Tutti responsabili per il bene della città
1. La festa di Sant'Antonio, Patrono di Padova, mi ispira a rivolgere, com’è ormai consuetudine, un cordiale messaggio e augurio di “pace e bene” alla nostra città e a tutti i suoi abitanti. Sant'Antonio è un santo “globale”, conosciuto e venerato nel mondo intero, anche da ortodossi e persino da musulmani. Oserei dire che è un “bene comune”.
Da Sant'Antonio attingo l’ispirazione per intrattenervi sul tema che la Diocesi di Padova ha proposto quest’anno alla riflessione: il bene comune. Si tratta di un valore di particolare importanza per l’ordinato sviluppo della vita sociale nella nostra città, specialmente in questo tempo di profonde trasformazioni, che richiedono scelte e comportamenti di grande saggezza e responsabilità da parte di tutti.
Venuto da fuori, come “immigrato”, il “santo” ha avuto a cuore il bene di ciascuno e di tutti gli abitanti della città. Si è prodigato per promuovere il bene completo della persona: spirituale e materiale, con una particolare sensibilità verso i sofferenti, i poveri, gli oppressi, per favorire relazioni umane meno conflittuali, più rispettose e cordiali, promuovendo un clima di concordia e di pace, frutto della giustizia e della solidarietà. Guardando a Sant'Antonio, imploriamo la sua protezione per la nostra città; nello stesso tempo vorremmo impegnarci con maggiore convinzione, sull’esempio del “santo”, al fine di promuovere il bene comune.
2. E' importante, anzitutto, che comprendiamo il senso profondo del Bene. è l’insieme di valori che “perfezionano” la persona come tale, costituiscono la sua “dignità” sul piano morale e spirituale. Possiamo esplicitarli: la verità, la lealtà, l’onestà, la giustizia, la solidarietà, il senso di responsabilità nel compimento del proprio dovere, il rispetto delle persone, della loro dignità e dei loro diritti, come pure dell’ambiente pubblico, la fiducia e la speranza… è l’affermazione e promozione del bene che definisce primariamente lo sviluppo autentico delle persone e della società.
Occorre tener presente che il bene non combacia sempre e immediatamente con il proprio interesse o con il proprio piacere. Ad es., ottenere un posto perché si è stati raccomandati, oppure intascare una tangente o un guadagno illecito, può far comodo, però è male perché danneggia ingiustamente il prossimo. Così pure il bene non sempre combacia con il piacere. Ad un uomo può piacere la “donna d’altri”, ma l’altro soffre per causa tua. Chi detiene l’autorità deve tener presente che va esercitata come un servizio del bene comune e non per fare i propri interessi e neppure quelli del proprio partito.
L’applicazione del bene porta a tener presenti e promuovere alcuni “beni” di particolare valore. Vorrei indicare: la famiglia fondata sul matrimonio, cellula fondamentale dell’ordinamento sociale, la casa, il lavoro, la sanità. Questi sono beni primari; dove mancano, la persona ne prova grave disagio e il bene comune viene infranto. In questo tempo di crisi economica varie istituzioni ed anche imprenditori si sono adoperati per alleviare situazioni di precarietà. Siamo loro riconoscenti per aver operato con lodevole senso del bene comune.
3. E' chiaro che il bene è di ordine morale-spirituale e, in ultima analisi, ha il suo fondamento in Dio stesso. Come persone, abbiamo una particolare facoltà che ci fa discernere il bene e, per contrasto, il male. è la coscienza morale, come voce di Dio, presente nell’intimo di ciascuna persona. Essa ci fa scoprire una legge morale, che non siamo stati noi a darci, perché non si identifica con i nostri istinti e desideri e perché ciò che è in sé vero, buono, giusto non dipende da noi, dalla nostra libertà. La libertà è la facoltà che abbiamo di scegliere e in base alla quale siamo giudicati; ma non è la libertà che determina ciò che è vero e buono oggettivamente. Per questo la coscienza va educata per essere una coscienza retta, cioè che sa discernere con verità ciò che è bene o male. Questa educazione è necessaria perché siamo soggetti a influssi negativi, vediamo cattivi comportamenti purtroppo anche in chi detiene posti e ruoli di responsabilità, siamo tentati di giustificarci dicendo “così fan tutti”. Abbiamo tuttavia una “segnaletica” certa per seguire la retta via: sono i 10 Comandamenti che Dio ci ha dato, come un Padre che ha cura perché i suoi figli compiano il bene per essere contenti ed evitare sofferenze inutili. Il male, infatti, prima o poi porta sempre tristezza e sofferenza. L’importante per ciascuno è di saper ascoltare e seguire la propria coscienza. Se ciascuno di noi seguisse la retta coscienza, ci sarebbe meno bisogno di tanti controlli e della repressione messa in atto dalle autorità pubbliche per contrastare il male. Una società con scarsa educazione morale e permissiva induce lo Stato a controlli più rigorosi, e così viene limitata la libertà di tutti. Quello che manca di più è l’educazione vera e propria ai valori. Oggi da più parti si avverte un'urgenza e perfino un'emergenza educativa. Un compito specifico in questo ambito tocca ai genitori, alla scuola, alle comunità cristiane, alle associazioni, ai mass media. Sotto il pretesto di non scadere nel moralismo, per mancanza di formazione o per disimpegno, non pochi, purtroppo, si sottraggono al compito educativo. Vorrei invitare tutti a riprendere fiducia e coraggio.
4. E' importante che ci rendiamo conto che, data la natura sociale dell'uomo, il nostro bene personale è necessariamente in rapporto al bene comune. Una mentalità individualistica piuttosto diffusa porta facilmente a trascurare questa verità di fondamentale importanza, con dannose conseguenze.
Il bene comune è il bene di ciascuno, con particolare attenzione e aiuto ai più deboli della società.
Fin dall’antichità si è compreso che la società è come un corpo; anche la Chiesa si presenta come un corpo, di cui ciascuno di noi è come un membro. Ora, se un membro soffre, tutto il corpo soffre, se un membro sta bene ed è onorato, tutto il corpo è onorato. Nella nostra città quali sono i membri più sofferenti o esposti ad esserlo, e che avrebbero bisogno di particolare attenzione, sia pure di genere diverso? Vorrei indicarne alcuni senza pretendere di essere esaustivo: i bambini, superprotetti e alimentati, ma anche poveri di affetto e di guida sicura; gli anziani soli che costituiscono una fascia consistente dei cittadini; le donne sfruttate ed esposte a violenza; adolescenti e giovani che, interiormente vuoti e senza bussola finiscono nell’alcoolismo e nella droga; i precari; gli immigrati. La presenza notevole in città di immigrati, portatori di cultura, religione, stili di vita diversi, va considerata nell’ottica del bene comune. Questo vuol dire che vanno opportunamente integrati nel tessuto sociale. E qui si presenta una grande sfida, che va affrontata con saggezza, lungimiranza, spirito solidale. Se osserviamo bene, gli immigrati rispondono ad una nostra necessità. Cosa farebbero tanti anziani senza le “badanti” o tante aziende che non trovano più italiani disposti a compiere lavori “umili” (ma ogni lavoro è nobile!)? Essi meritano rispetto per la loro dignità di persone con i diritti inalienabili, assicurati anche dal Diritto internazionale. Occorre evitare assolutamente sentimenti e comportamenti di xenofobia e razzismo. L’immigrato è un “fratello che viene da lontano”, dove spesso ha tanto sofferto. Si deve cercare di aiutarlo ad inserirsi, facendo in modo che conosca lingua, cultura, religione, tradizioni della nostra città. Essi, d’altra parte, non devono costituire dei “ghetti”.
Il bene comune implica e richiede la stabilità e la sicurezza di un ordine giusto. Questo è certamente un grave compito dello Stato e delle pubbliche autorità. Ma non è un dovere solo loro. Tutti noi siamo chiamati, ciascuno secondo la propria responsabilità, a cooperare per attuare un giusto ordine sociale.
La nostra città ha bisogno di un “ colpo d’ala”, di guardare in alto e avanti. Chiedo alle comunità cristiane di essere ferventi nello Spirito, propositive e audaci per dare un “supplemento d’anima” al corpo sociale. Le potenzialità e le risorse spirituali della fede non ci mancano. Attingiamo con abbondanza.
L’esempio e l’intercessione di Sant'Antonio ci sostengono e ci incoraggiano.
Antonio Mattiazzo
vescovo di Padova
Padova, 13 giugno 2009