Sabato 7 gennaio 2023, a una settimana dalla morte del papa emerito Benedetto XVI, il vescovo Claudio ha presieduto una messa in suffragio, in basilica di Santa Giustina a Padova. Di seguito l’omelia.
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Dopo otto giorni dalla morte del Papa emerito, in una chiesa e con una comunità monastica che ha come riferimento san Benedetto, patrono d’Europa ed iniziatore del monachesimo in Occidente, di cui aveva scelto il nome… siamo convocati per una preghiera, una doverosa preghiera di suffragio per il papa emerito Benedetto XVI che, per otto impegnativi anni, ha presieduto nella carità la Chiesa di Roma e la Chiesa universale.
Non voglio aggiungere una mia opinione, né proporre una lettura del pontificato di Benedetto XVI e degli ultimi dieci anni di ritiro nel monastero Mater Ecclesiae, né mi permetto di entrare in qualcuno dei dibattiti che sono stati aperti dalla sua grandissima figura: tanti hanno offerto, soprattutto in questi giorni, il loro contributo.
Voglio solo dire “perché” ho sentito di ritrovarci insieme per pregare per lui.
Il primo motivo è che la nostra Chiesa diocesana è in profonda comunione con la Chiesa di Roma e con i suoi vescovi, i nostri Papi, i quali la presiedono durante il tempo che passa. La comunione con il Santo Padre, a cui teniamo e che confermiamo, ci educa a partecipare e a sentirci parte della vita universale della Chiesa. Ce ne sentiamo parte, camminiamo con lei, respiriamo con lei così che le sue sofferenze sono nostre sofferenze, le sue gioie nostre gioie, la sua missione evangelizzatrice è nostra missione. Ad essa aderiamo non perché è perfetta ma perché è del Signore Gesù.
La nostra Chiesa di Padova partecipa della comunione con la chiesa universale, ad esempio, inviando presbiteri e laici in altre chiese locali più in difficoltà rispetto a noi: ci unisce con loro un vincolo spirituale che trova in Pietro il suo segno visibile e nella reciproca e fraterna carità la manifestazione.
In questo momento la nostra fraterna carità e la nostra comunione con Pietro che ci presiede si manifestano con alcuni segni concreti: molti nostri cristiani, presbiteri, laici, religiosi e religiose sono sparsi in tutto il mondo per annunciare il Vangelo. Ci sono nostri presbiteri diocesani in Thailandia (don Raffaele, don Bruno), in Etiopia (don Stefano, don Nicola e Ilaria), in Kenya (don Vittorio e don Sandro), in Brasile – stato di Roraima – (don Benedetto, don Lucio, don Luigi, don Mario e, proiettato verso il Venezuela, don Mattia).
Molti altri nati nella chiesa padovana – sono oltre 450 – hanno aderito a Congregazioni religiose o a Istituti missionari; legati direttamente alla Santa Sede, sono sparsi in tutte le parti del mondo per annunciare il santo Vangelo per mandato del Papa. Di tante altri iniziative missionarie il legame con la Santa Sede è fondante. Non c’è missione senza comunione fraterna.
Anche presso gli uffici vaticani ci sono alcuni nostri presbiteri che servono lo sguardo universale del santo Padre su tutte le Chiese del mondo e su tutti gli uomini e le donne del mondo. Faccio questi riferimenti non per ostentare i nostri meriti ma per dire che l’esperienza concreta spesso anticipa e approfondisce anche la consapevolezza dei principi che la sostengono e la motivano.
Queste esperienze storiche ci aiutano a stare nell’unità anche nel momento della sofferenza: quando in un corpo un membro soffre tutte le membra soffrono con lui. Ogni morte è sempre sofferenza, è privazione di un volto, è perdita di una presenza, di un affetto. Mancherà la testimonianza di Benedetto XVI e ci consoliamo a vicenda con le parole della fede ricordando soprattutto che nella comunione dei santi Benedetto continuerà la sua intercessione per noi.
La vicendevole fraterna consolazione ha avuto sostegno anche dai tanti che hanno voluto dare un ultimo saluto alla Salma, una processione interminabile di migliaia e migliaia di persone: tra queste mi sono aggiunto anch’io, con l’intenzione sentita e forte di rappresentare tutti voi.
Tutti nelle nostre comunità abbiamo pregato, ma oggi vogliamo elevare la nostra preghiera come Chiesa, la stessa una santa cattolica apostolica che vive a Roma e vive in questa nostra diocesi e si realizza in questa porzione di terra e in questo attimo di tempo.
Il popolo di Dio, che è in Padova, con il vescovo, i presbiteri e i diaconi servitori di questo popolo, insieme con gli uomini e le donne consacrati, rendono grazie al Signore Gesù, nostro unico pastore e nostra unica guida. Egli ci ha donato Benedetto XVI, e con le stesse parole di papa Francesco glielo affidiamo: «Benedetto, fedele amico dello Sposo, che la tua gioia sia perfetta nell’udire definitivamente e per sempre la sua voce».
Infine per sottolineare la sua bella umanità, semplice e umile, con la quale ha servito nella vigna del Signore: non ha cercato la sua gloria ma quella di Dio, servendo la verità anche quando subiva incomprensioni.
Molti non comprendendo il suo magistero lo hanno denigrato durante il suo pontificato ma nei loro confronti Benedetto è stato sempre capace di mitezza, di mitezza evangelica, mitezza che parlava della sua fortezza interiore, della sua onestà, della sua fede. Soprattutto in questi ultimi anni, ritirato nel monastero, ha servito nel silenzio la comunione e l’unità della chiesa testimoniando a tutti la Signoria di Dio nella sua vita personale e nella Chiesa nelle cui forti mani essa è collocata, come Benedetto ci ha insegnato.
In questo attimo di silenzio vi invito a parlare personalmente al Signore di Benedetto XVI, della nostra Chiesa universale e locale, di Papa Francesco, delle nostre comunità, di coloro che stanno servendo la Missione universale della Chiesa presso la santa Sede o in altre missioni.
E per noi perché ci faccia dono di una parte della luce di verità che abbiamo visto brillare in Benedetto XVI e che brilla nell’unità e nella pace.
+ Claudio, vescovo