pensiero «di viva riconoscenza e di incoraggiamento alle istituzioni sanitarie cattoliche e quelle gestite dalla stessa società civile, quelle pubbliche, a servizio di tutti; alle comunità cristiane, alle famiglie religiose impegnate nella pastorale sanitaria. Auguro con Papa Francesco, che oltre alla competenza, primo requisito necessario per svolgere questa esigente professione e missione, abbiamo tutti la viva consapevolezza che “quando ci accostiamo con tenerezza a coloro che sono bisognosi di cure, portiamo la speranza e il sorriso di Dio nelle contraddizioni del mondo. Quando la dedizione generosa verso gli altri diventa lo stile delle nostre azioni, facciamo spazio al Cuore di Cristo e ne siamo riscaldati, offrendo così il nostro contributo all’avvento del Regno di Dio”. L’esortazione del Papa fa eco all’invito, anzi al comando di Gesù, riportato da Giovanni nella sua prima Lettera, dove scrive: “In questo abbiamo conosciuto l’amore; nel fatto che egli ha dato la sua vita per noi; quindi anche noi dobbiamo dare la vita per i fratelli” (1 Gv3,16). Oltre la competenza, per questo servizio ai malati, è di grande importanza la dedizione e lo stile con cui ci si prende cura del fratello e della sorella malati. Il Papa indica una carità rispettosa e delicata, esercitata con tenerezza. E per crescere in questo atteggiamento ci indica come modello cristiano “a cui dirigere con sicurezza lo sguardo, la Madre di Gesù e Madre nostra, attenta alla voce di Dio e ai bisogni e difficoltà dei suoi figli”».
«Per il Signore e per la Chiesa – ha concluso il vescovo – diversamente da ciò che può pensare la mentalità secolarizzata e consumistica, ogni vita, e in particolare quella del malato, è un valore (…) Come il malato ci offre una speciale presenza di Cristo sofferente, altrettanto chi si prende amorosa cura del malato e del sofferente, sia nel corpo che dello spirito, può e deve essere premurosa presenza di Cristo per il malato, anche a nome dell’intera comunità ecclesiale».
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