Ordinazione presbiterale – 2021

23-05-2021

ORDINAZIONE PRESBITERALE

Solennità di Pentecoste, 23 maggio 2021, Basilica Cattedrale di Padova

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Omelia

Marco, siamo qui propriamente non per te ma con te, siamo qui tutti per il Signore e per la sua Chiesa e siamo contenti che tu possa unirti nel servizio alla Chiesa per la quale il Signore ha dato tutto se stesso.

Questa bella pagina degli Atti degli apostoli che conosciamo e che vuole descrivere il compimento della Pentecoste inizia, come ci hanno insegnato alle scuole elementari, con la composizione di luogo e di tempo: «Mentre stava compiendosi il giorno della Pentecoste si trovavano tutti insieme nello stesso luogo» (At 2,1). Anche in altri passi Luca usa questa composizione di luogo e di tempo; ad esempio per la nascita di Gesù: «In quei giorni un decreto di Cesare Augusto ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra» (Lc 2,1); e anche per introdurre il battesimo di Gesù, cioè nel momento nel quale inizia la sua missione, il suo ministero, Luca si introduce così: «Nell’anno quindicesimo dell’impero di Tiberio Cesare, mentre Ponzio Pilato…» (Lc 3,1), e poi descrive appunto il momento e il luogo nel quale avvenivano queste cose.

Oggi il brano inizia così: «Mentre stava compiendosi il giorno di Pentecoste». Questa introduzione, come in tanti altri passaggi, dice che siamo in un momento solenne, un momento di grande importanza, e orienta alla percezione che si tratti di un momento iniziale; qui sta iniziando qualche cosa, Luca sta annunciando qualche cosa: la nascita di Gesù, forse in questo momento la nascita della Chiesa; l’inizio della missione di Gesù con Giovanni Battista, l’inizio della missione della Chiesa con la Pentecoste. Quindi anche oggi è giorno solenne, è giorno importante in continuità con l’opera di Dio che già si era manifestata con Gesù in modo pieno. Pertanto, potremmo anche noi fare la nostra composizione di luogo e di tempo.

Mentre il mondo riprende le sue attività, il lavoro, il commercio, le sue relazioni sociali dopo la terribile pandemia, a Padova, in Cattedrale, si trovano tutti insieme e lo Spirito scende dal cielo mandato dal Signore risorto nella pienezza del suo potere, e scende sulla chiesa di Padova, scende su tutti e tutti sono colmati di Spirito Santo: è Pentecoste. Dentro questo spazio e questo tempo, in mezzo a questa assemblea c’è anche Marco; anche Marco è colmato di Spirito Santo. Mi sembra importante questa parola, quest’espressione usata: “Colmato” di Spirito Santo. È colmato dallo Spirito di Gesù, il maestro, il pastore, il fratello. Da questa pienezza è ricolmo di Spirito Santo, una pienezza che viene dal cielo come un fragore, dicono gli Atti, da cui Marco attinge e dovrà sempre attingere per andare nel nome e con la forza di Gesù, per convocare gli amici, i fratelli e le sorelle nel suo nome, per guidare, orientare, consolare i cristiani e tutte le loro comunità, quelle a cui la Provvidenza assegnerà questa pienezza di Spirito che è conferito a Marco.

Sempre in questo brano si dice che «erano tutti insieme nello stesso luogo» (v. 1); questa sottolineatura mi porta anche a immaginare che si osservasse se mancava qualcuno, che ci fosse un desiderio di questa unità, compiutezza dell’assemblea. Però questo “tutti insieme” richiama anche l’unità dei cuori; sono insieme i cuori, non soltanto i corpi, i progetti, i pensieri. E questo essere tutti insieme, con questa unità d’intenti, di obiettivi, di missione, rende possibile quell’intervento improvviso e imprevisto dello Spirito che viene descritto come di “un vento impetuoso”, “un vento gagliardo” che riempie tutta la casa (v. 2). L’invocazione allo Spirito e l’ascolto della Parola che ci uniscono in questo momento, l’affetto per Marco e per la nostra Chiesa, è questo essere tutti insieme, è espressione di quel «cuore solo e un’anima sola» di cui alla conclusione di questo capitolo degli Atti si parla descrivendo la comunità. Si tratta di trovarsi tutti insieme nello stesso luogo, cioè presso Dio, presso il suo cuore, presso i suoi disegni. Questa sottolineatura però dà un indirizzo al ministero di Marco. E siamo sempre coinvolti tutti quando parliamo di uno di noi e del ministero di ogni presbitero. Marco è chiamato a servire l’unità della nostra Chiesa; il vescovo, certo, ne è segno visibile, segno di questa unità, per cui la comunione tra Marco e il vescovo, con me e i miei successori, è molto importante e significativa, ma noi sappiamo che ci aggreghiamo non tanto tra di noi, ma in Gesù: è in lui che noi siamo una cosa sola, siamo uniti al suo corpo, al corpo di Cristo.

Marco deve servire l’unità della Chiesa di Gesù, l’unità delle nostre comunità che compongono la Chiesa di Padova. Anche con il tuo contributo, Marco, le nostre comunità possono radunarsi, vivere nella pace, vivere unite; e quei segni e quei gesti che compiono quando si celebra l’Eucarestia siano veri, quella pace che ci si scambia, quella preghiera perché siano tutti uniti si avverano grazie al tuo servizio.

In questo brano poi c’è un’altra sottolineatura. Si dice: «All’improvviso dal cielo un fragore, quasi un vento che si abbatte impetuoso» (v. 2). All’improvviso…, anche questa sembrerebbe una noticina così di passaggio; mi piace riempirla di significato. Indica l’iniziativa di Dio, è Dio che ha questa volontà, che non smette di intervenire, di accompagnare, di sostenere le nostre comunità. Non siamo noi che presentiamo Marco e che facciamo di Marco un presbitero, ma è il fragore, il vento, le lingue di fuoco: è Dio stesso che chiama Marco, l’iniziativa è sua, questo è l’“improvviso”. Noi non abbiamo strumenti sufficienti per preparare una scelta come quella che fa Marco oggi, però contempliamo l’iniziativa di Dio, la sua opera, e la contempliamo nel silenzio, un silenzio importante che parla dello stupore di fronte a Dio, all’estasi, quell’essere fuori di sé, di fronte alle sue meraviglie. Marco, è tuo compito educare al silenzio, a questo silenzio rispettoso dell’iniziativa di Dio, un silenzio che è attesa del suo intervento, un silenzio che è fedeltà e fiducia nel suo intervento improvviso, e rispettoso dei suoi tempi. Come presbitero puoi usare tutte le mediazioni che vuoi, ma accompagna al silenzio, là dove all’improvviso Dio interviene e stravolge. Anche questo è un compito importante che dobbiamo vivere noi presbiteri.

C’è un altro aspetto che mi sembra di dover sottolineare per indicare il ministero di un presbitero, e penso anche di un vescovo, quando si parla della casa: «Erano tutti nello stesso luogo» (v. 1), e poi si aggiunge che «il vento impetuoso riempì tutta la casa». Veramente non si capisce bene dove fossero, perché poi si aggiunge che c’era tutta la folla e la folla non sta in una casa. Allora, questa indicazione di “casa” è più di un luogo fisico, è un contesto relazionale, la casa è relazione fraterna, amicizia, vicinanza. La casa sono i luoghi dell’incontro, dell’accoglienza, del calore, è il luogo dove ci si saluta e ci si abbraccia, è dove ci si aiuta e ci si fa carico dei pesi dell’uno e dell’altro: la missione è rivolta a tutti perché tutti abbiano una casa. Marco, anche questa è un’indicazione per il tuo ministero, è uno stile pastorale che si distanzia o forse sta iniziando a distanziarsi dal recente passato quando pensavamo alle piazze e ci contavamo: eravamo in migliaia. Oggi siamo un po’ delusi quando ci contiamo, e diamo un po’ la colpa alla pandemia; ma forse dobbiamo aiutarci a guardare l’opera del Signore con uno sguardo diverso per non essere in difficoltà quando, guardando i ragazzi, i bambini, le famiglie, vediamo che i conti non tornano rispetto a quelli del passato. Certo, andremo ancora in missione, lo Spirito viene dal cielo e, come si dice sempre in questo brano, ci manda su tutta la terra, ma per incontrare i volti delle persone, per dare loro una casa, un cuore, una speranza, un senso per la loro vita. Dobbiamo superare la nostalgia del passato e gioire delle strade nuove che il Signore sta aprendo: sta cambiando lo stile della nostra missione, ma resta intensa, resta ancora importante.

Infine, un’ultima sottolineatura sempre nascosta in questo brano degli Atti degli Apostoli: come è possibile servire l’unità, come è possibile educare e portare al silenzio, come è possibile regalare una casa a tutti i nostri fratelli. Ecco, anche qui c’è un altro aspetto che mi sembra molto significativo, quando si dice che «tutti furono colmati di Spirito Santo» (v. 4). Lo sottolineavo anche prima: “Furono colmati”. L’idea dell’“essere colmato” rimanda proprio alla pienezza, alla totalità. Mi ha colpito un’altra occasione in cui si usa questa espressione, quando, nel capitolo quinto degli Atti, si parla di Anania e di Saffira e si dice che «il cuore era colmo di Spirito». C’era stata una grande preghiera e tutti furono colmati di Spirito Santo, e Anania e Saffira, a un certo punto, pur avendo il cuore colmo di Spirito Santo, fanno spazio e concordano su altri pensieri, hanno altre intenzioni, discrete, piccole, addirittura hanno venduto un campo e ne trattengono un poco. Perché? Poi c’è quella reazione di Pietro. Chi è colmo di Spirito Santo ha già tutto e il suo cuore appartiene tutto al Signore, non c’è spazio per altri, e per ‘altri’, al tempo di Anania e Saffira, si intendeva il diavolo. Il cuore deve essere sempre colmo dell’amore di Gesù, deve essere colmo, non ci si può entrare con un tarlo, perché poi si rischia di rovinare tutto. A volte si comincia, pur avendo un dono straordinario del Signore ed essere tutti colmi di Spirito Santo, a far spazio poco a poco a piccoli interessi che non hanno a che fare con l’amore e con il cuore di Gesù. Allora, poco a poco, il rischio che si corre è quello di sottrarre da quella pienezza quanto abbiamo consegnato a Dio e di riprenderci in mano il nostro io: sono interessi di un tipo o di un l’altro, in genere legittimi, ma per dare casa ai nostri fratelli, per offrire la percezione del silenzio come mistero dell’incontro con il Signore, per vivere ed essere servi dell’unità, in questo mondo dobbiamo restare completamente del Signore. Allora saremo capaci di essere suoi ministri, servi, usando una parola più semplice, che accompagnano a Gesù e poi si mettono in disparte, riuniscono gli altri non attorno a se stessi ma attorno a Gesù, danno calore non perché ne hanno bisogno ma per dare appunto “casa”. Questi sono i compiti per noi presbiteri: il silenzio, la casa, l’unità, e questo è lo stile per noi presbiteri responsabili anche della vita di fede di tutti i nostri fratelli e sorelle che si aspettano da noi ancora molto lungo questa strada.

Ora viviamo il momento più centrale della nostra celebrazione, ci sarà anche il tempo del silenzio quando si imporranno le mani. A me piace questo silenzio perché è come se noi ci mettessimo in disparte e lasciamo che Dio operi. Guardiamo, partecipiamo. Questo Spirito che viene donato a Marco è in realtà lo stesso Spirito che scende su questa assemblea, frutto del Signore Gesù risorto seduto alla destra del Padre, e da là continua a dare vita, a dare forza, ad animare i suoi discepoli e le nostre comunità nelle quali ha voluto che potessimo essere custoditi e accompagnati.

+ Claudio Cipolla

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