Siamo Enrico ed Elena, genitori di tre bambini di 4, 8 e 10 anni: Cristina, Giovanni e Michele. La nostra quotidianità è stata stravolta con l’arrivo della pandemia e i nostri tempi scanditi dalle misure di sicurezza, ridefinendo le nostre abitudini e relazioni.
Nell’isolamento al quale siamo costretti, ci accorgiamo che la preghiera in famiglia per noi è principalmente un atteggiamento, cosicché certi gesti li compiamo più liberamente e con più intenzione: aspettarsi per iniziare a mangiare e farsi il segno della croce; accorgersi che la domenica passa senza andare a messa e allora facciamo una preghiera speciale assieme; pensare a chi sta male a causa del virus; sentire la mancanza degli amici e dei cari; sentire il silenzio attorno a noi e domandarsi cosa succede nel mondo vicino e lontano …
Come papà a casa parlo del mio lavoro d’infermiere in ospedale e allora arriva dai figli la domanda a bruciapelo “Perché Dio ha mandato il Coronavirus?”… Ecco: le domande dei bambini molte volte sono il motore della preghiera in famiglia, perché ti fanno rimanere fermo, in ascolto uno dell’altro e allora senti che Dio abita i cuori e tu stesso lo desideri. Le paure e speranze che emergono le presentiamo a Dio tutti assieme.
La preghiera in famiglia è anche fare le cose quotidiane “a lode e gloria di Dio”, cioè offrendo a Lui le opere, scambiando con Lui dei pensieri, facendogli delle confidenze, chiamandolo per nome davanti ai figli quando vogliamo parlare di Lui; come quando nella fatica di seguire le attività scolastiche in questo momento, come mamma confido a un figlio la speranza che il Signore mi sostenga in questo compito.
Come coppia abbiamo bisogno di momenti nei quali raccoglierci per pregare in intimità; come genitori sentiamo di lasciare la libertà ai figli di pensare a Dio in modo spontaneo, quasi fosse una forma d’arte che ognuno ha dentro di sé e che coltiva nel tempo.
Enrico ed Elena Baruzzo
7 aprile 2020