Nell’apprendere la notizia inaspettata della morte, praticamente improvvisa, di don Gianfranco Ambrosini, avvenuta il 13 febbraio, ho riletto, con emozione, una sua poesia, inviatami qualche tempo fa e dedicata “ai Natali“ significativi della sua vita. Si concludeva così:
«Verrà la morte/e mi partorirà/ a vita nuova/ in seno a Dio/ nella Trinità.
Natale che attendo,/Natale che bramo!».
Quella brama e quella attesa, tanto emozionante, egli l’ha esaurita alla vigilia della celebrazione del suo sessantennio di sacerdozio. Al di là di una “scorza”, che lui chiamava cimbrica, don Gianfranco aveva una sensibilità ricca e distinta, nutrita di ricordi precisi ed emozionanti, che egli esprimeva con umile riservatezza, ma con vena autentica e raffinata, nella poesia. Prima di iniziare la Teologia nel Seminario di Padova, nel 1954, si era formato a Verona, presso un santo, san Giovanni Calabria e accanto al suo successore, il Servo di Dio, don Luigi Pedrollo, con il quale ha mantenuto una sobria corrispondenza anche negli anni seguenti. La sua fede calda e concreta portò sempre l’impronta di una sensibilità religiosa semplice e autentica, plasmata sull’esempio e sulla parola di quei santi. La sua infanzia e fanciullezza sono state segnate, in tempi troppo precoci, dalla privazione, dalla sofferenza, addirittura da situazioni tragiche. Egli era nato ad Ardenno, in Valtellina, il 2 aprile 1931: era il Giovedì Santo e lui lo ricordava come un segno di divina attenzione. La famiglia proveniva da Cesuna, dall’Altopiano di Asiago e si era trasferita cercando lavoro. Il papà faceva lo scalpellino. La famiglia fu segnata ben presto da una sequenza impressionante di disavventure, che segnarono in profondità la sensibilità di Gianfranco: nel 1929 due sorelline morirono per il grande freddo; poi, nel 1942, subito dopo il ritorno a Cesuna, ci fu la morte del papà per tumore, seguita da quella di un altro fratellino. Un vero Calvario, soprattutto per la mamma, la signora Domenica, la Meneghina, che don Gianfranco, in una sua poesia paragona a «Rachele che piange i suoi figli».
Anche a causa di questa situazione di precarietà materiale, si aprì per il ragazzino Gianfranco la strada del Collegio e fu una prova profonda per l’affettuosità del ragazzo. Fu accolto da don Calabria, nella Casa Buoni fanciulli di Costozza. Successivamente, a Maguzzano e poi a Verona, sempre nelle Opere del santo prete veronese. E così Gianfranco ebbe modo di formarsi culturalmente e prepararsi al futuro. Una segno della autentica santità di don Calabria, fu anche il fatto che non solo non oppose resistenza, ma incoraggiò il giovane, quando gli manifestò il desiderio di farsi prete nella sua diocesi di origine.
Entrò nel Seminario di Padova nel 1954, per iniziare i corsi teologici. Fu ordinato sacerdote il 12 luglio 1959. Come prima nomina, venne inviato dal vescovo Bortignon al Collegio Dolomiti San Pio X di Borca, come vicerettore del Convitto dei ragazzi ospiti del Collegio e come amministratore. Nel 1961 fu cooperatore a Lozzo Atestino, nel 1963 a Pontelongo. Nel marzo del 1964, ma solo per alcuni mesi, fu vice parroco alla parrocchia di San Gregorio Barbarigo, allora affidata alla Diocesi di Padova. La cosa si concluse nel giro di cinque mesi perché il vescovo Girolamo, informato che la mamma di don Gianfranco sarebbe rimasta sola, decise che il figlio sacerdote ritornasse in diocesi per starle vicino. Don Gianfranco fu poi cooperatore nella parrocchia del Sacro Cuore ad Abano Terme. E finalmente, nel 1969 fu nominato parroco a Santa Caterina di Lusiana. Vi rimase nove anni, avendo con sé la mamma: fu un’esperienza lieta e feconda, per tutti e due. Nel 1978 il vescovo Girolamo chiese a don Gianfranco di passare come parroco a Centrale e vi rimase per 32 anni, fino a marzo del 2010. Con quella comunità spese il meglio delle sue energie, della sua intraprendenza pastorale e anche della sua sensibilità artistica nel decoro della Chiesa. Oltre alla pastorale normale, curata sempre con passione e sollecitudine pastorale, ebbe modo di realizzare anche alcune iniziative materiali, come lo splendido restauro della canonica. Il rapporto di don Gianfranco con la sua gente conobbe momenti sereni e felici, ma fu anche segnato da qualche difficoltà di relazione. Lui era molto sensibile, appassionato della vita pastorale, impegnato a offrire e a chiedere una seria adesione alla vita cristiana e non sempre incrociava la sensibilità delle persone, soprattutto quando si trattava di perseguire determinati obiettivi di carattere economico. Ma la sincerità, la serietà e l’entusiasmo della adesione al suo servizio di prete fu sempre fuori discussione. E lo manifestò in modo evidente quando si trattò di lasciare la responsabilità del ministero di parroco: si adoperò per avere subito un incarico pastorale, diverso, ma autenticamente connotato come servizio sacerdotale. E lo ebbe, come assistente spirituale presso l’OIC di Thiene, dal settembre 2010. Era davvero contento e soddisfatto, anzitutto della sua sistemazione presso l’Opera, ma, soprattutto, della sua attività tra gli anziani, giovane ottantenne!, a servizio dei fratelli. Segno evidente della sua serenità fu anche la ripresa della vena poetica, alimentata dai ricordi intensi e sofferti della sua infanzia e fanciullezza, ma anche dalla rilettura nostalgica e serena delle feste, delle ricorrenze cristiane e delle persone incontrate, soprattutto le persone e i luoghi legati a don Calabria. Volentieri concludo con qualche verso di una composizione stesa in occasione del suo 50° di ordinazione:
«All’alba un sentiero di luce/mi penetra fin nel profondo, tagliente come lama infuocata/conficcata nel petto:/Eccomi, o Dio, ancora mi offro/, oggi come allora./Son tutto me stesso, Signore/prostrato davanti al tuo amore/tuo Sacerdote per sempre!/Grazie, Signore, Ti amo».
don Mario Morellato
Il funerale sarà celebrato sabato 16 febbraio alle ore 10.00 a Centrale.